Sentito fino a tarda ora l’ad che ha accusato Lotti
Marroni ascoltato in Procura sugli appalti e la fuga di notizie pro Consip
Èiniziato alle quattro e mezza del pomeriggio di ieri (ed è durato sei ore), l’interrogatorio come persona informata sui fatti dell’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni. Si riparte da Marroni, dall’uomo che aveva fatto cominciare tutto.
L’inchiesta è finita a Roma per competenza territoriale dopo una giornata campale e decisiva da tutti i punti di vista: il 20 dicembre del 2016. Sono passati quasi sei mesi da quando Marroni fornì per la
prima volta la sua versione ai pm. Allora c’erano i napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano ora ci sono i romani, capeggiati dal procuratore capo Giuseppe Pignatone.
I punti più delicati sono gli stessi. Se il padre dell’ex premier Tiziano Renzi è accusato di traffico di influenze, se il ministrodello sport Luca Lotti è accusato per rivelazione di segreto e favoreggiamento con i generali Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia, lo si deve proprio ai verbali di Marroni di quel 20 dicembre. Usiamo il plurale perché i verbali sono due. Il primo è stato steso dal capitano Gianpaolo Scafarto con i suoi uomini. Il secondo era stato reso nella serata del 20 dicembre quando negli uffici del Noe sull’Aurelia erano comparsi i pm ed è firmato come il primo da Marroni ma stavolta davanti ai magistrati. In questi 5 mesi e mezzo sono successe tante cose.
La Procura prima ha tolto la delega a indagare al Noe dopo le fughe di notizie e ha indagato il capitano Scafarto e il suo superiore. Poi i magistrati romani hanno chiesto ai carabinieri del Nucleo Operativo di riascoltare tutte le registrazioni raccolte dalle microspie negli uffici della Consip. Si parla di molti mesi di intercettazioni ambientali nei confronti di Marroni. Il numero uno di Consip, 60 anni, nominato da Renzi a giugno 2015, ha dovuto rispondere ieri sui due temi chiave del primo esame di dicembre, sempre come persona informata dei fatti: la fuga di notizie e il ruolo di Tiziano Renzi e del suo amico, l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo. Sulla fuga di notizie è stato lui il primo a sparare a dicembre cinque nomi pesantissimi: “Ho fatto effettuare la bonifica del mio ufficio in quanto ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni, dal Generale Emanuele Saltalamacchia, dal Presidente di Consip Luigi Ferrara e dall’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti di essere intercettato. Luigi Ferrara mi ha notiziato di essere intercettato lui stesso e che anche la mia utenza era sotto controllo per averlo appreso direttamente dal Comandante Generale dei Carabinieri Tullio Del Sette; questa notizia l’ho appresa dal Ferrara”. Su queste parole si sono concentrate le verifiche degli investi- gatori, che stanno cercando di ricostruire l’iter esatto della fuga di notizie. E poi c’è la parte del verbale di dicembre nel quale Marroni spiega anche il ruolo di Tiziano Renzi e del suo rapporto con quest’ultimo. “Tiziano Renzi mi disse subito che mi aveva chiesto quell’incontro perché voleva chiedermi di ricevere un suo amico imprenditore, Carlo Russo, che voleva partecipare a delle gare d’appalto indette da Consip; Tiziano Renzi mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste del Russo e di dargli una mano atteso che era un suo amico”. Da Marroni, stando al suo racconto di dicembre, Russo va una quindicina di giorni dopo: “Mi disse – continua Marroni – in concreto che tramite una società, di cui non ricordo il nome ma disse che era a lui riferibile, stava partecipando alla gara d’appalto indetta da Consip che riguardava il facility management (credo potesse trattarsi proprio della gara FM4) e in modo esplicito mi chiese di attivarmi sulla commissione da me nominata al fine di aumentare il punteggio tecnico relativo all’offerta presentata dalla società da lui segnalata di modo da favorirlo”. Secondo il racconto di Marroni “Carlo Russo, per rafforzare la sua richiesta, mi disse in modo esplicito che questo affare non interessava solo lui ma dietro la società che lui stava rappresentando vi erano gli interessi di Denis Verdini”. Non solo: “Facendomi capire chiaramente che avrei dovuto impegnarmi nel senso da lui prospettato, ribadendomi che io ricoprivo questo incarico grazie alla nomina concessa dal presidente Renzi. Devo ammettere che questa richiesta mi turbò molto”. Ieri a Marroni è stato chiesto di confermare tutto.
Ho fatto effettuare la bonifica in quanto ho appreso da Vannoni, Saltalamacchia, Ferrara e Lotti di essere intercettato L. MARRONI 20/12/2016