IL RISVEGLIO DI VERDINI, STAINO E CALENDA
Ve lo ricordate Risvegli, quel film con De Niro catatonico che si sveglia grazie a un nuovo farmaco? Avete presente la scena in cui inaspettatamente afferra la palla che gli viene lanciata? Anche in politica – senza medicinali prodigiosi, basta una sconfitta o un po’ di vanità – assistiamo a tre incredibili reviviscenze dal torpore renziano.
La prima, Verdini. Nel giorno in cui il Tribunale di Firenze rende note le motivazioni della condanna in I grado a 9 anni – per la guida “imprudente quanto ambiziosa” e “in spregio delle regole” del Credito fiorentino – il sempiterno senatore, già padre costituente, lungi dal finire nella polvere, ci spinge dentro Renzi. Intervistato dalla Sibilla Rignana Meli, rivela che fu Matteo a dirgli di non entrare nel governo Gentiloni, perché “voleva un governo fragile”, che Mattarella gli aveva promesso elezioni a giugno e che “pensava solo alle urne”. Ma dai! E noi che credevamo che Renzi lasciasse la politica, come promesso. Poi confessa: “Sul piano politico abbiamo disinnescato il potere di interdizione di Bersani & Co. e siamo stati i guardiani del riformismo e del renzismo” e ora, il guardiano, mica può essere scaricato come un amante qualunque, no? “Renzi è ancora l’unica speranza per questo Paese. Bisogna aiutarlo a non rintanarsi nel suo Pd e a sinistra”: lancia qualche sassolino per distogliere il pupillo da Pisapia, “ex sindaco di 68 anni cui ha offerto una coalizione nazionale, e quello se la tira pure…”.
Altro autorevole risveglio, il min. Calenda: nominato da Ren- zi rappresentante dell’I ta li a all’Ue (non senza polemiche) e poi allo Sviluppo economico, ha cominciato ad aprire gli occhi già il 5 dicembre, per poi spalancarli con la conferma di Gentiloni. Ma ora è passato dal trotto al galoppo contro Renzi con tanto di sassaiola: nella prossima Finanziaria bisogna “ridurre le tasse sulle imprese non l’Irpef”; i bonus “non rilanciano i consumi, come abbiamo visto”; “questo Paese non può essere governato senza corpi intermedi”. Quando il premier Matteo diceva “Giù l’Irpef”, approvava i bonus e attaccava i sindacati, evidentemente dormiva.
Ma il risveglio più entusiasmante è dell’ex direttore de L’UnitàStaino. Lo storico vignettista di sinistra, sempre dalla parte dei lavoratori, ancora qualche settimana fa si schierava contro lo sciopero dei redattori e le loro “vuote parole sindacalesi”: “Inutile richiamarsi in continuazione alla classe operaia fino a identificarsi con questa senza tenere alcun conto delle lezioni che ci sono sempre venute dalle grandi lotte sindacali. Cervello, colleghi, cervello è la cosa di cui più abbisogniamo”. Il suo, però, pare essersi riconnesso solo adesso se – dopo aver diretto per mesi il quotidiano del Pd, fatto campagna per il Sì e attaccato la Cgil – ora che il giornale è fallito, a mo’d’illuminazione, ha capito che Renzi “è un bugiardo seriale”, “ignorante dal punto di vista storico, impulsivo, rancoroso, senza nessuna esperienza profonda, non conosce la politica, scappa quando dovrebbe esserci, ed è soprattutto bugiardo: dice consapevolmente delle menzogne”,“si deve dimettere!”. Bobo rinato D’Alema?
Pare davvero Risvegli: afferra la palla, rilancia la palla. Salvo che nel film dura poco e alla fine il paziente torna a fissare il vuoto.
COSÌ È LA POLITICA Basta una sconfitta o un po’ di vanità e assistiamo a tre incredibili reviviscenze dal torpore renziano