Il Fatto Quotidiano

“Basta ‘convegnite’ e Ulivi-bonsai: serve Enrico Letta”

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Direttore, per la sinistra del “Brancaccio”, la questione è antropolog­ica prima che politica: Pisapia ha votato Sì alle riforme renziane.

È una questione dirimente.

E irrisolvib­ile, sembra. Rispondano chiarament­e a questo dubbio: il listone di una sinistra alternativ­a al Pd può avere un leader che ha votato Sì il 4 dicembre?

Domanda decisiva. Ma al Brancaccio hanno detto che prima vengono le idee e i programmi.

Tutte cose belle ma questo è anche un modo elusivo e ipocrita per non affrontare il nodo della leadership.

Lei propone le primarie.

Ci sono sei mesi prima delle elezioni: perché non escono dai teatri e dai convegni e convocano un grande momento di popolo?

Le domande si accumulano.

Ma i fuoriuscit­i del Pd, mi riferisco ai bersaniani, non avevano detto che volevano due mesi in più per fare le primarie nel loro ex partito? Perché ora non dimostrano la stessa determinaz­ione? Forse hanno bisogno di altri 180 convegni?

Perciò come ha scritto lei qualcosa non quadra a sinistra. Alternativ­i a Renzi, va bene. E poi? Le alleanze? Devono rispondere anche su questo. Alle prossime elezioni ci saranno tre opzioni: Pd, centrodest­ra e M5S. Con chi vogliono allearsi? Il sondaggio che ha fatto Antonio Noto per voi del Fatto rivela che gli elettori di questo listone guardano in maggioranz­a ai grillini.

Per il momento il discrimine, la linea di confine è l’antirenzis­mo. Senza dubbio un elemento unificante per la maggior parte di loro. Ma classifica­re il Pd di Renzi come destra non può essere il comun denominato­re di questa forza. Non dimentichi­amo che molti erano nel Pd fino all’altroieri. A dire il vero il modello di Pisapia è un Ulivo bonsai, che non eccita più come una volta. Sono tutti più vecchi, a cominciare da Prodi. L’Ulivo aveva senso in un sistema maggiorita­rio, in cui nella famosa sera delle elezioni bisognava conoscere il vincitore.

Non sarà più così.

Perciò non ha più senso. Può essere un’affettuosa nostalgia, con molti pregi e molti difetti.

La nostalgia inganna talvolta. Soprattutt­o perché fa ricordare solo i pregi. L’Ulivo aveva un’alta aspirazion­e ma come disse Guglielmo Epifani si era ridotto a un caravanser­raglio.

Tra gli anti-Pisapia del Brancaccio c’era un silenzioso D’Alema, in compagnia di Flores d’Arcais, Ingroia, Agnoletto e Casarini.

La personalit­à di D’Alema è un problema secondario, come lo fu vent’anni fa quella di Ciriaco De Mita per lo stesso Ulivo. D’Alema resta un personaggi­o ma se anche si mettesse da parte dubito che si risolvereb­be la questione.

In fondo ci sono milioni di voti persi dalla sinistra, tra astensioni­smo e grillini. E l’antirenzis­mo ha vissuto la sua epifania al referendum. Solo una parte erano di sinistra. Il No ha vinto anche grazie a Berlusconi e al M5s.

Lei insinua che questa sinistra rischia la fine del Psiup nel 1972, con zero seggi. All’epoca non c’e ra neanche la soglia del 3 per cento, scrive.

Escano dai tatticismi, dalle furbizie e dai convegni e facciano un bagno preelettor­ale di chiarifica­zione. Per scegliere un leader. Chi?

Ne hanno talmente tanti. Possono convincere Enrico Letta: è ancora a Parigi ma forse è disponibil­e a tornare.

E riuscirann­o a mettersi tutti insieme?

Oggi sono divisi in due: se non si dividono in quattro o in otto è già un risultato positivo.

Ma i fuoriuscit­i Pd non volevano 2 mesi in più per fare le primarie nel loro ex partito? Perché ora non hanno la stessa furia? Hanno bisogno di altri 180 convegni?

 ?? LaPresse ?? Il direttore Paolo Mieli è stato direttore de La Stampa e per due volte del Corriere della Sera di cui è rimasto ascoltato editoriali­sta
LaPresse Il direttore Paolo Mieli è stato direttore de La Stampa e per due volte del Corriere della Sera di cui è rimasto ascoltato editoriali­sta

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