“Boom economico buon tema. Studenti senza strumenti”
“Un tema bello, quello sul boom economico, ma troppo difficile per gli studenti privi degli strumenti, ai quali la storia contemporanea è stata insegnata poco e mal e”. Marco Revelli, professore di Scienza della politica all’Università del Piemonte Orientale, dà il suo voto alla traccia storica della prima prova della maturità 2017: “Hanno scelto due autori eccellenti, Piero Bevilacqua e Paul Ginsborg. Non si poteva scegliere di meglio”. Tuttavia trova riduttivi gli estratti: “Sono descrittivi, mentre gli autori nei loro lavori interpretano in modo più critico il fenomeno e ne descrivono anche le contraddizioni interne”. Professore, un tema sul boom economico in tempo di crisi: giusto? Sarebbe stato meglio se agli studenti fosse stato dato uno strumento per leggere questo momento. C’è il rischio che il giovane di oggi pensi a quel periodo come a un’età dell’oro e non veda come quel periodo abbia preparato il terreno per le rovine di oggi: i capannoni dismessi, le aree impoverite e deindustrializzate come la periferia di Torino, l’asse Torino-Milano, la Brianza e il triangolo industriale che allora fu l’epicentro.
Come possono interpretare ciò? Gli studenti di oggi sono nipoti delle persone che hanno vissuto il boom. Avranno sentito i racconti dei nonni sul progresso economico?
Se i docenti hanno lavorato sulle memorie intergenerazionali, allora gli studenti hanno ottenuto gli strumenti per capire quegli anni, ma non so quanti insegnanti abbiano avuto il tempo di lavorarci in questo modo. La storia contemporanea, d’altronde, è molto marginalizzata.
Come cambierebbe questo insegnamento?
Basterebbe che fosse considerata materia di rilievo, non marginalizzata rispetto ad altre materie strategiche. Invece abbiamo generazioni senza tempo per le quali le stagioni prima della loro nascita sono scono- sciute e non sono in rapporto con ciò che loro vivono oggi. Lo vedo nei miei studenti: ciò che è successo prima degli anni Settanta, Ottanta e Novanta è equivalente alle guerre puniche.
Il richiamo all’emigrazione del passato, nel testo di Bevilacqua, può spingere a una riflessione diversa sulle migrazioni di oggi? Dipende molto dai ragazzi, ma d’altra parte le condizioni sono diverse: allora il lavoro e anche gli scioperi permisero una grande integrazione dei meridionali; oggi questo avviene in casi molto rari. Non ci sono più quelle fabbriche e in certi casi la forza lavoro dei migranti è al limite della schiavitù. Uno scenario molto diverso.
Nel testo di Paul Ginsborg si parla di un’economia materiale legata soprattutto alla Fiat, che ora non c’è, mentre gli operai sono molti di meno. Cita anche l’Olivetti, due modi diversi di concepire l’impresa. Bisogna aver letto la splendida Storia d’Italia di Ginsborg per cogliere la citazione. Per questo temo che sia stato un tema poco scelto vista la scarsità di riferimenti. È stata una gran bella occasione, forse sprecata, ma vedremo in questi giorni quanti studenti l’hanno colta.
Il fatto che all’esame di Stato si parli degli anni del boom economico in questi termini e non si parli, per fare un esempio, dell’autunno del 1969, cosa significa? Lo Stato vuole “imporre” una visione economica positiva?
Quell’immagine del boom può portare a una sorta di accanimento terapeutico, far preferire un paradigma sociale diverso, un modello basato sulla crescita rapidissima, sulla produzione massiccia di beni di massa, una cosa oggi improponibile. C’è il rischio di ricreare il mito dello sviluppo accelerato.
Può portare frustrazione alle generazioni che vivono tempi molto diversi?
Certamente! E alimenta demagogia e illusioni, fustigatori di gufi e professori.