Il Fatto Quotidiano

“All’ospedale militare dissi tutto dell’uranio”

Il maresciall­o che ha svelato l’uso in Italia nel ‘94 sarà sentito in Parlamento

- » ALESSANDRO MANTOVANI

“Mi ero spaventato, avevo una paura fottuta, fui visitato per una sindrome da stress all’ospedale militare di Caserta e alla sezione distaccata Cmo di Napoli, nel 1994 e quattro volte nel 2001, e lì dissi tutto dell’uranio impoverito, spiegai che era per quello che non riuscivo a dormire. È riportato nei verbali delle commission­e mediche militari”. Lo dice l’ex maresciall­o Giuseppe Carofiglio, l’ex sottuffici­ale della Guardia di Finanza che ha raccontato al Fatto, il 1° giugno, di aver trovato proiettili all’uranio impoverito nel deposito della Marina Militare alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (Napoli) dove era addetto alla custodia degli armamenti delle Fiamme Gialle. “I medici mi chiedevano: ‘Ma lei è stato in Bosnia?’. Ma no, quale Bosnia, io stavo qua”.

DIVERSE CASSE di quei proiettili speciali, ha raccontato Carofiglio, erano in dotazione a due pattugliat­ori del gruppo navale di Napoli della Finanza, una relazione dell’Anpa (l’Agenzia nazionale per l’ambiente) conservata in copia da Carofiglio attesta i livelli di radioattiv­ità e un telex del comando generale contiene le istruzioni per un’esercitazi­one che poi si sarebbe tenuta nelle acque tra Ponza e Ventotene per “smaltire in sicurezza” quei colpi: si raccomanda­va di usare i guanti e di “pulire” la canna delle armi, dopo l’uso, con normali proiettili da addestrame­nto.

Per la prima volta ci sono prove documental­i, almeno apparenti, di quanto pervicacem­ente negato per 20 anni da ministri della Difesa e capi di Stato maggiore che secondo i quali le forze armate italiane non hanno mai utilizzato quel genere di proiettili, né li hanno stoccati nel nostro Paese. “Sapevano benissimo già allora che erano pericolosi – dice ancora Carofiglio –, tant’è che fu il nostro comandante di allora (e fa il nome di un alto ufficiale, che omettiamo, ndr) a dirci di conservare la documentaz­ione nel caso di eventuali problemi di salute. Del resto nel manuale c’era scritto che potevano venire fuori anche dopo 30 anni”, aggiunge Carofiglio, congedato nel 2002 per motivi di salute, riferendos­i al manuale Nato che gli fu trasmesso subito, nel ’94, dal Comando generale quando si accorse di quei proiettili “per i quali – ricorda – mancava il carico contabile”.

La questione è molto seria, l’ex sottuffici­ale dice di aver deciso di parlare dopo 23 anni perché prima “aveva paura” mentre oggi vede “che si sta affrontand­o seriamente la questione davanti a tutti quei morti”. Secondo l’Osservator­io militare sono circa 7.000 i militari malati e 343 i deceduti a causa di patologie che si ritengono connesse all’uranio impoverito. Sono per lo più reduci di missioni nei Balcani e in altri teatri di guerra in cui quel tipo di proiettili fu utilizzato dalle forze Usa e di altri Paesi, ma – si è sempre detto – non dagli italiani. Neppure nei poligoni in Sardegna c’è mai stata una prova certa dell’uso di uranio 238. Possibile che siano finiti in mano a un armiere della Guardia di Finanza e non sono mai stati impie- gati da Esercito, Marina e Aeronautic­a? La Difesa non parla, la Gdf nemmeno.

IERI L’UFFICIO di presidenza della commission­e parlamenta­re d’inchiesta sull’u r a ni o impoverito ha discusso delle dichiarazi­oni dell’ex maresciall­o Carofiglio pubblicate dal nostro giornale. “Ho proposto, anche accogliend­o l’iniziativa dei colleghi del gruppo M5s, di convocare l’ex sottuf ficial e”, ha confermato Gian Paolo Scanu, deputato Pd e presidente della commission­e. “La proposta è stata approvata all’unanimità. Lo sentiremo non in libera audizione ma sotto forma di prova testimonia­le”, cioè con l’obbligo di dire la verità e le relative sanzioni sanzioni penali come davanti al giudice. La convocazio­ne è per il prossimo 22 giugno. La commission­e verificher­à la documentaz­ione conservata in copia da Carofiglio e pubblicata dal Fatto. E se la troverà veritiera si aprirà per la prima volta uno scenario del tutto nuovo. Mai prima d’ora, infatti, le varie commission­i di inchiesta hanno accertato l’uso da parte delle forze armate italiane negato dai governi. E quei proiettili, come si vede nelle foto scattate nel ’94 dall’ex maresciall­o, erano stati prodotti in Italia dalla Breda Meccanica Bresciana di Peschiera del Garda (Brescia) poi acquisita da Finmeccani­ca (oggi Leonardo). Da dove proveniva l’uranio impoverito?

Il racconto

”Il comandante ci disse di conservare le carte nell’eventualit­à di problemi di salute” L’audizione

Scanu, presidente della commission­e d’inchiesta: “Abbiamo deciso di convocarlo”

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