Oggi o May più: una premier da “lascia o raddoppia”
L’Election day è arrivato, finalmente, al termine di una campagna folle, iniziata con la certezza di una vittoria trionfale della May, funestata e interrotta da due sanguinosi attentati terroristici, infine dominata da una (relativa) incertezza sul risultato. Oggi si vota, dalle 7 alle 22, in 650 distretti elettorali – secondo un sistema uninominale che, già dall’alba di domani, dovrebbe indicare chiaramente il vincitore – ma gli exit poll delle 22 sono di solito attendibili. La vigilia, ieri, è stata appesantita dalle ultime notizie sull’attentato di sabato. La zona intorno a Borough Market ieri era ancora parzialmente chiusa: in mattinata è stato recuperato nel Tamigi il corpo dell’ottava vittima della strage di London Bridge, il 36enne francese Sebastien Belanger, mentre sul versante delle indagini un sospetto è stato arrestato a Ilford.
SUL VOTO pesa il timore di altri attacchi. Da sabato sera, Scotland Yard rimanda, via Twitter, istruzioni su come reagire a un eventuale attentato: RUN, HIDE, TELL: scappa, nasconditi e, una volta al riparo, chiama il numero di emergenza 999. Il capo della polizia locale ha chiarito che la sicurezza dei seggi è oggetto di costante monitoraggio, ma il pubblico è comunque invitato a segnalare qualsiasi oggetto o movimento sospetto.
Theresa May ha inaugurato l’ultimo giorno di campagna con una visita al mercato della carne di Smithfield, enclave della working class al confine con la City. Uno dei macellai ha interrotto la visita al grido: “Vota Labour”. Un copione non nuovo: la campagna della May è stata grigia e poco partecipata, mentre Corbyn ha raccolto sempre più sostegno con comizi molto affollati e un ’ imprevedibile avanzata nei sondaggi.
Ieri però Laura Kuenssberg, giornalista politica di punta della Bbc, notava come il leader laburista avesse visitato 63 distretti elettorali, di cui 27 laburisti e solo 34 conservatori, mentre la May è andata all’attacco del voto avversario facendo campagna in 41 distretti rossi, senza comizi in seggi sicuri a parte il proprio. Ha cioè puntato sugli indecisi, gli elettori laburisti che, tradendo la tradizione familiare, sembrano orientati a votare per lei e magari alle precedenti consultazioni politiche avevano preferito l’Ukip al Labour.
Nei sondaggi il vantaggio dei Conservatori, ieri sera, andava da 1 a 12 punti, una forbice dovuta alle diverse previsioni sulla partecipazione dei giovani, storicamente bassa (nel caso di Brexit fu del 43%). Del resto, il numero dei voti non si traduce necessariamente in seggi: in un sistema uninominale, conta la distribuzione geografica del voto. Una affluenza massiccia pro-Labour può cambiare l’esito delle elezioni solo se avviene in distretti fino ad oggi conservatori e viceversa. In più, secondo le statistiche elettorali, il voto laburista è sempre sovrastimato, quello conservatore sottostimato.
IN SERATA, la premier ha concesso un’intervista al giornalista di Channel 4 Jon Snow, in cui è tornata sulla strategia iniziale della campagna, che puntava su Brexit: si è presen- tata di nuovo come unico leader credibile per le negoziazioni e ha assicurato di volere un rapporto “profondo e speciale” con l’Unione europea. “Gli elettori vogliono qualcuno disposto a non cedere e a difendere gli interessi britannici”.
Corbyn ha invece rifiutato un’ultima apparizione televisiva, preferendo chiudere la campagna fra i suoi sostenitori a Londra.
E se i sondaggi sono incerti, ci si può sempre rivolgere ai bookmaker. Uno dei principali, Paddy Power, dà 1 a 6 l’ipotesi di maggioranza ai Tory. Per il Labour, 16 a 1.
Decisivi i giovani
Il risultato dipende dalla partecipazione dei nuovi votanti storicamente bassa