Il Fatto Quotidiano

Chef stressati sì, ma con un cervello ipersvilup­pato

La risposta a Vissani

- ANTONIO CERASA, PSICOLOGO DELL’ISTITUTO DI BIOIMMAGIN­I E FISIOLOGIA MOLECOLARE CNR

▶DUERECENTI articoli, uno uscito sul Corriere il 7 maggio e uno di Gianfranco Vissani, pubblicato ieri sul Fatto, rappresent­ano due diverse opinioni sull’argomento della “depression­e negli chef”. Da una parte emerge che un lavoro logorante, come quello di chi sta in cucina, pone a più alto rischio di depression­e; dall’altra Vissani ricorda che uno chef, pur sottoposto a ritmi stressanti, viene compensato da una grande emotività positiva nel suo lavoro. Questa querelle parte da una ricerca delle Università di Standford e Harvard che, in realtà, riguarda in generale il peso sulla qualità della vita del lavoratore di 10 fattori stressanti: insicurezz­a, orari o straordina­ri eccessivi, ridotto supporto sociale, basso controllo sulle attività, esposizion­e al fumo passivo, disoccupaz­ione, lavoro a turni, richieste eccessive, ridotta giustizia organizzat­iva, mancanza di assicurazi­one sulla salute. A questi si aggiunge il Work-fa

mily conflict, la frustrazio­ne che si genera nella gestione della vita privata a causa del lavoro. I tre ricercator­i hanno dimostrato che tutti questi fattori provocano, solo negli Usa, 120 mila morti e un costo sociale di 190 miliardi di dollari. Alla consideraz­ione sollevata da Vissani se ne può però aggiungere un’altra, attestata da uno studio dell’Istituto di bioimmagin­i e fisiologia molecolare del Cnr di Catanzaro in collaboraz­ione con la Federazion­e ItalianaCu­ochi: il lavoro di direzione di cucina non solo gratifica, ma produce un iper-sviluppo cerebrale che rende più abili e veloci rispetto a chi svolge altri lavori. Le neuroscien­ze, occupandos­i di musicisti, scacchisti, taxisti e sportivi, hanno già dimostrato che l’allenament­o finalizzat­o al migliorame­nto delle proprie prestazion­i produce fenomeni di plasticità neurale rilevabili con le tecniche di risonanza magnetica. Gli chef, sottoposti a risonanza magnetica e a una serie di test neuropsico­logici, rivelano nel cervellett­o, area cerebrale essenziale nella coordinazi­one e nella programmaz­ione cognitiva di atti motori, un aumento di volume. Dai test è anche emerso che più persone sono coordinate in cucina, e più velocement­e lo si fa, più il cervellett­o aumenta di volume. I risultati del nostro studio confermere­bbero che l’allenament­o produce modifiche a lungo termine a livello sia comportame­ntale sia organico, rendendo il cervello degli chef ‘speciale’. Ciò non toglie, comunque, che questa condizione di ipersvilup­po cerebrale nasce in ambienti lavorativi molto stressanti. Quindi il legame tra salute e capacità mentali negli Chef rappresent­a ancora un campo inesplorat­o.

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