“Subito un leader? Niente primarie in stile talk-show”
Professore, Paolo Mieli scrive che ci sono varie cose che non quadrano a sinistra. Soprattutto due: leadership e alleanze. Non mi stupisce. Mieli è un osservatore autorevole ma smaliziato e gli è difficile guardare con occhiali inconsueti quello che è successo domenica al Brancaccio di Roma.
Però di fronte alle divisioni, le primarie sono una risoluzione oggettiva.
Qui non si tratta di federare correnti e di legittimare una classe dirigente. Le primarie del Pd sono una messinscena. Qui il problema è diverso.
Questione di occhiali, appunto.
In tutti questi anni quando si è voluto costruire la sinistra dal tetto poi è sempre crollata. Noi vogliamo andare in direzione opposta.
Dal basso verso l’alto.
Guardi che io non voglio rifare la Sinistra Arcobaleno o la lista Ingroia...
C’era anche lui domenica. Gotor, guardandolo, ha detto: “Ingroia 2, la vendetta”.
Non esageriamo, già non l’abbiamo fatto parlare, non buttiamogli tutte le croci addosso.
Rimettiamo gli occhiali inconsueti. Al Brancaccio ci sono stati tantissimi interventi. Dico: ma a Giuseppe De Marzo di Libera o Andrea Costa di Baobab che gliene frega della leadership e delle alleanze. Per questo ribalto lo schema di Mieli.
Ribalti.
Non voglio essere cattivo ma Mieli sa quanti leggono il Corriere della Sera? Magari sono lettori che stanno economicamente bene e possono leggere i giornali.
Un altro mondo.
Ecco, noi siamo fuori da quel quadro che ha tratteggiato Mieli. Un quadro che si nutre di giochi politici e di talk-show.
Niente primarie, allora.
Il punto vero è che non stiamo cercando un leader ma un popolo che è disorganizzato.
Lei si è forgiato nella battaglia referendaria. Una parte grande di quei 20 milioni di No è di sinistra. Noi andiamo in cerca di quel 50 per cento che non vota. È questa la novità.
Il problema Pisapia però rimane. Il primo luglio andrò a sentirlo. Ah, lei va in piazza Santi Apo
stoli.
Certo, ma dubito che mi facciano parlare (ride Montanari, ndr).
E poi?
Mi rifaccio a quello che ho detto domenica: noi vogliamo rompere con le stagioni dell’Ulivo che hanno smontato lo Stato e precarizzato il lavoro. Ho citato Prodi, quando nel suo libro ammette: “Ci siamo dimenticati l’uguaglianza”. D’Alema sbuffava.
Chiariamoci una volta per tutte: nessuno ha detto a D’Alema “vai fuori”. L’importante è sapere dove si va. Basta con i disastri di quel centrosinistra.
E i grillini? Sono potenziali alleati, secondo le aspettative del vostro popolo. Più loro del Pd.
Ho guardato con grande speranza al M5s, ma la scelta di affidarsi al figlio del fondatore è da antico regime. E oggi i grillini usano la paura come la Lega di Salvini.
In ogni caso bisognerà arrivare alle elezioni.
Tra poco faremo una piattaforma di dieci punti per costruire le assemblee sul territorio. Il successo della nostra lista civica a Padova è un modello.
Ma una direzione dal centro ci vuole. Almeno il minimo sindacale. Faremo un gruppo informale, con partiti e società civile.
Lei e Anna Falcone siete una garanzia per molti.
Io non voglio diventare un professionista della politica. Mi sono deciso solo perché invidio i miei amici spagnoli che votano Podemos.
Lei fa una Podemos antirenziana. Sì, se per antirenzismo intendiamo le politiche del Pd che hanno radicalizzato le diseguaglianze.
Non un capo, stiamo cercando un popolo che è disorganizzato. Ripartiamo dai 20 milioni del No al referendum e puntiamo a quel 50% che non vota. Pisapia? Il 1° luglio andrò a sentirlo