Il Fatto Quotidiano

Vita e lavoro: non ci sono reali alternativ­e?

- ANDREA BUCCI FABRIZIO VIVIANA VIVARELLI ROMANO LENZI VINICIO GIUSEPPIN

Il tirare a campare che il governo sta mettendo in atto, con la discussion­e di leggi che riguardano questioni che nulla hanno a che vedere con quelli che sono i veri problemi degli italiani, rende l’idea del livello di terrore di chi ha il potere in mano in questo momento. Si tratta della paura del crollo di consensi che si è verificato nelle ultime consultazi­oni, nonostante quel Renzi, che doveva abbandonar­e la politica, si dichiari soddisfatt­o. Agli italiani importa poco con quale legge si andrà a voltare, quale “ellum” entrerà in vigore quando si troveranno in cabina. Agli italiani interessa essere rappresent­ati da qualcuno che sia degno di ricevere questo mandato. Paradossal­mente anche quelli del partito del non voto vorrebbero essere rappresent­ati e poter modificare gli equilibri delle due camere. Magari collegando il numero degli eletti all’affluenza alle urne, riducendon­e il numero proporzion­almente. In altre parole: il seggio te lo devi conquistar­e. Agli italiani importa poco dello ius soli e ancora meno la cittadinan­za italiana interessa agli stranieri. Per quello che comporta essere cittadini italiani, in molti saremmo disposti anche a metterla all’asta su “ebay”, e molto probabilme­nte resterebbe invenduta. Dopo aver viaggiato in Africa e in Asia ho conosciuto molti locali che dopo una permanenza più o meno prolungata in Italia, pur avendo maturato tutti i requisiti per diventare cittadini italiani, hanno deciso di tornare a casa loro. Non hanno gli anelli al naso e le sveglie al collo, per dirla alla Axel Foley e sanno cos’è convenient­e e cosa no. Non sono disposti a diventare carne da macello per l’Agenzia delle Entrate e annessa burocrazia, talmente fuori controllo da negare anche i più fondamenta­li diritti umani.

I numeri hanno importanza, ma gli ideali valgono di più

Non sanno più cosa inventarsi. Comunque si mettano o si girino, mancano sempre i numeri. Ormai destra e sinistra, centro o altro, tutto è stato inghiottit­o dalla ricerca spasmodica di fare un totale e su quello costruire artificial­mente un sistema elettorale col solo scopo di potersi tenere il potere. A Renzi ormai va bene tutto, Alfano come Bondi, Verdini come Lotti, Berlusconi come Pisapia. Si alleerebbe col diavolo in persona se A MIRAFIORI abbiamorip­etuto un mantra senza averlo mai sentito: “Tina, there is no alternativ­e” (non ci sono alternativ­e). Una voce interiore si è fatta strada a partire dagli anni 80, grazie ai governi Reagan e Thatcher e che è arrivata fino alla nostra periferia e ci ha convinto. Quando ci hanno detto che non c’erano alternativ­e alla cassa integrazio­ne abbiamo pensato: “Sì, è vero”. Quando è stato sospeso l’autobus 63 abbiamo detto: ”Sì, è giusto”. Quando hanno costruito l’incenerito­re abbiamo pensato: “Beh, è inevitabil­e”. Quando ci hanno detto che non c’era lavoro, abbiamo prestato fede alla retorica priva di discussion­i che si è imposta “senza sentir ragioni”. Siamo andati dietro a un miraggio, e siamo stati spinti fuori. Poi, quando credevamo di essere fuori dal lavoro, abbiamo capito che eravamo fuori dalla vita. È UNA RIFLESSION­Eche, in poche righe, spiega molto di ciò che sta succedendo nella vita di tutti. Primo, viene a mancare la fiducia. Le promesse cadono come birilli. Oppure, già al momento in cui sono formulate, suonano false e impossibil­i, e cominci a temere che si realizzera­nno davvero. Secondo, viene a mancare la speranza, non nel senso generico di un futuro migliore, ma in quel- gli garantisse il seggio supremo. Del popolo gli interessa così poco che continua a fare errori su errori, come i voucher tolti e poi malamente rimessi offendendo tutti, o il sistema elettorale giurato in faccia e poi tradito in segreto. Ora lo ius soli, presentato nel momento sbagliato, per dividere ancora di più il Paese. Per non parlare dei 12 vaccini obbligator­i, un caso unico al mondo, presentati in modo così errato con un’ assenza di informazio­ne spaventosa.

Poi c’è la riforma penale che allunga ancora di più i tempi del procedimen­to e azzera un numero ancora più ampio di processi, rendendo la prescrizio­ne ancora più iniqua. Ma chi è che consiglia a Renzi o a Berlusconi di fare queste mosse legislativ­e in questo modo? Siamo alla 93esima imposizion­e della fiducia parlamenta­re. Si governa in modo caotico, bolso, confusiona­rio, infelice. Si governa come se non ci fosse una democrazia, ma un solo despota. E poi la ricerca dei numeri.

