Il “pacco” informatico che affossa i conti di Alitalia
Il “Sabre” Nel 2014 Etihad impose il nuovo sistema tecnologico fatto in America. Fu pagato 60 milioni e ha sestuplicato i costi
Si chiama Sabre ed è una palla al piede imposta all'Alitalia dall'ex azionista emiratino Etihad. Una zavorra molto più stretta delle altre addossate alla compagnia, tipo il costo fuori mercato del carburante o il carissimo leasing degli aerei. Sabre è il nome del nuovo cuore tecnologico trapiantato a forza su Alitalia al posto del vecchio che si chiamava Arco e funzionava bene. È un sistema che sovrintende alle funzioni vitali dell'azienda, dalla prenotazione e vendita dei biglietti fino al check in e al bilanciamento dei pesi sugli aerei. Avrebbe dovuto portare un miglioramento, ma ha funzionato malissimo ed è costato pure caro, 57 milioni di dollari versati alla ditta americana fornitrice con sede a Dallas. A regime ha comportato costi sei volte superiori a quelli precedenti. Per uscire da questo incubo ora saranno dolori perché il contratto è una spe- cie di capestro con una durata di 13 anni e il pagamento di una penale di non semplice quantificazione, anche se la valutazione più accreditata parla di circa 300 milioni di euro. Titolare della risoluzione della eventuale controversia un giudice americano.
IL FALLIMENTO ha un nome e cognome: James Hogan, il manager australiano inviato in Italia dall'emiro di Abu Dhabi con funzioni di plenipotenziario. Fu Hogan a imporre l’adozione di Sabre presentandolo addirittura come una condizione imprescindibile per entrare in Alitalia. A settembre 2014 l'adozione del nuovo sistema diventò parte integrante del contratto con Etihad. Due furono le spiegazioni fornite, una di carattere industriale, l'altra di natura finan- ziaria. La prima consisteva nel fatto che Etihad aveva già adottato Sabre ad Abu Dhabi e nelle altre compagnie del gruppo e quindi Alitalia doveva uniformarsi. La spiegazione finanziaria somigliava a una fiaba: i fornitori del sistema promisero che i ricavi sareb- bero cresciuti di 100 milioni l'anno. Per aprire le porte di Alitalia a Sabre ci sono voluti molti sforzi: 38 mila test, 4 mila sessioni di formazione per 2 mila dipendenti e 20 mesi di tempo, da febbraio 2015 a metà ottobre 2016 quando per la prima volta furono spostati da un sistema all'altro 2 milioni di biglietti e 950 mila prenotazioni.
L'operazione fu presentata come un successone. Da quel momento però la compagnia italiana ha dovuto pagare a Sabre un dollaro e 45 centesimi per ogni passeggero imbarcato, circa 32 milioni di dollari l'anno, 27 in più rispetto ai costi del vecchio Arco. Le disfunzioni poi sono state mille. Le elenca con precisione al Fatto un tecnico dell'Information Technology Alitalia che ovviamente vuole mantenere l'anonimato: “Sabre è tecnologicamente equivalente ad Arco, ma funziona peggio. Le personalizzazioni del sistema sono estremamente costose e lunghe e pure la risoluzione delle malfunzioni ha tempi elevati con effetti negativi sui servizi offerti”.
Un disastro, insomma, sulle cui cause a Fiumicino continuano a interrogarsi. Escluso per mancanza di prove che qualcuno ci abbia mangiato su, la spiegazione più plausibile è che anche con Sabre i manager di Etihad abbiano scelto male. Sia come sia, ora gli arabi non ci sono più e Alitalia è rimasta con il cerino di Sabre in mano. Alcuni tecnici dell'Information Technology della compagnia stanno preparando un dossier sulla faccenda da presentare ai commissari. Obiettivo: salutare Sabre, tornare ad Arco ed evitare i tagli annunciati proprio nella divisione informatica, 141 esuberi su un organico di 215.
Paradossi Uscirne costa 300 milioni. Il vecchio “Arco” era fatto in casa dai tecnici della compagnia a rischio esubero