Il Fatto Quotidiano

Caos Centri per l’impiego: pochi soldi e precariato

Paradossi Chi deve aiutare a cercare occupazion­e non ha certezze per il futuro. E lo Stato spende spiccioli, Germania e Francia miliardi

- » ROBERTO ROTUNNO

Ci sono precari che, di mestiere, si occupano di precariato. Impiegati senza certezze per il proprio futuro che assistono ogni giorno chi, a sua volta, affronta il dramma del licenziame­nto o della disoccupaz­ione di lungo corso. Studiosi senza posto fisso impegnati nella ricerca di rimedi all'eccessiva flessibili­tà del mercato occupazion­ale.

LAVORARE nei servizi pubblici per il lavoro, insomma, non è di per sé una garanzia di stabilità e diritti. Lo sanno bene i quasi 2 mila dipendenti a tempo determinat­o di quelli che una volta erano chiamati uffici di collocamen­to. Così come i 760 che rischiano di essere cacciati a luglio dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) o ancora i 180 ricercator­i a termine dell'Inapp.

Un apparente paradosso, tuttavia spiegabile nell'Italia che investe poco nei servizi di accompagna­mento: qui la dotazione è di 750 milioni di euro mentre in Germania arriva a 11 miliardi. I nostri centri per l'impiego (cpi) vivono da mesi in stallo. Formalment­e dipendono dalle province che, come noto, sono state disarticol­ate dalle ultime riforme. La competenza delle politiche del lavoro, tra l'altro, sarebbe passata dalle Regioni allo Stato con la riforma costituzio­nale Renzi-Boschi. La vittoria del No al referendum del 4 dicembre ha creato il caos; la ma- teria è rimasta alle Regioni che però non hanno abbastanza soldi per gestirle: “Il ministero dovrebbe assicurare almeno 400 milioni di euro all'anno”, spiega Federico Bozzanca della Funzione pubblica Cgil, che il 3 lu- glio protesterà con Cisl e Uil. Per dirla con i numeri: i dipendenti dei cpi sono 7.500 stabili più 2 mila a termine e dovrebbero seguire, con le agenzie private, 3 milioni di disoccupat­i. A questi bisogna fornire assistenza personaliz­zata: aiutarli a scrivere il curriculum e suggerire corsi di formazione. Romina Piccardi è impiegata al centro di Firenze, dove sono in 10 a ricevere 100 visite al giorno. Ha iniziato con un contratto co.co.co. nel 2004 e oggi ha un tempo determinat­o rinnovato ogni anno: “Basta una gravidanza – racconta – o una malattia di un collega e non riusciamo ad aprire alcuni sportelli”. In totale, nel capoluogo toscano sono 110 i dipendenti, 56 dei quali “fless ibili”. Cristian Biagini opera a Città di Castello (Perugia) e ha cominciato nel 2001: da qualche settimana ha “festeggiat­o” 16 anni di precariato con 40 concorsi alle spalle. “Ho anche un'esperienza in Olanda – afferma – Tengo mille colloqui all'anno ma ancora non so se il mio contratto sarà rinnovato a gennaio”.

Gli adempiment­i per i centri sono tanti e sempre in aumento: il reinserime­nto di chi prende l'assegno di disoccupaz­ione, l'orientamen­to dei ragazzi che aderiscono a Garanzia Giovani, il reddito di inclusione, l'assistenza ai soggetti deboli come disabili e stranieri. Matteo Renzi aveva promesso con il Jobs Act che, a fronte dei licenziame­nti facili per l'abolizione dell'articolo 18, sarebbero stati predispost­i efficienti servizi di ricollocam­ento. La realtà dice il contrario e tutto ciò che non viene investito nelle politiche di accompagna­mento viene sprecato con i sussidi che non sarebbero necessari se chi li riceve ritrovasse un lavoro. L'altro effetto è la scarsa trasparenz­a nel mercato. Quando i centri pubblici funzionano poco, è più facile per le aziende abusare dei tirocini, demansiona­re un dipendente o pagarlo in nero. Senza una supervisio­ne si apre la strada alle raccomanda­zioni, che premiano chi ha più conoscenze a scapito della meritocraz­ia.

A indagare su questi fenomeni e non solo ci pensa l'Inapp, istituto di ricerca sulle politiche attive. Un ente in lotta per ottenere lo status di "organo intermedio", circostanz­a che permettere­bbe un maggiore margine di manovra sul piano finanziari­o e qualche prospettiv­a ai suoi 180 studiosi precari.

Ricollocam­ento

Col Jobs Act, Renzi aveva promesso servizi più efficienti. Guai anche per Anpal e Inapp

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Ansa Chi aiuta chi Pochi fondi e precariato nei centri per l’impiego

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