“La sinistra è all’anno zero e il Vinavil non incolla tutto”
Gianni Cuperlo L’esponente della minoranza Dem era a Milano per sentire Renzi: oggi invece sarà al raduno di Santi Apostoli
Da solido uomo di sinistra, Gianni Cuperlo può apparire come uno Stakanov vocato al martirio, in questo caldo finesettimana d’inizio luglio. Ieri è stato a Milano, per sentire Matteo Renzi, al forum nazionale dei circoli del Pd. Oggi, invece, sarà a Roma per la manifestazione antirenziana di Giuliano Pisapia (e Pier Luigi Bersani) in piazza Santi Apostoli, un tempo simbolo dell’Ulivo. Alle ultime primarie del Pd Cuperlo ha sostenuto Orlando. Da Milano a Roma: lei riesce a trovare un filo tra queste due iniziative che sembrano guardarsi in cagnesco?
Mi ostino a distinguere tra la realtà e ciò che servirebbe. La realtà è che siamo all’anno zero del centrosinistra ma senza ricostruire un’alleanza larga nel Paese il rischio di consegnare l’Italia alla destra è enorme. Forse il filo che lega quelle due iniziative sta qui. Dov’è la sua tenda oggi, onorevole Cuperlo, per usare la metafora prodiana più gettonata di questo dibattito?
Nel campeggio più grande e popoloso che è ancora il Pd. Ho fatto ogni sforzo per non rompere quella comunità ma la fatica è grande perché si ha la percezione che alcuni al vertice pensino come Arbore che “meno siamo meglio stiamo”. Io invito a ragionare e a non sottovalutare l’esodo di voti e iscritti perché viviamo un tempo dove i partiti da tempo non sono più delle chiese.
Santi Apostoli, da piazza dell’Ulivo a piazza rossa e antirenziana: i toni dei bersaniani sembrano chiari. Vogliono essere alternativi a Renzi. E il proporzionale non ha bisogno di coalizioni o primarie.
È vero ma non possiamo neppure far dipendere il destino del centrosinistra dalla sola legge elettorale. Io mi batterò per un sistema che recuperi le coalizioni ma alla fine devi decidere chi sei, chi vuoi rappresentare. Non dobbiamo sommare le sigle ma costruire l’alleanza sociale che può rimotivare un mondo oggi frantumato e deluso. Lei, Orlando, Zingaretti farete parte della pattuglia del Pd in piazza. Sognate un ponte unitario in questo caos: ma è possibile fare una coalizione di centrosinistra se Renzi non fa un passo indietro? Il Vinavil prodiano cosa deve incollare? Il Vinavil non incolla il marmo. E allora se a contrapporsi sono dei blocchi di granito il mastice non basta. “M ors tua, vita mea” è la negazione di una sinistra che si ricompone col suo popolo. La sola alternativa è partire da un’agenda di traguardi e valori partecipati. Su quella base si decidono le alleanze e il lea- der più capace di federare. Da Prodi a Veltroni è tutto un pressing dei padri nobili per non far morire il Pd e il centrosinistra e liberarli da Renzi. Adesso c’è anche la sponda del solito Franceschini. Ma Delrio, altro big alla finestra, appare più tiepido. Concretamente dove porterà questo dibattito secondo lei? Magari di coalizione di centrosinistra si potrà parlare solo dopo le elezioni politiche, nel nuovo Parlamento.
Prodi e Veltroni sono il Pd. Ne hanno incarnato l’anima e se alzano la voce per dire che quel progetto rischia di snaturarsi il minimo è prestare orecchio. A meno di ri- durre tutto a tattica, un’alleanza è forte se racconta al Paese perché nasce e per fare cosa. E bisogna fare ogni sforzo perché questa chiarezza si faccia prima del voto e non a urne chiuse. Ammesso che riesca il miracolo di una coalizione e al di là della personalità di Renzi: come conciliare una visione laburista alla Corbyn (pure Prodi lo cita) dopo tre anni di riforme blairiane? Dalla scuola al lavoro si tratta di ripartire dalle macerie. O no?
Io difendo le cose buone che si sono fatte, dai migranti al contrasto alla povertà fino ai diritti civili, alla lotta al caporalato o alla legge sugli eco reati. Ma onestà è dire che la ricetta economica di questi anni non ci ha guidati fuori dalla crisi peggiore della vita. Si è sciupata una congiuntura storica unica con tassi bassissimi e il bazooka di Draghi. Discontinuità significa correggere gli errori e farlo non per abiura ma nell’interesse di chi è rimasto indietro, a cominciare da una guerra morale alla diseguaglianza. L’antirenzismo sarà il vero discrimine della piazza di Pisapia?
Spero che l’anima, il respiro e l’ambizione di quella piazza siano diversi. Il discrimine della sinistra è contrastare le ricette della destra. Poi io mi batto per una svolta radicale del Pd e la chiedo sui contenuti, sulla dignità del lavoro, sulla progressività del fisco, sul più grande piano di sicurezza del territorio mai pensato.
Che accoglienza vi aspettate? I più maliziosi vi diranno che volete tenervi una porta aperta qualora Renzi riuscisse ad arrivare da segretario alle urne.
Penso che i valori di quella piazza uniranno chi ci andrà. Quanto alla malizia: sto nel Pd non per fede. Ci sto con lealtà e non accetto che cambi la sua natura. Per me vuol dire che non si deve tornare a governare con pezzi della destra magari per scelta e non per necessità. Renzi ha vinto il congresso ma le primarie hanno deciso un segretario, non un padrone. Vent’anni fa, fu un giovane Cuperlo, in una riunione a piazza Santi Apostoli, a proporre La Canzone popolare di Ivano Fossati come inno del centrosinistra. A Milano, lei ha sentito Un mondo migliore di Vasco Rossi. Oggi toccherà a E io ci stodi Rino Gaetano. Chi le piace di più?
De André.
Si ha la percezione che alcuni al vertice pensino come Arbore che ‘meno siamo meglio stiamo’ Onestà è dire che la ricetta economica di questi anni non ci ha guidati fuori dalla crisi peggiore della vita