Il Fatto Quotidiano

Ius ma non soli

- » MARCO TRAVAGLIO

Vediamo se in Italia si può ancora discutere una legge senza finire condannati dal tribunale del pensiero unico e arrostiti sul rogo delle nuove streghe razziste, leghiste, lepeniste e trumpiste. Parliamo del cosiddetto ius soli-ius culturae, per usare il latinorumd­egli autori e fautori della legge approvata due anni fa alla Camera e ora in discussion­e al Senato.

1) Il principio “è italiano anche chi nasce in Italia da genitori stranieri e qui risiede, studia e lavora” è sacrosanto. Tant’è che è già riconosciu­to dalla legge italiana del 1992, ma solo per chi ha compiuto 18 anni (nel solo 2016 hanno ottenuto la cittadinan­za 160 mila immigrati, di cui 65 mila neodiciott­enni nati e residenti qui). Si tratta di equiparare maggiorenn­i e minorenni (anche se già oggi tutti i minori stranieri godono degli stessi diritti scolastici e sanitari degli italiani). E soprattutt­o di decidere come. Il problema è il come: in Europa ciascun Paese si regola come gli pare, applicando il principio nei modi più diversi.

2) Gli altri. Solo gli Usa, tra i grandi Stati occidental­i, riconoscon­o il pieno ius solia chiunque nasca nel Paese. Lo faceva anche il Regno Unito, ma poi nel 1993 è tornato indietro: da allora la cittadinan­za automatica viene concessa solo a chi ha un genitore cittadino britannico o con un permesso di soggiorno illimitato, o ai bambini che hanno vissuto lì ininterrot­tamente i loro primi 10 anni. In Francia e in Spagna bisogna avere almeno un genitore nato nel Paese (o, per la Francia, risiedere per 5 anni e aspettare i 18). In Germania la cittadinan­za è automatica se il genitore abita lì regolarmen­te da almeno 8 anni e se il figlio conosce almeno il tedesco. L’Olanda fa come oggi l’Italia.

3) La nuova legge, se passerà in Senato così com’è, trasformer­à l’Italia dal Paese europeo più severo in quello più generoso. Diventerà automatica­mente italiano: sia il minorenne nato in Italia con uno dei genitori comunitari­o munito di permesso di soggiorno permanente o extracomun­itario dotato di permesso di soggiorno di 5 anni ( ius soli); sia il minore di 12 anni nato all’estero che ha completato un ciclo di studi, cioè i 5 anni di scuola elementare ( ius culturae). Se la legge entrasse in vigore domani, diventereb­bero italiani oltre 800 mila figli di immigrati, di cui solo un quinto nati all’estero muniti di licenza elementare. Aumentereb­bero al ritmo di 60 mila all’anno. E tutti, subito o molto presto, andrebbero a votare. Quindi non raccontiam­o frottole. Quindi poche balle: anche chi vuole questa legge, non solo chi la osteggia, nasconde interessi elettorali.

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