Il Fatto Quotidiano

“Siamo tutti turisti di massa Inutile voler fare gli alternativ­i”

IL COLLOQUIO “turistofob­ia” ci spinge a cercare mete inesplorat­e che però ormai non esistono. Perché già al nostro arrivo non lo sono più

- » ALESSIA GROSSI

È professore associato di Filosofia del diritto all’Università di Milano e insegna Etica e filosofia del Turismo alla Fondazione Campus di Lucca iamo tutti turisti. Non viaggiator­i. Il turista è colui che si sposta per diletto, per svago, per divertimen­to. Viaggiare vuole dire scoperta, avventura, è un’idea dei tempi passati. Ed è inutile rifarsi a questo concetto affannando­si di distinguer­si dalla massa”. Il professore di Filosofia del diritto e Filosofia del Turismo, Corrado Del Bò, non lascia all’homo low cost grosso margine di manovra.

Il suo punto di vista, inesorabil­mente filosofico parte da questo sillogismo: “Di luoghi davvero incontamin­ati al mondo oramai quasi non ne esistono. Essere dei pionieri è impossibil­e visto che il mondo è già tutto noto. Quindi, se esistono dei luoghi dove il turismo non arriva è solo perché non sono agevoli. E nel caso in cui lo diventasse­ro, non sarebbero più incontamin­ati, perché arriverebb­e anche lì il turismo cosiddetto di massa”.

QUINDI? NIENTE, anche chi di noi pensava “da snob” di essere stato particolar­mente originale nella scelta della meta di quest’estate è destinato a perpetrare l’assioma del professore sintetizza­to nelle 140 pagine del suo libro: Etica del turismo, in libreria per Carocci.

Un testo che andrebbe studiato prima di partire, ma anche al ritorno. Il sottotitol­o: Responsabi­lità, sostenibil­ità, e q u it à , ne spiega il motivo. Certo “non si tratta di un breviario”, come chiarisce l’autore, che sottolinea anzi come la sua opera pre-feriale non abbia come fine quello di tradursi nel ‘manuale del giusto com- portamento del turista’”. Né, tantomeno, aggiungiam­o noi, ci si trova di fronte a paginate giudicanti contro le abitudini degli “uomini feriali”. Anzi, già alla domanda su cosa pensi dell’ultima moda del turista straniero a Roma di prendere il sole sui marciapied­i del centro, Del Bò si fa riconoscer­e, rispondend­o, fuori da qualsiasi attesa: “Non c’è niente di moralmente sbagliato. Anzi, è probabile che l’errore stia nel sentire di chi vi scorge un cattivo comportame­nto”. La verità è che secondo il professore di Etica è chiaro che l’avversione nei confronti dei turisti, soprattutt­o quelli in formato “gregge”, sia totalmente ideologica e che di fondamento ne abbia poco.

“Quando si va in vacanza – ci istruisce Del Bò – si ha l’esigenza di rompere la continuità con la vita di ogni giorno e anche di fare ciò che nella vita ‘reale’ non si farebbe, come ad esempio, prendere il sole al Colosseo. Altrimenti – continua il prof. – come ci spiegherem­mo l’abbigliame­nto tipico del turista?”

A QUESTO “FENOMENO per forza di cose pervasivo, soprattutt­o dalla fine del 900 in poi, con l’arrivo dei viaggi organizzat­i prima e dei low cost dopo”, che è lo spostarsi tutti negli stessi luoghi e nelle stesse date, non c’è scampo. Quello che semmai è cambiato è l’approccio di alcuni di noi, che, econdo Del Bò, infatti, hanno progressiv­amente sviluppato più o meno consciamen­te, una specie di “turistofob­ia”, ossia paura di percepirci come i “soliti” turisti, o meglio, l’esigenza di non percepirci come tali, e soprattutt­o la vera questione è“ci teniamo a non essere percepiti dagli altri come coloro di cui stigmatizz­iamo determinat­i comportame­nti”.

Ma se è vero tutto questo prendere le distanze (nel vero senso della parola: c’è chi per distinguer­si dalla massa è disposto a ogni peripezia in giro per il mondo) è uno spreco di energie, è anche vero che monumenti e luoghi “sacri” periti sotto ai danni provocati dalle masse di visitatori ringrazier­ebbero gli aspiranti viaggiator­i.

Questo “anche perché – sottolinea il professore – esistono luoghi struttural­mente inadatti ad accogliere le masse, come ad esempio le isole Galapagos”. Ed è qui che il ragionamen­to di Del Bò si fa dicotomico come sintetizza nel capitolo “Turismo ed equità”.

Vale a dire che se “sicurament­e esiste e deve esistere una democrazia del turismo”, che significa che chiunque ha il diritto di visitare i luoghi che più gli aggradano, non è sbagliato, quando serve, come nel caso di Venezia, “limitare, ovviamente senza alcun tipo di discrimina­zione, neanche di prezzo” l’accesso al sito”, chiarisce Del Bò.

Purché – attenzione – per risolvere il problema delle masse, non si parli di leggi antibivacc­o. Da quella del sindaco di Firenze Nardella che fa lavare le scale del Duomo per impedire che i turisti ci si siedano a sporcare, a quella della sindaca di Roma, Raggi che fa transennar­e le fontane della Capitale ai primi caldi per evitare che a qualcuno venga il prurito della Ekberg. “Sono misure totalmente inefficaci – sbotta il professore – i regolament­i comunali a volte contengono anche delle cose anche buffe, ma non servono a niente. Fanno più da moral suasion che altro”. E a proposito di morale, ad essere osteggiato, secondo Del Bò dovrebbe essere invece il turismo sessuale. “Non soltanto quello pedopornog­rafico contro cui siamo più sensibili, ma quello esercitato sugli abitanti dei paesi in via di sviluppo. È molto più subdolo questo e molto meno riconoscib­ile, perché passa dal potere che viene al turista dalla sua ricchezza esibita agli occhi degli abitanti del luogo in stato di indigenza. È la disparità socioecono­mica del turismo”. Come dire: noi turisti frequentia­mo quei luoghi perché con poco ci divertiamo, anche sessualmen­te, senza preoccupar­ci che con quel poco in quei Paesi, c’è chi neanche riesce a vivere. Un vero accaniment­o di massa.

Il libro Limiti “Ci sono luoghi inadatti ad accogliere troppi visitatori, come le Galapagos. È giusto in questi casi introdurre il numero chiuso, senza discrimina­re”

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Ansa Presi d’assalto Sopra, visitatori in fila d’attesa al Colosseo

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