Chef stressati sì, ma con un cervello ipersviluppato
La risposta a Vissani
▶DUERECENTI articoli, uno uscito sul Corriere il 7 maggio e uno di Gianfranco Vissani, pubblicato ieri sul Fatto, rappresentano due diverse opinioni sull’argomento della “depressione negli chef”. Da una parte emerge che un lavoro logorante, come quello di chi sta in cucina, pone a più alto rischio di depressione; dall’altra Vissani ricorda che uno chef, pur sottoposto a ritmi stressanti, viene compensato da una grande emotività positiva nel suo lavoro. Questa querelle parte da una ricerca delle Università di Standford e Harvard che, in realtà, riguarda in generale il peso sulla qualità della vita del lavoratore di 10 fattori stressanti: insicurezza, orari o straordinari eccessivi, ridotto supporto sociale, basso controllo sulle attività, esposizione al fumo passivo, disoccupazione, lavoro a turni, richieste eccessive, ridotta giustizia organizzativa, mancanza di assicurazione sulla salute. A questi si aggiunge il Work-fa
mily conflict, la frustrazione che si genera nella gestione della vita privata a causa del lavoro. I tre ricercatori hanno dimostrato che tutti questi fattori provocano, solo negli Usa, 120 mila morti e un costo sociale di 190 miliardi di dollari. Alla considerazione sollevata da Vissani se ne può però aggiungere un’altra, attestata da uno studio dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Catanzaro in collaborazione con la Federazione ItalianaCuochi: il lavoro di direzione di cucina non solo gratifica, ma produce un iper-sviluppo cerebrale che rende più abili e veloci rispetto a chi svolge altri lavori. Le neuroscienze, occupandosi di musicisti, scacchisti, taxisti e sportivi, hanno già dimostrato che l’allenamento finalizzato al miglioramento delle proprie prestazioni produce fenomeni di plasticità neurale rilevabili con le tecniche di risonanza magnetica. Gli chef, sottoposti a risonanza magnetica e a una serie di test neuropsicologici, rivelano nel cervelletto, area cerebrale essenziale nella coordinazione e nella programmazione cognitiva di atti motori, un aumento di volume. Dai test è anche emerso che più persone sono coordinate in cucina, e più velocemente lo si fa, più il cervelletto aumenta di volume. I risultati del nostro studio confermerebbero che l’allenamento produce modifiche a lungo termine a livello sia comportamentale sia organico, rendendo il cervello degli chef ‘speciale’. Ciò non toglie, comunque, che questa condizione di ipersviluppo cerebrale nasce in ambienti lavorativi molto stressanti. Quindi il legame tra salute e capacità mentali negli Chef rappresenta ancora un campo inesplorato.