Yussef fu lasciato passare dagli inglesi dopo l’alert di Roma
IL JIHADISTA La Bbc: l’italiano era stato fermato I pm di Bologna e lo scarno decreto di sequestro di telefono e passaporto, poi annullato. “Abbiamo fatto il possibile”
per la pubblica sicurezza con il conseguente licenziamento di poliziotti e addetti al monitoraggio dei s os te ni to ri d el l’Isis. Ritengo che per gestire seriamente il pro- blema siano necessarie politiche di integrazione delle enclavi metropolitane dove vivono questi giovani nati per lo più in Gran Bretagna. Questi convertiti al terrorismo islamico, sono anche il frutto di un falso multiculturalismo che, in realtà, si è tradotto in abbandono e isolamento.
Lei, in linea con Corbyn, era
Quella di Youssef Zaghba, il 22enne italo-marocchino nato a Fez, autore (con altri due terroristi) della strage del 3 giugno sul London Bridge (8 vittime e 48 feriti), è una storia giudiziaria a tal punto scarna da risultare quasi inafferrabile. Una storia paradossale che mette assieme un lavoro investigativo accurato e gravi sottovalutazioni da parte della magistratura e dell’intelligence, italiana e britannica. Sì perché non solo il giovane Yussef dopo il fermo del marzo 2016 all’aeroporto Marconi di Bologna non viene inserito nella lista dei foreign terrorist fighter, ma dopo l’iscrizione per terrorismo internazionale viene segnalato nel database condiviso dalle polizie dell’area Schengen (Sis) dove peraltro non compaiono solamente sospetti di terrorismo.
INSOMMA SU DI LUI solo segnalazioni e non un vero e proprio faro acceso, e questo nonostante la Digos di Bologna dopo il fermo del 2016 lo abbia sempre controllato tutte le volte che arrivava in territorio italiano. Disattenzioni gravi, dunque, che coinvolgono anche la polizia britannica come riportato ieri dalla Bbc. Nel gennaio 2017, infatti, il giovane Yussef passa tranquillamente i controlli all’aeroporto di Londra. Le vacanze di Natale sono ormai finite. In Italia Zaghba ha passato dieci giorni con la madre. S’imbarca senza problemi all’aeroporto Marconi. Biglietto in mano, destinazione Londra, scalo di Stan- contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione ma allo stesso tempo è a favore di un’Ue diversa, non basata sull’austerity ma sulla solidarietà e lo Stato sociale. Cosa non ha funzionato nella vostra narrazione?
Più che non funzionare, questa visione non è emersa a sufficienza perché i mezzi di comunicazione l’hanno oscurata essendo di proprietà di gruppi e persone parte dell’establishment a favore della Brexit.
Che però, secondo i suoi fautori, non è stata quella catastrofe annunciata dai pro-remain.
La catastrofe non c’è stata semplicemente perché ancora non siamo usciti dall’Ue. sted, ha con sé i documenti. Nella capitale inglese torna per riprendere il suo lavoro nel fast food pachistano. All’attentato mancano sei mesi. Cosa succede? Atterrato a Londra, viene fermato e controllato. Il controllo, si badi bene, è del tutto casuale. Il suo nome così finisce nel database Sis.
SU DI LUI, come detto, è già accesa una fiche S. Yussef è un sospettato. Alla base di questa segnalazione, ovviamente, il fermo avvenuto all’aeroporto di Bologna nel marzo 2016. All’epoca quel biglietto di sola andata per la Turchia e il bagaglio ridotto insospettiscono il solerte agente della Polaria. Le frasi successive del ragazzo, “voglio andare in Siria a combattere, voglio fare il terrorista” e i video jihadisti nel cellulare, completano un quadro che un iter giudiziario piuttosto farraginoso smonterà in pochi giorni. Comunque sia, la polizia londinese subito dopo il controllo ha davanti quell’alert, lo legge, ma lo ritiene inconsistente. Risultato: Yussef Zaghba torna ai suoi affari londinesi. E lo fa, nonostante la nostra intelligence, come ribadito ancora ieri dal capo della polizia Franco Gabrielli, abbia avvertito l’MI5 e l’MI6. “Abbiamo le carte e la coscienza a posto”, ha detto il capo della polizia.
Non solo, la notizia sarebbe arrivata anche ai Servizi segreti marocchini. Il punto, forse, però non è la comunicazione della notizia, ma la rilevanza che anche la nostra intelligence ha dato a Zaghba. Rilevanza, a quanto pare, bassa, vista la mancata iscrizione nella lista degli Ftf e la decisione del tribunale del Riesame di Bolo- gna di bocciare il decreto di convalida del sequestro del telefonino, di un pc e del passaporto ( italiano) firmato dal procuratore aggiunto Valter Giovannini.
“UN PROVVEDIMENTO lacunoso – ha spiegato ieri Silvia Moisè, l’avvocata che nel marzo del 2016 difese Zaghba –, redatto in maniera troppo succinta, non c’erano le motivazioni e mancava qualsiasi circostanza che potesse determinare una tale accusa”. Già, il 270 bis, terrorismo internazionale: “Se avessi avuto dubbi li avrei comunicati alle autorità, io ho solo impugnato al Riesame che annullò il decreto di convalida per vizi formali”. Era appena una paginetta che rinviava ai verbali della polizia. Forse, visto che era in partenza per la Turchia da cui si accede alla Siria, per Zaghba sarebbe stata più indicata un’ipotesi di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, il 270 quater. “In Italia è venuto per pochi giorni e ogni volta è stato controllato, si è monitorato chi frequentava, ma non c’erano gli elementi di prova che fosse un terrorista, era un sospettato”, ha ribadito ancora ieri il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato: “Gli inglesi – aggiunge – erano stati allertati, credo che il sistema si sia dimostrato di un’assoluta eccellenza, proporrò gli agenti della Polaria per un elogio”. Un mese prima del fermo di Zaghba Giovannini, coordinatore del gruppo “terrorismo” alla Procura di Bologna, emanò una circolare per invitare gli agenti a segnalare filmati o messaggi riconducibili a “estremismo islamico”. Non è bastato.
I “buchi”
Non era nella lista dei foreign fighters nonostante il sospetto che puntasse alla Siria
Il procuratore Amato: “Qui è stato sempre controllato, ma non c’erano prove che fosse un terrorista”