MA “TEACHING” COME MANGI
Linee guida del ministero: italiano addio
Come non trovarsi d’a ccordo, di primo acchito, con Dacia Maraini, quando, sul Corriere della Sera del 6 giugno, si duole del fatto che molti adolescenti di oggi non sperino più in un futuro di professioni tradizionali ma sognino di diventare calciatori o, per le ragazze, di “vincere un concorso di bellezza che le introdurrà nel mondo del cinema o della pubblicità”? Ma ce n’è anche per la scuola: “La mia impressione è che la istituzione scuola si stia disgregando, incapace ormai di formare il bravo cittadino, impaurita dalle novità, si chiude in se stessa”. Come, a prima vista, non darle ragione? Quanto agli insegnanti, per fortuna, sostiene la scrittrice, “esiste una fitta rete di insegnanti responsabili e generosi che credono nel carattere missionario del loro lavoro”.
Ed “è merito loro se la scuola ancora vive”. Ma peccato che ce ne siano altri, “molti, che, scoraggiati, si sono arresi”. Quando sento parlare di insegnamento come missione mi vengono i brividi. Passione, se mai, ma missione no, per favore. E vediamo di cominciare con gli studenti. Certo, è una vergogna che dei calciatori possano guadagnare milioni e milioni di euro all’anno, mentre la povertà sta invadendo la società italiana e la borghesia come classe sociale è al lumicino. Fa sorridere il fatto che molte ragazze sperino di diventare tante miss.
TUTTAVIA, a parte che alcune tra le miss Italia del recente passato sono realmente diventate ottime attrici – ricordo e ammiro Anna Valle, Francesca Chillemi, Miriam Leone – perché mai impedire agli adolescenti di sognare, magari anche a vanvera, se una società futile, quando non corrotta, fa di tutto per inculcargli questi sogni? Soprattutto in un momento di crisi del mondo che sta intorno. D’altra parte, come dicono gli psicoanalisti, adolescenza è sinonimo di discontinuità emotiva, e per molti ci penserà la vita a distruggerglieli, i sogni. E ancora: quali possibilità future la società mostra a un adolescente di oggi? Alla meno peggio, un lavoro da precario, da co.co.co., o simili, pagato pochi soldi e con la prospettiva di una pensione di vecchiaia da fame nera. O la fuga all’estero. Solo chi ha alle spalle una famiglia di industriali o professioni- sti molto solida potrà e vorrà senza patemi, se lo vorrà, continuare il mestiere del padre. Ci dovrebbe pensare la scuola? Ho intervistato, in questi ultimi cinque anni, per il settimanale Sette, cui collaboravo, un mucchio di insegnanti, e ho trovato che anche i migliori, i più impegnati, i più appassionati, quelli che non avevano abdicato al loro compito, erano affranti e delusi. Schiacciati da un’istituzione burocratizzata, dall’enorme tempo sprecato nella compilazione di infinite carte o in riunioni troppo spesso inutili, dallo specchietto delle allodole dell’info rmat izz azio ne vista come la panacea. Mentre intanto gli edifici scolastici cadono a pezzi e, riguardo agli stipendi bloccati da anni, parrebbe prospettarsi un aumento di 85 euro, lordi, al mese, o forse poco più. E magari se un insegnante fosse retribuito con ben altre cifre, missione o non missione, si sentirebbe più motivato.
La scuola “impaurita dalle novità”. Chi ha molto tempo e coraggio, legga le 87 pagine del “Piano per la formazione dei docenti 20162019” del Miur. È un piano senz’anima, un malloppo indigeribile, frutto del trionfo del pedagoghese e infarcito, come le uvette nel panettone, di anglicismi. Eccoli: startup, soft skills, Continuing Professional Development, f ee db ac k, team teaching, project-based learning, cooperative learning, peer teaching e peer tutoring, learning by doing, flipped classroom, peer observation, Bring Your Own Device, Open Educational Resources, social media policy, ( open e big) data literacy, making information literacy, job shadowing, cooperative teach ing, life skills, emp owe rmen t, peer education, media literacy, social learning, best practice, networking, problem-solving, peer review, agency, leadership, governance, task force, workshop, panel, checklist, fall-out , open badges, focus group, repository, follow-up. E, per chiudere, un quartetto, non di archi, purtroppo, come coaching, tutoring, mentoring, counselling.
UN DILUVIO. Viene voglia di dire, agli estensori del documento: “Parla come mangi!”. Poi ci si lamenta che, usciti dai licei, i ragazzi non sappiano scrivere o addirittura parlare in un italiano corretto. Per non dire degli acronimi e delle sigle presenti nel “Piano”. Un’esultanza: TALIS, RAV, PTOF, INVALSI, OCSE-PISA, IEA-TIMSS, IEA-PIRLS ( sic), PNSD, BYOD, PNSD-PTOF, OER, CLIL, STEM, INDIRE, POF, PON. Roba da capogiro: ma se fosse che sotto il vestito niente?
ALL’ORIGINE Ci preoccupiamo perché gli studenti sognano di diventare ricchi e famosi E se ci preoccupassimo anche dei piani ministeriali?