Il Fatto Quotidiano

Il governo impone a Intesa e Unicredit di salvare le venete

La crisi I due gruppi cedono, ma vogliono far partecipar­e il settore Se non va, prenderann­o Vicenza e Veneto Banca. Si muove il Colle

- » CARLO DI FOGGIA E GIORGIO MELETTI

C’è una bomba da 11 miliardi di euro che spaventa il settore bancario italiano. È il conto che il ministro dell’E cono mia Pier Carlo Padoan ha prospettat­o l’altroieri all’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier nell’ipotesi che le due banche venete non venissero salvate. Di questa cifra, Unicredit e Intesa Sanpaolo, prime due banche italiane, dovrebbero tirare fuori circa quattro miliardi. Con questo spauracchi­o, il governo ha imposto ai due colossi di salvare Popolare di Vicenza e Veneto banca in ogni modo.

ALLE DUE popolari venete servono 6,4 miliardi per restare in piedi dopo la fusione, di cui 4,7 di capitali freschi. Soldi che vorrebbe mettere lo Stato, a cui a marzo è stato chiesto il salvataggi­o. La direzione concorrenz­a della Commission­e europea, però, ha imposto ai negoziator­i italiani che almeno 1,2 miliardi vengano da privati. Padoan non si è ribellato. Il fondo Atlante, che controlla le due banche, ha già immolato 3,5 miliardi e non ha più soldi. All’inizio della scorsa settimana lo stesso Matteo Renzi ne ha parlato con l’amministra­tore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, trovandolo un po’ freddo.

Il 31 maggio, quando alla Banca d’Italia si sono ritrovati i banchieri italiani per le consideraz­ioni finali del governator­e Ignazio Visco, Messina ha messo a verbale: “Sono fiducioso nello Stato, non sull’intervento bancario”. A quel punto si è capito che si stava andando incontro a un muro (le venete hanno tempo fino a fine giugno, ma i vertici si dimettereb­bero prima) e il tema ha dominato il riceviment­o al Quirinale per il 2 giugno. Sergio Mattarella ha fatto sapere la sua preoccupaz­ione al premier Paolo Gentiloni.

Due giorni fa l’accelerazi­one è stata imposta dalle notizie sul salvataggi­o lampo del Banco Popular in Spagna. Pressato dal premier, Padoan ha chiamato Mustier. Il senso del messaggio è questo: secondo i calcoli del Tesoro, in caso di default di Veneto Banca e Popolare di Vicenza (che detengono 24 miliardi in conti correnti e depositi) il sistema bancario italiano dovrebbe versare almeno 11 miliardi al Fondo di garanzia dei depositi (Fitd) per coprire le perdite alle quali andrebbero incontro i correntist­i sotto i 100 mila euro, tutelati per legge. Le banche versano le loro quote al Fitd in proporzion­e ai loro depositi. Intesa e Unicredit hanno circa il 35% del mercato e rischiano così di dover sborsare fino a 4 miliardi. Visto il pochissimo tempo a disposizio­ne, Padoan ha chiesto a Mustier e Messina di emulare il salvataggi­o del Popular a opera del Santander. Spendendo poco più dei 4 miliardi (che sarebbero a fondo perduto), le due banche si prendereb- bero un istituto a testa, versando al posto dello Stato 2,7 miliardi nella Popolare di Vicenza (Unicredit) e 2 miliardi in Veneto Banca (Intesa), benefician­do dei 938 milioni già versati da Atlante in acconto a dicembre. Come avvenuto per la sesta banca spagnola, in ossequio al bail in– la nuova regola europea che impone di accollare i costi dei salvataggi agli azionisti delle banche – verrebbero azzerate le azioni in mano ai soci (oltre 200 mila) e convertite in capitale le obbligazio­ni subordinat­e. Un terremoto. Ieri Visco ne ha avrebbe parlato con il presidente della Bce Mario Draghi a margine del consiglio dei governator­i a Tallin (Estonia).

MUSTIER ha recepito il messaggio, mettendosi al lavoro con la vigilanza della Bce ma tentando la strada meno traumatica: raccoglier­e gli 1,2 miliardi chiesti da Bruxelles tra tutte le banche, attraverso un veicolo ad hoc partecipat­o anche da Poste italiane e dalla Cassa depositi e prestiti. L’obolo versato da Mustier e Messina si fermerebbe a 400 milioni. Finora la questua del Tesoro non è arrivata alle altre banche, che non sembra abbiano molta voglia di immolare altri soldi, dopo quelli persi con Atlante e per il salvataggi­o di Etruria e le altre. Senza la loro partecipaz­ione, però, Intesa e Unicredit dovrebbero versare l’intera cifra (1,2 miliardi) per trovarsi azionisti di minoranza dell’istituto concorrent­e nato dalla fusione di Vicenza e Veneto Banca. A quel punto non resterebbe che la via spagnola.

L’aut-aut

Renzi da Messina, Padoan chiama Mustier: il crac costa 11 miliardi, quattro solo ai due colossi I numeri

Miliardi sono i soldi necessari per salvare le venete Miliardi è il costo per il settore di un loro default, 4 a carico di Intesa e Unicredit Mila, i soci delle popolari che verrebbero azzerati, insieme agli obbligazio­nisti subordinat­i (i bond ammontano a1,3 miliardi)

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