La maledizione di Maria Elena, la sua linea di difesa è crollata negli ultimi due mesi
Dalle bugie in Parlamento alle gaffe fino al caso Ghizzoni
“Se
mio padre fosse stato davvero favorito sarei la prima a dimettermi. Ma sono state dette un sacco di falsità: è in corso un attacco politico contro il governo e la mia famiglia”. Era il 18 dicembre 2015 e così Maria Elena Boschi si difendeva in Parlamento da una mozione di sfiducia che all’epoca si fondava su poco più che un’intuizione, che la parentela rappresentasse un oggettivo conflitto di interessi. Meno di un mese prima il governo aveva “risolto” quattro banche che rappresentavano l’1 per cento del sistema creditizio italiano. Tra queste la Popolare dell’Etruria e del Lazio, di cui Pier Luigi Boschi era vicepresidente fino al febbraio 2015, quando è stata commissariata dalla Banca d’Italia. Azionisti azzerati, obbligazionisti subordinati pure, gente che aveva comprato titoli di credito senza sapere quanto fossero rischiosi. A Civitavecchia si suicida un pensionato che ha perso tutto, Luigino D’Angelo.
Tempo due mesi e la Boschi spera che il ver- detto dell’Antitrust guidato da Giovanni Pitruzzella chiuda il caso: in base alla legge Frattini ( voluta nel 2004 da Berlusconi con maglie sufficientemente larghe da non creargli problemi) per l’allora ministro non c’è conflitto di interessi. Non ha partecipato alle riunioni del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2015 quando si è decisa la riforma delle banche popo- lari, che riguardava Etruria, e neppure a quella del 15 novembre, dove si è deciso di smantellare Etruria. Perché in Italia l’assenza alla riunione decisiva viene considerata sufficiente a dimostrare una totale estraneità al processo decisionale.
LA LINEA di difesa della Boschi inizia a crollare il 10 gennaio 2016. Ed è tutta colpa sua, perché in una intervista a Maria Teresa Meli del Corriere della Sera ammette di essere a conoscenza delle vicende interne di Etruria e così partecipe da attaccare il governatore della Banca d’I- talia Ignazio Visco: “Se la cosa non fosse così seria, mi farebbe anche sorridere il fatto che alcuni autorevoli esponenti oggi prendano determinate posizioni, pur sapendo che sono le stesse persone che un anno fa suggerivano a Banca Etruria un’operazione di aggregazione con la Banca Popolare di Vicenza. Se fosse stata fatta quell’operazione credo che oggi avrebbero avuto un danno enorme i correntisti veneti e quelli toscani”.
Il riferimento è a Visco che premeva per l’aggregazione tra due debolezze, quella di Etruria ad Arezzo e quella
Minacce a vuoto Mai arrivate le querele a De Bortoli, che ha rivelato le pressioni su Unicredit
della PopVicenza di Gianni Zonin.
Il resto è cronaca: nel suo ultimo libro l’ex direttore del CorriereFerruccio de Bortoli rivela che la Boschi, sempre nel 2015, chiese all’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni di salvare Etruria. Un interessamento in quanto figlia di papà Boschi, non certo di ministro delle Riforme. Ghizzoni non rilascia dichiarazioni ufficiali, ma tra silenzi e mezze parole di fatto conferma. Il dossier era stato affidato alla top manager Marina Natale e poi, dopo aver dimostrato al ministro uno sforzo di cortesia, archiviato. La Boschi ha annunciato immediate querele, mai arriva- te. Il Fatto Quotidiano ha poi raccontato che già all’inizio del suo mandato nel marzo 2014, appena arrivata al governo, la Boschi ospitava nella casa di famiglia di Laterina summit sul destino di Etruria: c’era l’allora presidente Giuseppe Fornasari e i vertici di Veneto Banca, Vincenzo Consoli e Flavio Trinca, per discutere dell’ennesimo piano di fusioni mai realizzato.
POICHÉ di quell’incontro c’è traccia non nei retroscena giornalistici ma nelle intercettazioni telefoniche d el l ’ inchiesta su Veneto Banca, la Boschi non si è mai data neppure pena di commentare, figurarsi di smentire.