Macron En Marche!: chi teme il nuovo Napoleone
Legislative al secondo turno; con la vittoria del partito del presidente assieme a MoDem l’opposizione potrebbe sparire
Macron nuovo Imperatore di Francia? Se ci fate caso, una certa somiglianza fisica con Napoleone ce l’ha, penso al giovane generale Bonaparte repubblicano, ufficiale d’arti glier ia, giovane e già nello sguardo l’ambizioso obiettivo di impadronirsi del destino di una patria confusa e decimata dalla frenesia rivoluzionaria.
Qualcuno ha ironizzato sul Macron pigliatutto. Altri hanno scomodato la metafora della favola di Jean de la Fontaine, quella delle rane che domandano un re: i francesi non cessano di reclamare l’uomo forte, provvidenziale, in grado di garantire il cambiamento. Ne hanno avuto fin sopra i capelli di François Hollande presidente “normale”, delle invettive di Mélenchon o dei proclami di Marine Le Pen. Roi Macron è più convincente: soprattutto, è ottimista.
Crede nel progresso, più che nel progressismo. Nell’efficienza. Nella moralizzazione della vita politica. Nell’Europa. Il voto di oggi, al secondo turno delle le- gislative, confermerà l’ampiezza dello tsunami di En Marche! declinato in versione parlamentare dal surrogato La République En Marche con l’alleato MoDem. E ciò potrebbe destabilizzare ciò che sopravvive della vecchia politica: perché le altre forze non costituiscono un blocco omogeneo, con la conseguenza che verrà a mancare l’elemento basilare di ogni democrazia, ossia l’opposizione. Macron è stato eletto 42 giorni fa, si è insediato il 14 maggio. Fin da subito ha delineato “i contorni di una governance di ferro, centralizzata, iperpersonalizzata”, ha scritto l’altro giorno Le Monde. Il rischio di un partito “superpotente” non è quindi campato per aria, specie se si considera che la nuova maggioranza (assoluta) dell’Assemblea Nazionale sarà composta in gran parte da persone che non hanno un passato politico né amministrativo, quindi facilmente manovrabili da Macron e dalla sua guardia stretta.
Eccessi d’Oltralpe Passata la grande paura del populismo lepenista si affaccia il timore dei “pieni poteri” Oggi
LA LEGITTIMA inquietudine si capta guardando i programmi elettorali in tv, si riscontra scorrendo i titoli dei giornali, per non parlare della Rete. Roi Macron e la sua Corte sono in agguato.
Passata la grande paura del populismo lepeniano, si è perciò affacciata prepotente la grande paura dei “pieni poteri”, del “partito unico”, della democrazia azzoppata. L’opposizione è introvabile, stigmatizza Arnaud Leparmentier su Le Mondedi giovedì 15 giugno, e quel che ne resta è assai poco credibile. Bruno Retailleau, senatore pro Fillon, il leader repubblicano sbaragliato da En Marche! al primo turno delle presidenziali, mette in guardia sulla “tentazione dell’uniformità”. La preoccupazione contagia i socialisti dissolti: “Ogni volta che ci sono stati parlamenti di colore monolitico, è sempre finita male”. Il Front National insiste col refrain della “costituzione di un
SEGGI aperti dalle 8 alle 18 (ma nelle grandi città fino alle 20); 47 milioni eleggono i 577 deputati da cui è composta l’Assemblea nazionale
AL PRIMO turno (11 maggio), i candidati erano 7.877: oggi la sfida è fra 1.151. Republique En Marche è stato il partito più votato (28,21%)
partito unico mondialista”, ma ormai non fa più presa. Non come il carisma di roi Macron.
Dietro i lai degli sconfitti c’è disorientamento e anacronismo politico. Macron, nel rivendicare d’essere di destra e di sinistra, ha trasgredito i codici tradizionali della politica francese. In questo senso, si comprende perché abbia intitolato il suo saggio-manifesto “Rivoluzione”. E perché la rivista di destra Valeurs acteulles (che si rivolge ai lettori “antisistema” e “antipartito”) l’abbia disegnato in sella ad un bianco destriero, novello Bonaparte che valica le Alpi. Pochi sanno che in verità, Napoleone era in groppa a un mulo...