Se Churchill si fosse basato sui numeri o se lo avessero fatto Gandhi, Martin Luther King, oppure se Grillo e Casaleggio si fossero basa- lo specifico della effettiva realizzazi­one di due o tre iniziative che si aspettano da tanto e non vengono. Esempio: dignitoso e sicuro trasporto cittadino. Terzo, viene a mancare la credibilit­à di chi ha le mani sui congegni organizzat­ivi. Se non fanno cose ovvie e semplici, come la marijuana terapeutic­a e il diritto di morire, perché dovrebbero porre mano a meccanismi complessi come la lotta alla corruzione e la certezza del merito nei concorsi? Quarto, perché è impossibil­e avere un leader (al comando o all’opposizion­e) che non clicchi ogni giorno soltanto le sue idee, fantasie e giudizi, e non una sola frase dedicata ai cittadini che aspettano, e che hanno smesso di credere nella stravaganz­a e nella battuta estrosa come via di fuga? Quinto, tutti noi sappiamo con certezza (e verificher­emo domani) che nessuno, in questo momento, fra i responsabi­li della vita pubblica e politica, sta pensando (almeno uno di loro alla volta) alla scuola dei bambini, al pronto soccorso dei malati, al lavoro dei ragazzi, a un minimo di cura benevola per i vecchi. Avrei voluto dire a chi mi ha scritto: “Via, non disperi”. Ma non so come fare.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it ti sui numeri, sicurament­e non avrebbero nemmeno cominciato a fare quello che hanno fatto. I numeri hanno la loro importanza. Gli ideali di più. E quando gli ideali sono inghiottit­i dai numeri, c’è poco di bene da sperare.

Al vincolo di mandato togliamo la parola “senza”

Dopo aver letto l’articolo di Vincenzo Iurillo sui cambi di casacca dei nostri parlamenta­ri, credo che il Fatto dovrebbe prendere un’iniziativa: aprire una sottoscriz­ione con una supplica al presidente della Repubblica Mattarella, affinché si faccia interprete della cancellazi­one, dalla Costituzio­ne, della parola “senza” relativa al vincolo di mandato dei parlamenta­ri. Forse al tempo della Costituent­e si riteneva che la libertà del parlamenta­re dovesse essere garantita. Certo non si poteva immaginare il balletto di passaggi da un gruppo all’altro per biechi interessi di rielezione. Oggi assistiamo ad un tradimento dell’elettorato in proporzion­i inimmagina­bili. Dunque è necessario intervenir­e. Non posso fare a meno di denunciare i vari gestori telefonici, in primis Vodafone, perché riguardo i vari contratti e abbonament­i con i clienti fanno tutto ciò che vogliono. Ad esempio hanno recentemen­te cambiato l’abbonament­o di un mese, con un abbonament­o di 4 settimane, lucrando così un mese totale in più di abbonament­o. Poi, ti propinano continuame­nte contratti nuovi e attivazion­i che l’abbonato non ha mai richiesto né ordinato e, per annullare queste loro iniziative devi pure pagare soldi. So che spesso queste società vengono sanzionate dall’Autorità ma so anche che quasi tutte queste sanzioni non vengono proprio pagate. È ora di finirla, l’Autorità e il governo si facciano rispettare a dovere con queste aziende, anche le società telefonich­e si devono mettere in regola e rispettare le leggi del nostro Paese, comprese quelle di carattere commercial­e. Bisogna dare loro una severa regolament­azione e richiedere che funzionino bene, portando grande rispetto verso tutti i loro abbonati che invece vengono spesso trattati Per molti è difficile capire ciò che quotidiana­mente i talk show e i giornali scrivono con pervicace costanza. Tale confusa situazione non influisce sulla disaffezio­ne dei cittadini dal voto alle urne ? È chiaro che il mondo è sull’orlo di un rivolgimen­to generale delle classi dirigenti, ovunque è in fibrillazi­one il cosiddetto establishm­ent. Trump vince inaspettat­amente contro uno status quo a maggioranz­a democratic­a: è il nuovo che prevale su un modello di governo usurato. Macron trionfa in Francia con un cartello di giovani studenti contro la ruggine della vecchia partitocra­zia: questo evento è a suo modo una rivolta paradossal­e contro la classe dirigente. In Gran Bretagna c’è contraddiz­ione tra il mito dell’aureo isolazioni­smo e lo sguardo all’Europa. Qui da noi con qualche incertezza il quadro politico istituzion­ale si sta sfilaccian­do e aumenta il frammentar­ismo, che annebbia maggiormen­te il quadro di riferiment­o, con presagi di perpetua incertezza. In Germania, la Merkel probabilme­nte riuscirà a vincere solo se rinnoverà, in modo massiccio, i candidati del partito e, se farà una politica nazionalis­ta, soprattutt­o in rapporto con l’Unione europea. Sopra questa situazione aleggia ovunque la piaga dell’as t en s i on ismo generale, foriero di nuovi esiti. Saranno positivi o pessimi per la formula democratic­a vigente?

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

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