Chi di fake news ferisce, di fake news perisce. O vince
CARO FURIO COLOMBO, mi pare che un po’ alla volta il corpo estraneo Trump stia forzando il suo Paese stupito e disorientato ad accettarlo. LA DISTANZA FRA TRUMP E L’AMERICA, così come (pregi e difetti) l’ha fatta la sua Costituzione e la sua storia, resta grande. Però è vero che, fra i corpi istituzionali e i gruppi di opinione pubblica americani, soltanto il mondo dell’informazione resiste. Al presidente degli insulti e delle fake news i parlamentari democratici (cioè un’opposizione minoritaria ma ricca di voci) appaiono intimiditi e intenzionati a scansare lo scontro, e i giudici sono stati temporaneamente bloccati dal nuovo “justice” (giudice della Corte Suprema) uomo di Trump che, nominato finalmente al livello giudiziario più alto, ha ridato maggioranza allo schieramento di destra. Resta la profonda e vistosa non corrispondenza fra una persona chiamata Trump, che non comunica con la politica ma solo con i tweet, che ha una politica interna basata sulla punizione (la cancellazione della legge Obama sulle cure mediche garantite) e una politica estera che resta misteriosa e coperta perché mai annunciata, composta di episodi contraddittori (vietare l’ingresso negli Usa a tutti i cittadini di sette Paesi islamici, e stabilire l’alleanza del secolo con l’Arabia Saudita dove cambia all’improvviso l’erede al trono, subito dopo il passaggio di Trump). Poi c’è il sottostrato misterioso di eventi e persone che hanno avuto a che fare, e hanno a che fare, con la Russia di Putin. La strana piattaforma sommersa si basa su tre pilastri: l’interferenza pesante, evidente ma finora non dimostrata, nelle elezioni presidenziali e nella vittoria di Trump.
La diffusione di massa delle “fake news”, che hanno profondamente distorto il paesaggio delle informazioni americane, in un miscuglio di attivismo in cui non si è rintracciata finora la distinzione fra “notizie false” distribuite dai russi e notizie false di origine americana (di cui sono specialisti alcuni attuali consiglieri della Casa Bianca). E una rete di rapporti forse finanziari, forse politici, ma sempre segreti o negati o camuffati, fra certi russi del governo, della diplomazia, dei servizi segreti, e certi americani, tutti parte della campagna elettorale di Trump e quasi tutti, adesso, nella sua Casa Bianca. È nota la serie di documentatissime accuse giornalistiche. È nota l’inchiesta in corso, sia in Parlamento che per iniziativa dell’Fbi (tutti ricordano la cacciata di Comey, primo a iniziare l’inchiesta). Ma, in modo strano e difficilmente narrabile in un libro o in un film, la vita continua, il presidente resta presidente ed esercita il suo potere sia pure in modo ondivago, tra frenate e rincorse, e clamorosi cambiamenti di umore, sempre con consiglieri privati (la sua famiglia) e senza avere alcun rapporto con la politica. Fra lo Stato russo e l’immagine ufficiale degli Stati Uniti vi sono, qua e là, brevi scontri clamorosi e teatrali che sembrano organizzati per il pubblico del mondo, affinché possa dire: “Ah, vedi, non sono amici!”. E, il racconto incredibile, fra spionaggio, sbandamento e accorta copertura di eventi, forse imminenti e di piena sorpresa, continua. Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
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