Repubblica, De Benedetti e la tentazione di lasciare
L’Ingegnere vorrebbe dimettersi dalla presidenza e mettere al suo posto in consiglio Ezio Mauro, che però avrebbe rifiutato. Ma le trattative sono ancora in corso
ATorino va in scena l’ultimo atto delle celebrazioni per i 150 anni della Stampa, in una lunga giornata di incontri con molti ospiti internazionali, tra direttori e amministratori di quotidiani. Titolo, anzi title: “The future of newspapers”. A chiudere gli anglofoni lavori, l’intervento del presidente del gruppo nato dalla fusione di S t a m pa ed E s p r e sso-Repubblica, Carlo De Benedetti. Forse l’ultimo discorso dell’Ingegnere da presidente: voci sempre più insistenti lo dicono stanco e insofferente. E non per l’età (81 primavere), ma soprattutto per le difficoltà della sua amatissima Repubblica, dove un anno e mezzo fa si è insediato Mario Calabresi, succeduto alle direzioni di Ezio Mauro e del fondatore Eugenio Scalfari, entrambe felicemente longeve.
I guai, lo sappiamo, sono sistemici: i giornali perdono copie, l’emorragia di lettori è un problema comune ( ahinoi). Repubb lica però perde particolarmente. Secondo i dati Ads, nell’aprile 2016 il quotidiano di Largo Fochetti vendeva 212mila copie, scese a 181mila a marzo 2017 e a 177mila in aprile. Il diretto concorrente, il Corriere della Sera ne gli stessi periodi fa numeri diversi: 208mila ad aprile di un anno fa, poi 200mila a marzo scorso e 201mila ad aprile. Secondo molti, fra cui probabilmente anche l’I n g egnere, la perdita tanto copiosa di copie si deve anche a uno smarrimento identitario del giornale simbolo della sinistra italiana.
NEL DISCORSOdi ieri De Benedetti ha lanciato una proposta: “Convocare gli stati generali della nuova stampa aperti a ogni categoria che vuole partecipare per ripartire dalla qualità”. L’intervento è incentrato sul concetto di good enough, l’abbastanza buono. Di notizie “abbastanza buone” ( e che non costano praticamente nulla) siamo invasi. Come competere? “Nel mondo del buono abbastanza gli editori devono riconquistare la fiducia del pubblico. Nessun modello di business può funzionare se concorre con un prodotto che ha il costo pari a zero. Dobbiamo produrre notizie che facciano la differenza e questo può farlo solo una struttura professionale. Il Finita,
causa dimissioni, la bufera su Antonio Campo Dall’Orto, altre nubi si addensano sulla Rai, questa volta sulla presidente Monica Maggioni (ieri in audizione in commissione di Vigilanza Rai). Finita nel mirino per una serie di viaggi (almeno una decina) per la presentazione del suo libro a spese di Viale Mazzini.
NEL 2015, infatti, viene data alle stampe la sua ultima fatica letteraria, Terrore mediatico, pubblicata da Laterza, saggio sull’uso dei media da parte dei terroristi islamici e dell’Isis. Alla pubblicazione, come sempre in questi casi, seguono una serie di appuntamenti in giro per l’Italia per la presentazione. E fin qui tutto bene. Senonché un articolo de La Verità nel maggio scorso ipotizza che i tour pubblico deve sapere che nei nostri contenuti può trovare informazione con controllo, trasparenza e ammissione pubblica di errore”. Un passaggio, quest’ultimo, che è stato letto come una frecciatina nemmeno tanto velata a Mario Calabresi, recentemente protagonista di uno scontro con il Movimento 5 stelle. Giovedì scorso Repubblica dava notizia, in apertura di giornale, di un incontro tra il segretario della Lega Matteo Salvini e Davide Casaleggio. Entrambi hanno categoricamente smentito, sono volate parole grosse. E proprio ieri Casaleggio ha annunciato di aver intentato una causa civile contro il direttore: “Non accetto che dopo aver inviato la rettifica Calabresi mi dia del bugiardo sulla base di presunte ‘ fo nt i ce rte’ (...) È passata quasi una settimana e Calabresi si è ammutolito, le fonti certe sono scomparse rendendo chiaro a tutti il ‘metodo Repubblica’: pubblicare notizie false in prima pagina, citare presunte fonti certe, tirarsi indietro davan-
Lo strappo Domani la riunione del cda in cui potrebbe avvenire l’avvicendamento
letterari della Maggioni non siano avvenuti a spese sue e nemmeno dell’editore Laterza, ma a carico di mamma Rai, cioè dei cittadini italiani, che nel frattempo si sono ritrovati pure a dover pagare il canone in bolletta.
Ora, perché la tv di Stato dovrebbe finanziare i viaggi della Maggioni per presentare un libro che con la Rai non c’entra nulla? L’interrogativo è rimbalzato in commis- ti a un fact checking pubblico e lasciare il dubbio nelle persone che un fatto possa essere vero anche se non lo è”.
MA SE DE BENEDETTI davvero lascia, chi prenderà il suo posto? Non il figlio Rodolfo, cui l’editoria non è mai interessata. Sembra che l’Ingegnere l’abbia chiesto a Ezio Mauro (il che sarebbe l’implicito commissariamento di una direzione non saldissima). L’ex direttore avrebbe rifiutato, ma De Benedetti non pare essersi ancora arreso. L’altra opzione potrebbe essere offrire all’ex direttore la vicepresidenza. Sarebbe, in ogni caso, il “modello Fatt o ri ”: Giorgio ( il direttore con cui Mauro cominciò alla Stampa), che nel negli anni Ottanta divenne presidente e ad della Rizzoli. In quel momento il direttore del Corriere era Ugo Stille, ma era il suo vice Giulio Anselmi a“fare” il giornale. E non è un segreto che molte delle decisioni giornalistiche passavano attraverso un’idea di Fattori.
Lo strappo si potrebbe consumare già domani, giorno di convocazione del consiglio di amministrazione. Ma solo a patto che Ezio Mauro pronunci un identitario sì.
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