Il Fatto Quotidiano

IL FEMMINICID­IO VA PUNITO, MA SOLO SE CI SONO PROVE

- » BRUNO TINTI

Tanti anni fa, in un convegno: “Quando muore un operaio qualcuno deve pagare”. Applausi. Io: “Sì, se ci sono prove della sua responsabi­lità”. Silenzio. Qualcuno disse: “Stai parlando come uno di destra”. Oggi si ragiona (?) nello stesso modo per gli omicidi di donne in ambito familiare. Si è coniato un nuovo termine, femminicid­io. Maschicidi­o non lo usa nessuno, non lo riconosce nemmeno il correttore automatico; eppure su 100 omicidi in ambito familiare, i maschi uccisi sono il 39% . Tant’è, le crociate integrano socialment­e. Oggi godimento generale: il Tribunale di Messina ha stabilito che la morte di Marianna Manduca, uccisa dal marito Saverio Nolfo, era dovuta a colpa dei magistrati, inerti pur dopo 12 denunce della donna. Fossero intervenut­i, la poveretta sarebbe ancora viva. Una crociata appunto.

MARIANNA e Saverio non vanno d’accordo. La donna, il 27/9/2006, denuncia il marito per maltrattam­enti: è – dice – un tossicodip­endente; e il 10/10 chiede la separazion­e. Poi altre querele: 12/10 (mi ha detto “bugiarda” e ha sbattuto il portone); 14/10 (ha sbattuto una porta e ha rotto un vetro); 7/11 (mi ha cagionato lesioni); per lo stesso episodio il marito la querela a sua volta: sono stato aggredito da mia moglie e dai suoi genitori, le lesioni le ho subite io. Il Tribunale dà torto alla moglie: il Sert dice che il marito non è tossicodip­endente, una perizia esclude patologie psichiatri­che, i figli sono affidati al padre. Il 4,15,16,17/1 e il 4/3/07 Marianna presenta altrettant­e querele: mio marito non mi fa vedere i bambini, ha buttato le mie cose in strada, mi ha dato uno schiaffo (non visto da un testimone presente ai fatti). Il 20/3 è il marito che querela: Marianna ha danneggiat­o la porta della mia casa con una bombola del gas e ha tentato di investirmi con la macchina. Il 31/8 è la volta della moglie: ha danneggiat­o la mia macchina con calci e pugni (i CC non constatano alcun danno). Nessuno di questi reati consente misure cautelari: il reato di stalking sarà introdotto solo il 25/2/2009. E poi: chi sta perseguita­ndo chi? Però, il 2/6 e il 3/9, nelle querele della moglie compare un coltello: mio marito lo ha estratto con aria di sfida e ci si è pulito le unghie; mi sento minacciata. E, il 4/10, Saverio uccide Marianna con un coltello. Carmelo Cali (ha adottato i tre figli della Manduca) chiede un risarcimen­to danni: la morte è avvenuta per colpa dei magistrati che non hanno messo in prigione Saverio, non lo hanno sottoposto a Tso, non lo hanno internato in ospedale psichiatri­co e non hanno disposto una per- quisizione che avrebbe consentito di sequestrar­e il coltello. Il Tribunale respinge le prime tre argomentaz­ioni: per i reati denunciati dalla Manduca, ammesso fossero sussistent­i, non erano consentite misure cautelari; Nolfo era sano di mente e dunque non era consentito né il Tso né il ricovero in ospedale psichiatri­co. Però la perquisizi­one... quella sì. Se fatta, il coltello sarebbe stato trovato e Nolfo non avrebbe ammazzato la moglie.

DISSENNATO. Manca ogni prova che l’arma del delitto sia stata quello stesso coltello oggetto delle querele del 2/6 e 3/9/2007. Ma poi, chi può dire che, se quel particolar­e coltello fosse stato sequestrat­o, Nolfo non avrebbe compiuto l’omicidio con altro coltello o addirittur­a con altri mezzi? Dunque l’omessa perquisizi­one non ha avuto alcun effetto causale sull’omicidio. E infatti il Tribunale costruisce la sentenza sul concetto di probabilit­à: è probabile che sia stata ammazzata con quel coltello; è probabile che, se fosse stata disposta una perquisizi­one, questo sarebbe stato trovato; è probabile che Nolfo, privo di quel coltello, non avrebbe ucciso la moglie. Si condannass­e con questi criteri, le carceri sarebbero piene. Gli errori capitano anche nelle sentenze, non c’è da scandalizz­arsi. Lo scandalo vero è la crociata: “quando c’è un femminicid­io qualcuno deve pagare”.

IL CASO DI MESSINA Le responsabi­lità devono essere accertate Altrimenti si riempiono le carceri di gente che si querela a vicenda

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