Consip, assist di Padoan al Pd: la lettera per fermare il voto
Guerra delle mozioni Oggi il ministero dell’Economia prova a evitare il responso dell’aula con un documento in cui si sostiene che i vertici della controllata sono decaduti
Stamattina Pietro Grasso, il Presidente del Senato, prima del voto delle mozioni che chiedono la rimozione dei vertici di Consip, leggerà una lettera del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che dà il parere del Mef: i vertici della società appaltante sarebbero già azzerati, con le dimissioni del presidente Luigi Ferrara e della consigliera, Marialaura Ferrigno, nonostante le mancate dimissioni dell’Ad, Luigi Marroni, teste chiave dell’inchiesta sul maxi appalto da 2,7 miliardi. E nonostante il fatto che lo stesso Marroni abbia appena convocato l’Assemblea per nominare il nuovo Cda, il 27 giugno, e dunque fino allora è di fatto in carica. Per il Tesoro, il voto è superato. Letta la lettera, il presidente del Senato, Pietro Grasso, chiederà se qualcuno vuole esprimersi sull’ordine dei lavori. Dando modo al Pd di chiedere di votare prima il punto successivo alle mozioni. Così l’Aula dovrebbe esprimersi.
È questo l’estremo tentativo del Pd di evitare una conta rischiosissima. In Senato i numeri sono risicatissimi e gli esiti imprevedibili: la maggioranza – se si arrivasse a votare i testi – potrebbe andare sotto, su una mozione riformulata ieri sera, che sposta il dibattito sull’importanza di nominare nuovi vertici di Consip, messa insieme con Area Popolare, per arginare i danni.
FATTO STA che, ancora una volta, dopo tre mesi dalla mozione di sfiducia a Luca Lotti, indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento, a Palazzo Madama torna la questione. Convitato di pietra, Matteo Renzi ( Marroni ha parlato di pressioni ricevute per orientare gli esiti di importanti gare d’appalto, tirando in ballo, tra gli altri, l’imprenditore Carlo Russo che avrebbe parlato a nome di Tiziano Renzi). Per tutta la giornata di ieri, i Dem hanno provato a sostenere la tesi che il voto fosse superato. “Spetta al presidente Grasso decidere ma mi sembra che rispetto alle mozioni il caso sia risolto”, la posizione espressa da Luigi Zanda, il capogruppo. Alla base, l’interpretazione dello Statuto della Consip. Al punto 12.4 si legge: “Se viene meno la maggioranza dei consiglieri, si intende dimissionario l’intero Consiglio e l’assemblea deve essere convocata d’urgenza dagli Ammi- nistratori rimasti in carica per la ricostituzione dello stesso”. “Ne parliamo martedì in Aula”, aveva però dichiarato domenica Grasso. Sulle basi del fatto che le mozioni sono calendarizzate e il Cda è pienamente legittimato a lavorare e dunque la questione non è superata. Secondo Grasso, nessuna decisione deve essere presa fuori dall’aula. La lettera di Padoan lo spingerebbe a rimettersi all’aula. E metterebbe pressione a Senato: il governo non ci sta ad essere commissariato. La maggioranza per evitare il voto potrebbe esserci: Ala, Pd, centristi e Svp contano 158 voti. Se questa mossa non dovesse riuscire, la partita è apertissima.
LE MOZIONI in tutto sono sei. Sul filo dei voti, quella del Pd (riformulata, rispetto alla versione di venerdì), quella di Andrea Augello e Gaetano Quagliariello di Idea (ce n’è un’altra molto simile di Loredana De Petris di Sinistra Italiana), e quella di Mdp, presentata da Miguel Gotor. Nella mozione dem si prende atto delle dimissioni del presidente di Consip e della consigliera e si chiede al governo di “procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici”. Maggioranza a rischio. Il Pd ha i voti dei centristi e di Svp (si arriverebbe a 142), ma punta a conquistare quelli di Ala (sarebbero così 158). I verdiniani però non hanno deciso nulla: loro venerdì avevano presentato un testo per difendere Marroni e si sono visti arrivare inaspettatamente la mozione dem. Le mozioni delle opposizioni potrebbero annullarsi a vicenda. Quella di Idea, chiedendo la rimozione dei vertici Consip, sottolinea la posizione di Lotti. Augello, nel frattempo, ha lavorato a due pareri legali che sostengono il fatto che la discussione va fatta.
QUAGLIARIELLO fa il conto dei numeri: dovrebbe avere anche i voti di Forza Italia e Lega e quelli del M5s. 109 insufficienti. Non la voterà Mdp (16 senatori) che chiede sia il ritiro delle deleghe a Lotti, sia la revoca dell’incarico a Marroni. Potrebbe avere 109 voti più 16. Sempre se tutti, anche Idea decidessero di confluire. Quello di oggi, fino al fallimento dell’accordo sulla legge elettorale, poteva essere l’incidente perfetto. Ora il tentativo di tutti è rafforzare l’esecutivo.
In ritirata
Il dem Zanda cambia il testo e prova a evitare la possibile bocciatura dell’aula Il pericolo
I bersaniani di Mdp con Gotor chiedono la revoca delle deleghe di Luca Lotti