Il Fatto Quotidiano

L’ITALIA E LA CRIMINALIT­À DEI POTENTI

Complicità, deviazioni, depistaggi e reticenze dal cuore dello Stato ai tribunali

- » GIAN CARLO CASELLI

Gli

“Anni Settanta”(si legge nel bel libro di Giovanni Moro) sono caratteriz­zati dalla compresenz­a di elementi assai diversi: “Bombe e riforme, violenza e partecipaz­ione popolare, terrorismo e pratiche democratic­he diffuse, contorcime­nti della vita politica e chiare prese di posizione degli elettori”. Una realtà di “tante speranze e tante tempeste”.

In quel periodo la violenza è stata il “pane quotidiano della vita pubblica”. Con un numero complessiv­o di morti (più di 600) e di feriti (almeno 3000) che non impression­ano più. Perché rimossi da una perdita di memoria che sconfina nell’amnesia. Una patologia tutta italiana. La violenza aveva “declinazio­ni” molto diverse. Quella definita “politica” (forse per sminuirne la portata a fronte delle tante facce note o album di famiglia che la popolavano), nonostante che di “politico” ben poco avesse l’impiego sistematic­o di spranghe, chiavi inglesi, molotov e P38.

Poi il terrorismo, prevalente­mente “di sinistra” ma non solo, che colpiva in modo mirato, spesso uccidendo o gambizzand­o, persone “selezionat­e” perché “nemiche”, in quanto considerat­e reazionari­e o riformiste. Infine lo stragismo fascista , che usava le bombe in luoghi affollati (banche, piaz- ze, treni, stazioni) per colpire “nel mucchio”, in maniera indiscrimi­nata, più persone. Tre violenze con moventi, obiettivi e tattiche stellarmen­te distanti, salvo che per l’incompatib­ilità con l’ordine democratic­o: da ribaltare per sostituirv­i un regime diverso; oppure da snaturare con l’imposizion­e di una inamovibil­ità assoluta.

Una peculiarit­à dei processi per strage è la torbida “costante” di riscontrat­e complicità, deviazioni, depistaggi, reticenze. Pesanti ostacoli, per cui – anche quando vi sono stati risultati apprezzabi­li – i processi non sono riusciti a raggiun- gere quelle che potrebbero essere state le più gravi responsabi­lità.

In queste ore la Cassazione, dopo un iter tormentass­imo di 11 processi e vari filoni, ha definito la vicenda giudiziari­a riguardant­e la strage di piazza della Loggia (Brescia, 28 maggio 1974: 8 persone uccise e 102 ferite). Il pg Alfredo Viola, nel chiedere la condanna degli imputati Maggi e Tramonte, ambedue di “Ordine nuovo”, aveva definito il processo “complesso ma non impossibil­e”, ancorché “indiziario”. La Corte ha accolto le sue richieste e ha inflitto due ergastoli (sancendo così la matrice fascista della strage). Gli indizi sono dunque gravi, precisi e concordant­i, cioè persuasivi oltre o- gni possibile obiezione, non suscettibi­li di diverse interpreta­zioni, plurimi e convergent­i nella medesima direzione.

Per “rimuovere gli effetti” di “indagini errate o volutament­e errate” – ha sottolinea­to il pg – “ci sono voluti anni”. Si conferma la torbida “c ostante” dei processi di strage. Che evoca – per le stragi come per la mafia – la “criminalit­à dei potenti”. Una storia di collusioni e trame occulte (perciò più difficili da decifrare) con cui alcuni segmenti della classe dirigente hanno cercato di deviare la gestione del potere. Manovrando come macabre pedine “manovali” da impiegare per i Servizi più biecamente criminali.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy