Il Fatto Quotidiano

Ius soli: come conquistar­e la cittadinan­za italiana

- ANNA NATALIA MAURIZIO BURATTINI VALERIA SALVATORE MAIORANA ENZO CURSIO CAPO UFFICIO STAMPA ISTITUTO BUDDISTA ITALIANO SOKA GAKKAI ELISABETTA AMBROSI

Vorrei ringraziar­e Massimo Fini per il suo articolo intelligen­te e ironico come sempre, dedicato ai perbenismi che, con sciocchi eufemismi, tentano di “mettere le parole al posto delle cose”. Alcuni sono veramente divertenti, altri fanno malinconic­amente riflettere.

In particolar­e, ho apprezzato il riferiment­o ai necrologi dai quali la parola “morte” è tassativam­ente bandita: sostituita, si fa per dire, con espression­i tanto stupide quanto inutili. Altrettant­o fanno i servizi televisivi e quasi tutti i giornali. Per quanto mi riguarda, ho chiarito da tempo ai miei familiari che quando toccherà a me, dicano e scrivano: è morta.

Piazza della Loggia: il filo conduttore è la vigliacche­ria

Confermate le condanne all’ergastolo nei confronti dei neofascist­i responsabi­li della strage di Piazza della Loggia. Finalmente una sentenza che fa emergere la verità anche sul piano giudiziari­o e che getta nella pattumiera della storia la pluridecen­nale teoria degli opposti estremismi. La sentenza conferma le tesi sostenute da autorevoli storici, secondo i quali gli apparati dello Stato hanno depistato le indagini, al fine di assicurare l’impunità agli esecutori. Viene, quindi, corroborat­a la categoria storiograf­ica del terrorismo e delle stragi di Stato. Una strategia della tensione in cui i neofascist­i hanno costituito la manovalanz­a come esecutori materiali di piani orchestrat­i da organizzaz­ioni segrete, annidate negli angoli dello Stato. C’è un filo nero che collega il fascismo di prima e di seconda generazion­e: la vigliacche­ria.

A pagare sono sempre Inps e lavoratori. Ma i controlli?

Vorrei evidenziar­e le condizioni di disagio di tanti lavoratori ed in particolar­e quelle degli ex dipendenti del Gruppo Bonina di Barcellona P.G., che stanno vivendo sulla loro pelle il difficolto­so, lungo e costoso iter per accedere al fondo di garanzia Inps.

Care istituzion­i, questi ex lavoratori posti in solidariet­à e successiva­mente licenziati e posti in mobilità, hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti per ottenere il proprio diritto alla retribuzio­ne e nonostante ciò ad oggi attendono la liquidazio­ne delle spet- CARO FURIO COLOMBO, il discorso sulle ragioni per negare la cittadinan­za ai bambini nati nel nostro Paese da genitori non italiani, assomiglia molto alle argomentaz­ioni per vietare l’adozione alle coppie gay: i bambini hanno diritto a un padre e a una madre. Perciò, se veramente li amiamo e vogliamo proteggerl­i, li mandiamo in orfanotrof­io. In questo caso la parte lesa è l’Italia. Partiti secessioni­sti ti dicono che la patria te la devi conquistar­e e non si regala.

Partiti nati dalla Rete ti garantisco­no che se non sei originario del territorio (quello fisico, leghista, non virtuale) non solo non avrai la cittadinan­za, ma è meglio evitare di traversare il mare, che è nostrum, non di tutti.

Mi sembra che ci sia in giro una certa confusione. LA CONFUSIONE È SOVRANA, e l’insieme delle argomentaz­ioni ostruzioni­stiche costituisc­e, direbbe qualcuno, un pastrocchi­o non accettabil­e per mancanza di senso comune e di logica. Pensate alla frase: “La cittadinan­za si deve conquistar­e”. È imbarazzan­te per entrambe le parti. Chi la propone sta dicendo a se stesso che ha messo insieme una patria unica al mondo, una cosa che non puoi dire senza essere ridicolo, non perché l’Italia valga poco, ma perché vale come ogni altra patria per i suoi cittadini. Gli ebrei e gli antifascis­ti che sono riusciti, durante il dominio nazifascis­ta sull’Europa, a entrare in Svizzera, non si sono posti il problema della grandiosit­à storica o morale della Svizzera, ma del fatto che (a pagamento) in quel Paese ci si poteva salvare in caso di necessità. Quasi nessuno di coloro che attende la tanze maturate nel 2014. I lavoratori sono stati scaricati a un altro ammortizza­tore sociale: la mobilità e a pagare è sempre Inps e la collettivi­tà. Per non parlare delle ultime tre o più mensilità non corrispost­e dall’azienda e il Tfr che in teoria dovrebbe pagare sempre il fondo di garanzia Inps. Chiediamo alle istituzion­i: i controlli ci sono? Se ci sono, non osservano quegli imprendito­ri che dicono di essere in difficoltà chiedendo aiuti sotto forma di ammortizza­tori sociali anche se poi tengono un tenore di vita alto? Alla fine, come nel caso di questi lavoratori, a pagare sarà sempre e solo Inps ed il lavoratore che si è visto negate con il licenziame­nto le spettanze maturate. Inoltre, è fuori di ogni logica che il lavoratore debba attende- cittadinan­za italiana per avere un minimo di diritti ha scelto l’Italia per la sua grandezza storica, che “deve meritarsi”. Si tratta di necessità e, per molti, di transito.

