Il Fatto Quotidiano

Johnny Lo Zingaro è scappato di nuovo

Giuseppe Mastini, ergastolan­o, ieri non si è presentato al lavoro. Dalle rapine a Pasolini. Era già evaso anni fa

- » RITA DI GIOVACCHIN­O

Johnny

lo Zingaro, alias Giuseppe Mastini, ergastolan­o di lungo corso è evaso dal carcere di Fossano, ultimo domicilio conosciuto di un fantasma del passato che tra rapine, inseguimen­ti e sparatorie ha ispirato film e canzoni. Il nostro Dillinger si è dileguato durante un permesso premio, doveva rientrare ieri mattina alla scuola di Polizia di Cairo Montenotte dove lavora ma forse ha preferito farsi una “passeggiat­a in un prato” come disse in un'intervista.

NON È LA PRIMA volta che evade Johnny. A 15 anni riuscì a scappare dal carcere minorile romano di Casal del Marmo dove era finito a 11 anni per una rapina con sparatoria, vittima un povero autista dell'Atac, Vittorio Bigi, cui era riuscito, complice un coetaneo, a rapinare 10 mila lire e un orologio. Poi lo uccisero e sotterraro­no in una strada di campagna. La seconda, ancor più spettacola­re, fu dal carcere di Pianosa. Ma nell’estate 1983 fu riarrestat­o dopo una sparatoria con la polizia. Quattro anni più tardi ottenne una licenza premio per buona condotta, in definitiva il feroce Mastini è sempre stato un detenuto modello, ma proprio durante questa licenza, nel marzo 1987, si rese protagonis­ta di una sanguinosa scorriband­a che si concluse con la cattura anche di Zaira Pochetti, figlia di un pescatore di Passo Scuro. I mesi trascorsi con lui, braccato dalla polizia, avevano segnato la ragazza che morì pochi mesi dopo.

Una vita maledetta. Da giovane, a Casal Del Marmo, fece amicizia con

Pino Pelosi, una volta fuori conobbe anche i fratelli Borsellino al Tiburtino, che era poi la zona dove la sua famiglia di zingari Sinti, giostrai, viveva. I tre furono poi coinvolti nelle indagini su delitto Pasolini, un'ombra si allungò anche su Johnny noto per la sua ferocia. “S c emenze, io quella notte all'Idroscalo non c'ero”, ha giurato in un'intervista mentre piangeva per il tanto versato. Era il 1998, aveva 38 anni, ne aveva già trascorsi 23 in carcere. Nel frattempo si era sposato con una bidella che non era sfuggita al suo fascino da pellerossa. Una moglie che ha incontrato di rado e sempre sotto lo sguardo vigile di un agente di custodia.

Dopo Vittorio Bigi, l'autista, toccò a Vittorio Buratti, con- sole italiano in Belgio, durante una fallita rapina in una villa di Sacrofano: il diplomatic­o tentò di reagire e fu freddato.

E VENIAMO alla folle notte del 24 marzo 1987. “Ero strafatto di coca, whisky e tavor. Mi inseguivan­o, mi vogliono ammazzare, pensavo”. Con lui c'era anche la povera Zaira. Una folle notte di fughe, spari, inseguimen­ti che costarono la vita all'agente Michele Giraldi che con un collega aveva tentato di bloccarlo. La macchina di Johnny si era fermato, lui tentò di fuggire, poi si voltò e con una 357 magnum, sparò come un pazzo. "Se non fossi finito così avrei potuto essere un buon pilota, alla guida ci sapevo fare”, dice ancora. Giurava di essere cambiato.

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Ansa In fuga Johnny lo Zingaro

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