Il Fatto Quotidiano

1993, il romanzo d’appendice non sperimenta più (e ci perde)

- » NANNI DELBECCHI

Mani Pulite, belle speranze, grandi capovolgim­enti… poi però come non detto, abbiamo scherzato, anzi, abbiamo sbracato. Com’è potuto accadere che nel giro di un anno l’Italia sia passata dal crollo della Prima Repubblica alla nascita della Seconda, dove la politica diventa un genere televisivo; questo il tema di 1993, appena concluso su Sky Atlantic. Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi; lo aveva già capito Fabrizio Salina, il conterrane­o Dell’Utri si adegua e al resto ci pensa Silvio Berlusconi (“Il casato non è antico, ma finirà per esserlo”).

La tangente Enimont, lo scandalo della Sanità, i suicidi eccellenti passano sullo sfondo, il primo piano è per i caratteri di finzione: l’ambiguo uomo marketing Stefano Accorsi, il leghista della prima ora Guido Caprino, la zoccola indefessa Miriam Leone, la rampolla stordita Tea Falco (sempre più simile a Totti) si contendono cocaina, trans, figli segreti, padri ignoti, doppie vite, tripli giochi, io ti rovino, io ti salverò, sei un uomo morto, ricatta bene chi ricatta ultimo... Gli sceneggiat­ori danno fondo all’eterno trovarobe del romanzo d’appe ndice, come per un richiamo di solidariet­à; anche loro hanno tradito la prima stagione, più sperimenta­le e meno macchietti­stica. Al tirar delle fila si salveranno solo i più paraculi, mentre per l’aspirante genio del male c’è un finale stile Gomorra , freddato per strada dall’ultima ex, forse un modo per intendere che non ci sarà un 1994. Saggia decisione.

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