Il Fatto Quotidiano

SIMONE VEIL, LA PRIMA VOCE CHE MANCHERÀ

- » FURIO COLOMBO

Simone Veil lascia, al momento della sua morte, tre grandi immagini: la de p o r t a t a d i A uschwitz, la protagonis­ta politica donna di una Francia nel tumulto del cambiament­o, la prima presidente del Parlamento europeo. Le tre immagini formano una vita unica che non potrà essere dimenticat­a. Anche perché ciascuno dei personaggi che vivono in lei pretende la propria parte di presenza e lascia il segno. La sopravviss­uta di Auschwitz (di tutta una numerosa famiglia lei sola e una sorella ritornano) diventa la custode della memoria e la fondatrice della Fondazione della Shoah (molto prima che si diffonda l’impegno della ricostruzi­one degli eventi e del ricordo). Ed è toccato a lei, liberata ad Auschwitz il 27 gennaio insieme con Primo Levi, battersi per far diventare quella data (che era già in discussion­e e poi approvata all’unanimità, al Parlamento italiano) il Giorno della Memoria europeo. Il suo primo impegno è stato di magistrato.

MA IL SUO SLANCIO costruttiv­o e creativo l’ha spinta in modo quasi inevitabil­e nella grande politica che avrebbe cambiato la Francia con una serie di governi non dimenticat­i. Il suo primo incarico istituzion­ale è stato di ministro della Salute. In quella veste, in difesa appassiona­ta dei diritti delle donne, è riuscita a dare alla Francia la prima legge sull’a bo r to , contro una opposizion­e violentiss­ima. Simone Veil portava con sé non solo il passato della persecuzio­ne ma anche la forza e la volontà di cambiament­o. E per questo il Parlamento europeo, nel 1979, l’ha eletta all’unanimità primo presidente di quella assemblea e prima donna al vertice di una grande assemblea. Il Parlamento europeo era allora una speranza che non si è mai realizzata, la speranza che sangue e cuore d’Europa sarebbero confluiti per creare un organo vitale prima inesistent­e, capace di superare ciò che nella nascente Unione Europea sembrava ancora artificial­e o estraneo alla vera vita dei cittadini dei Paesi membri. La Veil ha dato il molto che sapeva, e il molto che era. Portava a questo suo grande incarico la doppia forza di donna e di sopravviss­uta, oltreché il suo peso morale e culturale. Sono stati giorni che molti rimpiangon­o e che non hanno assomiglia­to mai, neppure un momento, ai tristi giorni che da tempo segnano la vita di un Parlamento allo sbando segnato dalle bravate dei leghisti italiani, dei lepenisti francesi, dei brexit inglesi. Eppure quella missione è riuscita solo in parte. E il soffio di vita di Simone Veil al Parlamento europeo, non è passato e non è durato. Soprattutt­o non ha smosso la sterilità di quest’organo consultivo che disprezza se stesso e detesta prendere posizioni coraggiose e difficili.

DA QUESTO PUNTOin avanti, Simone Veil è il grande personaggi­o cercato da governi e governanti, da Giscard d’Estaing a Balladur, da Chirac a Sarkozy. Lascia il suo segno morale ma sempre meno il suo segno politico. La Francia però intende rendere onore a una grande francese. Simone Veil diventa, nel 2008, Accademica di Francia, eletta quasi all’unanimità. E la sua voce è rimasta, in tutti questi anni, un riferiment­o e una guida non solo per la Francia, non solo, a giudicare dalla stampa americana, nel giorno della sua morte, per gli europei.

TRE ANIME IN UNA Deportata e sopravviss­uta al campo di Auschwitz, protagonis­ta della politica francese, presidente donna del Parlamento europeo

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