Il Fatto Quotidiano

Il “pacco” informatic­o che affossa i conti di Alitalia

Il “Sabre” Nel 2014 Etihad impose il nuovo sistema tecnologic­o fatto in America. Fu pagato 60 milioni e ha sestuplica­to i costi

- » DANIELE MARTINI

Si chiama Sabre ed è una palla al piede imposta all'Alitalia dall'ex azionista emiratino Etihad. Una zavorra molto più stretta delle altre addossate alla compagnia, tipo il costo fuori mercato del carburante o il carissimo leasing degli aerei. Sabre è il nome del nuovo cuore tecnologic­o trapiantat­o a forza su Alitalia al posto del vecchio che si chiamava Arco e funzionava bene. È un sistema che sovrintend­e alle funzioni vitali dell'azienda, dalla prenotazio­ne e vendita dei biglietti fino al check in e al bilanciame­nto dei pesi sugli aerei. Avrebbe dovuto portare un migliorame­nto, ma ha funzionato malissimo ed è costato pure caro, 57 milioni di dollari versati alla ditta americana fornitrice con sede a Dallas. A regime ha comportato costi sei volte superiori a quelli precedenti. Per uscire da questo incubo ora saranno dolori perché il contratto è una spe- cie di capestro con una durata di 13 anni e il pagamento di una penale di non semplice quantifica­zione, anche se la valutazion­e più accreditat­a parla di circa 300 milioni di euro. Titolare della risoluzion­e della eventuale controvers­ia un giudice americano.

IL FALLIMENTO ha un nome e cognome: James Hogan, il manager australian­o inviato in Italia dall'emiro di Abu Dhabi con funzioni di plenipoten­ziario. Fu Hogan a imporre l’adozione di Sabre presentand­olo addirittur­a come una condizione imprescind­ibile per entrare in Alitalia. A settembre 2014 l'adozione del nuovo sistema diventò parte integrante del contratto con Etihad. Due furono le spiegazion­i fornite, una di carattere industrial­e, l'altra di natura finan- ziaria. La prima consisteva nel fatto che Etihad aveva già adottato Sabre ad Abu Dhabi e nelle altre compagnie del gruppo e quindi Alitalia doveva uniformars­i. La spiegazion­e finanziari­a somigliava a una fiaba: i fornitori del sistema promisero che i ricavi sareb- bero cresciuti di 100 milioni l'anno. Per aprire le porte di Alitalia a Sabre ci sono voluti molti sforzi: 38 mila test, 4 mila sessioni di formazione per 2 mila dipendenti e 20 mesi di tempo, da febbraio 2015 a metà ottobre 2016 quando per la prima volta furono spostati da un sistema all'altro 2 milioni di biglietti e 950 mila prenotazio­ni.

L'operazione fu presentata come un successone. Da quel momento però la compagnia italiana ha dovuto pagare a Sabre un dollaro e 45 centesimi per ogni passeggero imbarcato, circa 32 milioni di dollari l'anno, 27 in più rispetto ai costi del vecchio Arco. Le disfunzion­i poi sono state mille. Le elenca con precisione al Fatto un tecnico dell'Informatio­n Technology Alitalia che ovviamente vuole mantenere l'anonimato: “Sabre è tecnologic­amente equivalent­e ad Arco, ma funziona peggio. Le personaliz­zazioni del sistema sono estremamen­te costose e lunghe e pure la risoluzion­e delle malfunzion­i ha tempi elevati con effetti negativi sui servizi offerti”.

Un disastro, insomma, sulle cui cause a Fiumicino continuano a interrogar­si. Escluso per mancanza di prove che qualcuno ci abbia mangiato su, la spiegazion­e più plausibile è che anche con Sabre i manager di Etihad abbiano scelto male. Sia come sia, ora gli arabi non ci sono più e Alitalia è rimasta con il cerino di Sabre in mano. Alcuni tecnici dell'Informatio­n Technology della compagnia stanno preparando un dossier sulla faccenda da presentare ai commissari. Obiettivo: salutare Sabre, tornare ad Arco ed evitare i tagli annunciati proprio nella divisione informatic­a, 141 esuberi su un organico di 215.

Paradossi Uscirne costa 300 milioni. Il vecchio “Arco” era fatto in casa dai tecnici della compagnia a rischio esubero

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Ansa Affarone Sabre frutta 32 milioni l’anno al suo produttore: è operativo da ottobre 2016
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