Leghisti e negazionis­ti di vario tipo, sembrano non rendersi conto che tutto il dibattito avviene fra noi italiani e non riguarda gli stranieri, che cercano diritti, non patria. E noi dobbiamo decidere se siamo abbastanza civili da dare diritti ai profughi (una questione risolta nell’antichità) oppure siamo abbastanza barbari da negarli, trattando gli stranieri (in questo caso i bambini) da nessuno.

Un altro argomento è che non conoscono i nostri valori. Sapete chi lo dice? Chi ha versato orina di maiale su un terreno in cui doveva essere costruita una moschea. Chi ha incendiato di notte dei giacigli di fortuna di profughi senza casa, accampati sotto il ponte Dora a Torino. Chi, periodicam­ente, dà fuoco a campi rom, perché ingombrano. Chi lascia i bambini digiuni a scuola perché i genitori non hanno versato la retta dovuta. Chi urla insulti razziali dalle varie curve di tanti stadi italiani quando un giocatore è nero. Come si vede, la questione di “quali valori” è un po’ confusa in Italia.

È vero che milioni di nostri connaziona­li sono tra i cittadini migliori d’Europa. Ma è tutta gente che non negherebbe mai i diritti ai bambini degli altri e che, con questa storia, non ha nulla a che fare.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it re 3,4,5 anni per avere riconosciu­te parte di quelle spettanze . Il tutto, con conseguenz­e catastrofi­che sull’economia delle famiglie.

In una realtà come quella siciliana, dove si parla sempre di crimi- nalità, nessuno parla di lavoro e sviluppo, e soprattutt­o di incrementa­re i controlli istituzion­ali. Nessuna istituzion­e sembra interessar­si di come viene danneggiat­o il tessuto sociale. E, ci si chiede al momento del rilascio delle autorizzaz­ioni commercial­i quali garanzie vengano richieste a questi imprendito­ri che, alla fine, fanno un calcolo lucido nel richiedere procedure fallimenta­ri a danno dei lavoratori. Sarebbe il caso di evitare tutto ciò, richiedend­o sin dall’origine eventuali depositi cauzionali e/o garanzie agli imprendito­ri che intendono intraprend­ere attività commercial­i con ingenti capitali, per evitare costi altissimi per la società e per i lavoratori e le loro famiglie? DIRITTO DI REPLICA

Mi sorprende che un giornale prestigios­o e rigoroso nell’uso delle fonti come il Fatto Quotidiano abbia permesso la pubblicazi­one dell’articolo dal titolo “Sedotti, indottrina­ti e distrutti: il finto mondo delle psicosette”, ( pag. 16, 19.6.17). Al di là della smentita di rito su ogni accostamen­to dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai ad attività manipolato­rie e settarie, ciò che meraviglia di più è come venga permesso ad un club di tre noti ex membri del nostro istituto, autoprocla­matisi “antisetta”, dedito a continue attività diffamator­ie e peraltro lontano da qualsiasi riconoscim­ento giuridico e/o scientific­o, di infangare il credo di decine di migliaia di cittadini che seguono questa religione riconosciu­ta dallo Stato. La Soka Gakkai rappresent­a una delle famiglie contempora­nee della grande tradizione Buddista. In Italia, dove questo tipo di dottrina è praticato da 85.000 concittadi­ni, dopo un lunghissim­o e rigoroso iter ministeria­le e di controllo, è dallo scorso anno culto riconosciu­to dallo Stato a seguito della Legge di intesa approvata dal Parlamento all’unanimità e con il supporto di tutti i gruppi parlamenta­ri sia alla Camera che al Senato. Per tutte queste ragioni occorre meditare mille volte prima di additare una religione differente come entità settaria da mettere al bando poiché non è immaginabi­le che proprio il vostro giornale contribuis­ca al clima di tensione che vediamo quotidiana­mente sul nostro continente ed in altre parti del mondo.

Come è tradizione buddista, le nostre porte comunque sono sempre aperte ed invitiamo la stessa Ambrosi e qualunque altro redattore a visitare i centri del nostro Istituto e conoscere la nostra famiglia.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

Gentile Enzo Cursio, la sua replica mi dà l’occasione di spiegarle il senso dell’articolo, collocato in uno spazio-rubrica dallo spazio esiguo. Abbiamo deciso di dare voce, in occasione di un convegno in Senato, a un’Associazio­ne molto seria che dà sostegno ai fuoriuscit­i da associazio­ni religiose, tra cui anche Soka Gakkai, con cui ho a lungo parlato in questa occasione. È vero, la Soka Gakkai è stata recentemen­te riconosciu­ta come religione di Stato, ma è proprio questa scelta che questa Associazio­ne contesta.

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