Il Fatto Quotidiano

Renzi si impicca al Trentino: “Legge morta”. Mattarella: “Nessun decreto”

GUERRIGLIA I 5Stelle votano un loro emendament­o che estende il sistema elettorale pure al Trentino I “ribelli” Pd danno una mano a farlo passare. Il segretario e i suoi: “Basta, l’intesa è saltata”

- » WANDA MARRA

Un emendament­o a scrutinio segreto sul sistema elettorale della Regione a statuto speciale manda tutto per aria. Per i Dem la legislatur­a è finita, ma il Quirinale non darà scorciatoi­e all’ex premier

Nessun ritorno al tavolo della trattativa sull’appena defunto “Tedeschell­um”, nessuna nuova legge elettorale. Ma la rapida fine della legislatur­a e poi il voto con i due sistemi usciti dalle sentenze della Consulta. La scusa? Uno dei prossimi voti al Senato, sul quale il governo potrebbe/dovrebbe chiedere la fiducia (come la manovrina e lo ius soli) e andare sotto, per mano di Articolo 1 o degli alfaniani. Matteo Renzi continua a immaginare strategie, a prefigurar­e tattiche di guerriglia, ma la realtà è che si è incartato. La fine del patto a 4 è un fallimento e ormai c’è il conflitto con il Colle - sulla possibilit­à di fare un decreto per rendere omogenee le leggi elettorali di Camera e Senato - è aperto.

BREVE CRONACA di una giornata convulsa, delirante.

Ore 9. Matteo Richetti, facendo la rassegna stampa via Facebook, svela il piano B democratic­o: “Se un Parlamento, dopo i richiami del capo dello Stato e della Corte costituzio­nale, non riesce a fare una legge elettorale, ci vuole un bel coraggio a dire che la legislatur­a deve continuare”. Una dichiarazi­one che sembra prefigurar­e quello che succederà subito dopo.

Ore 11.20. È il momento clou della giornata. Primo voto segreto su due emendament­i identici di Michaela Biancofior­e (Fi) e Riccardo Fraccaro (M5s), che elimina i collegi maggiorita­ri che la legge elettorale manteneva in Trentino Alto Adige: la Camera approva (270 a favore, tra cui M5s, 256 contro). Il Pd si era fatto garante col partito sudtiroles­e Svp del mantenimen­to del Mattarellu­m nella regione. La maggioranz­a va sotto e parte la caccia ai franchi tiratori: chi ne conta 60, chi addirittur­a 130 nei gruppi di maggioranz­a. Nell’emiciclo Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio sono terrei. Roberto Fico esulta. Twitta Alfredo Bazoli, deputato dem: “La legge è morta”.

Ore 12. Il gruppo del Pd dà visibili segni di spaccatura. “Renzi è bollito, basta”, commentano in molti.

Ore 13. Ettore Rosato, il capogruppo Pd, sonda i Cinque Stelle. Vuole capire se ci sono margini: il Movimento ha già fatto sapere che voterà gli emendament­i per introdurre le preferenze e il voto disgiunto. Intanto, Lorenzo Guerini e Matteo Orfini puntano il dito: “Il M5s ha fatto fallire l’accordo. La legge è finita”. Matteo Renzi, al Nazareno, manda WhatsApp infuocati a tutti, dà la linea: “Non possiamo anda- re avanti. Che figura ci facciamo se andiamo sotto sulle preferenze?”. Il Pd non può intestarsi la responsabi­lità di essere l’unico a non volere una legge sulle preferenze. Meglio finirla subito.

Ore 14. Il Transatlan­tico offre uno spettacolo scomposto. Beppe Fioroni, un democristi­ano vecchia maniera, riappare dopo mesi di assenza. “Ora a votare ci si andrà il più tardi possibile”, dice a tutti. Soddisfazi­one. Lui - come un centinaio di altri deputati - era di quelli che alla Camera rischiavan­o di non tornarci più. Prosegue la “caccia” al franco tiratore del Pd. Dentro e fuori dal gruppo molti puntano il dito sulla corrente “orlandiana”. Due di loro, Daniele Marantelli e Andrea Martella: “Que- sta legge non ci piaceva. Ma certo adesso non è il caso di correre al voto”. Si vagheggia anche di un “auto-affossamen­to” dei renziani, che una volta capita la malaparata avrebbero approfitta­to della prima occasione per mandare tutto all’aria. Tra i voti in difformità appare quello dell’u lt r à renziano Michele Anzaldi. “Mi sono sbagliato. E poi, ho spostato il dito e ho votato correttame­nte”, dice lui.

Ore 15. Rosato chiede il ritorno in Commission­e della legge. Accuse: “Abbiamo subito un tradimento e anche tra avversari non ci si tradisce”. Risposta di Toninelli (M5s): “Se in quest’Aula ci sono traditori, dei vigliacchi e degli irresponsa­bili questi appartengo­no al Pd”. Intanto Brunetta ( Fi) chiede che si vada avanti con la legge. Anticipa le dichiarazi­oni di Berlusconi: “Una legge è l’unica strada per votare. Pd e M5s siano responsabi­li”. Ore 16. Finisce la segreteria del Pd convocata al Nazareno per le 15. Tocca ancora a Matteo Richetti dare la linea: “Ora ci sono le amministra­tive. Martedì si vedrà”. Si prende tempo.

Ore 17. I centristi di vario genere esultano in Transatlan­tico, parlano di un accordo che si farà, abbassando la soglia al 4%. Intanto Renzi “sonda” Mattarella sulla possibilit­à del decreto. Il Colle non è disponibil­e, almeno fino a dicembre.

Ore 18. Gli umori dei renziani si abbassano. Tra i vicinissim­i al Capo c’è chi dice: “Meglio non insistere con il voto anticipato”.

Ore 20. Renzi incontra Gentiloni. Parlano della Rai, ma fanno il punto su tutto. In questi giorni si capirà se il premier è disposto a seguire la strada verso l’uscita da Palazzo Chigi che gli prospetta il segretario Pd. Chi lo conosce assicura che “lui di sicuro non resisterà”. Tradotto: se c’è un motivo potrebbe anche dimettersi. Ma se Mattarella lo rimanda alle Camere è tutto da vedere. Il problema è tra il Colle e il Nazareno. E tra Renzi e il resto del mondo.

“Voto subito”

La tesi dei renziani è che se in Parlamento non regge l’accordone, la legislatur­a è finita

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