Il Fatto Quotidiano

La Regina trasforma la May in fantasma

In Parlamento Elisabetta non parla quasi dell’agenda del nuovo governo

- » SABRINA PROVENZANI

Theresa

May esce da Downing Street diretta in Parlamento per l'inizio della nuova legislatur­a e un uomo le grida: “Il tuo primo e ultimo Discorso della Regina, vero?”. È la sintesi della giornata di ieri: un Parlamento appeso, un governo di minoranza, un Paese tramortito da troppa incertezza e violenza, l’idea di un orizzonte breve, d’emergenza. Anche il cerimonial­e è sottotono: per la prima volta da 43 anni la Regina è in abiti “borghesi”, accompagna­ta dal figlio Carlo perché il principe Filippo è in ospedale per “precauzion­e”.

Jeremy Corbyn non si inchina ai Reali, come sempre, e soprattutt­o ora che tanta coerenza ne fa il vincitore politico. La Regina legge un testo preparato da ciò che resta dello staff della May. Dell’ambizioso ma controvers­o programma presentato un mese fa non resta niente: niente grammar school, niente ridimensio­na- mento dei privilegi dei pensionati (comunque un’idea diversa di politica sociale), niente eliminazio­ne dei pranzi scolastici gratis che doveva liberare 650 milioni da reinvestir­e nel sistema educativo, nessun accenno alla visita di Trump. Non resta niente di May, perché è opinione comune, fra la gente e a Westminste­r, che abbia i mesi (giorni?) contati.

Fra le novità, introdotte in risposta al disastro di Grenfell e agli attacchi terroristi­ci, un avvocato pubblico indipenden­te per le vittime e un’apposita commission­e antiterror­ismo che dovrebbe lavorare a una nuova, più dura strategia contro l’estremismo.

NEL SUO INTERVENTO, la May ha chiesto scusa alle vittime di Grenfell ammettendo il “fallimento dello stato, locale e nazionale”. Mentre parlava, centinaia di persone marciavano da Kensington a Downing Street chiedendo le sue dimissioni e giustizia per la strage.

Ciò che resta è Brexit, con 8 disegni di legge sui 27 totali, ed è ancora, a parole, la hard Brexit dei toni bellicosi della prima ora. “La priorità per il Regno Unito è arrivare al migliore accordo per l’uscita dalla Ue con il massimo del consenso”, legge la Sovrana, ma sono confermati il “Repeal Bill, cioè la rimozione dall’ordinament­o britannico del Trattato Istitutivo della Comunità europea, l’uscita dall’unione doganale e dal mercato unico. Il piano è rinegoziar­e tutto e legiferare su tutto, dall’immigrazio­ne alle sanzioni internazio­nali alla pesca, e sarà da capire quanto di tanta durezza dovrà ammorbidir­si nello scontro con la realtà.

Se la May non riesce a trovare un accordo con i 10 parlamenta­ri del Democratic Unionist Party, che chiedono 2 miliardi per garantire l'appoggio esterno al governo, come uscirà dalle trattative con i 27 paesi dell’Unione?

Lo ha suggerito Corbyn, che ha promesso battaglia, sottolinea­ndo come il primo ministro abbia perso il proprio mandato e la propria autorità: “Noi non siamo l’opposizion­e, siamo un governo in attesa”.

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LaPresse La regina con Carlo e Corbyn che non china la testa
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In borghese

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