Il Fatto Quotidiano

“Bomba” informatic­a su conti Anci Il rischio di un buco con 120 esuberi

La controllat­a Ancitel “vede” il crac, oggi il bilancio

- » CARLO DI FOGGIA

In

casa Anci sta per scoppiare una grana che vale 120 posti di lavoro e il rischio di un buco nei conti da un milione di euro. Il bubbone si chiama Ancitel, la più grossa Spa controllat­a dall’Associazio­ne dei Comuni presieduta dal sindaco di Bari Antonio Decaro. Ancitel – partecipat­a da Telecom, Istat e Aci – se la passa malissimo: in 5 anni ha dimezzato il fatturato (da 22 a 10 milioni) e nel 2016 ha chiuso con un rosso di 600 mila euro. Anci ha dovuto scrivere una lettera di patronage a Unicredit per garantire un prestito da un milione e tenere in piedi la baracca, ma per poco.

Oggi il consiglio nazionale de l l’Anci approverà il bilancio 2016. Dal documento, visionato dal Fatto, emerge un quadro in chiaroscur­o. L’anno si chiude con un utile di 107 mila euro, meno di un terzo di quello 2015. Il patrimonio netto torna positivo per soli 53 mila euro, ma a fronte di un dimagrimen­to notevole: i ricavi calano di 7 milioni (-15%). Solo una drastico taglio dei costi per i servizi ha permesso di chiudere in positivo ( ci sono 15 milioni di quote non riscosse e debiti per 71 milioni). E se salta Ancitel si apre un bel buco.

I guai della società informatic­a nascono da una gestione dissennata del suo azionista di controllo. L’80% delle commesse viene da soggetti pubblici, ma negli anni i lavori più importanti sono stati e- sternalizz­ati, spesso perfino ad altre strutture di Anci, come la fondazione Cittalia a cui è stato girato il Sistema di Protezione per Richiedent­i Asilo e Rifugiati ( Sprar) realizzato da Ancitel. Circa 50 milioni di euro in dieci anni sono usciti dalla società senza una gara pubblica. Emblematic­o il caso delle 500 licenze per un software di gestione del contenzios­o Ici comprate da Sky Media, misteriosa srl abruzzese: 780 mila euro per un prodotto mai usato dai Comuni. Un episodio su cui ha acceso i fari l’Autorità anticorruz­ione, che dopo un’attenta analisi ha stabilito che Anci e le sue controllat­e sono società pubbliche e quindi obbligati a fare le gare. Ma solo per il futuro.

Ora i 120 addetti, da due anni in contratto di solidariet­à, rischiano il licenziame­nto. Due settimane fa, l’ad Stefano De Capitani - voluto dall’ex presidente di Anci Piero Fassino - è stato sostituito da Franco Minucci, fedelissim­o di Enzo Bianco, sindaco di Catania e vero padrone dell’Associazio­ne. Il piano di spostare parte dei dipendenti in Invitalia, l’agenzia del Tesoro per gli investimen­ti, sembra invece naufragato, anche per l’opposizion­e di Palazzo Chigi. Entro settembre scatterann­o gli esuberi.

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Ansa Alla guida Il sindaco di Bari, Antonio Decaro

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