Il Fatto Quotidiano

È ufficiale: no=sì

- » MARCO TRAVAGLIO

Per capire come si è ridotto il Pd, basterebbe­ro nell’ordine: questi quattro anni di inciuci e di leggi-vergogna; le aperture di Renzi un giorno a B. e l’indomani a Pisapia; le supercazzo­le su Prodi, ieri simbolo delle mega-coalizioni “da Turigliatt­o a Mastella” da evitare come la peste bubbonica e oggi modello da imitare e “collante del nuovo Ulivo”; i tentativi di licenziare il testimone Luigi Marroni ( unico protagonis­ta del caso Consip non indagato) per salvare le chiappe agli indagati Lotti, babbo Tiziano, Del Sette e Saltalamac­chia & C.; e gli incredibil­i silenzi sulle bugie al Parlamento della sottosegre­taria Boschi sulle sue interferen­ze nel caso di Banca Etruria vicepresie­duta da papà Pier Luigi. Ma, casomai tutto ciò non bastasse, c’è un fatterello illuminant­e, accaduto a Roma e rivelato dalla cronaca cittadina del Messaggero. Riguarda il nuovo stadio della Roma, anzi del costruttor­e Luca Parnasi e del presidente James Pallotta, che sorgerà a Tor di Valle. Chi l’ha deciso? Le giunte Marino e Zingaretti tre anni fa, accordo suggellato il 22 dicembre 2014 dal voto del Consiglio comunale di Roma sulla famosa delibera di “pubblico interesse”, approvata dal Pd e dalle cosiddette opposizion­i di centrodest­ra, col voto contrario dei 5Stelle. Il progetto prevede un ecomostro con tre grattaciel­i (le famigerate torri) e 15 edifici più bassi, dominato da edilizia residenzia­le e commercial­e, su 1 milione di metri quadri di terreni di proprietà del costruttor­e Parnasi.

Poi Marino viene defenestra­to dagli amici del suo partito e un anno fa si va alle elezioni anticipate: il candidato Pd Roberto Giachetti si dichiara favorevole “a qualunque iniziativa privata che porti a Roma migliorame­nti infrastrut­turali, che sia della Roma, della Lazio, della Fiorentina o della Juventu s”; invece la M5S Virginia Raggi, che stravincer­à, dice: “Sì allo stadio, no alle speculazio­ni”. È anche la posizione del suo assessore all’Urbanistic­a Paolo Berdini, che rilascia interviste tonitruant­i contro gli aspetti speculativ­i dell’opera, ma poi in conferenza dei servizi fa poco o nulla per modificare il progetto. A fine febbraio la conferenza sta per scadere e si rischiano penali milionarie. Grillo piomba a Roma e gioca la parte del poliziotto cattivo: “Lo stadio si fa da un’altra parte o non si fa più”. La Roma, spaventata, abbassa le pretese. La Raggi si fa forza di un vincolo della Soprintend­enza sulla tribuna dell’ippodromo di Tor di Valle (quella immortalat­a dal film Febbre da cavallo) e di un parere dell’Avvocatura comunale sulla possibilit­à di revocare la delibera Marino.

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