Il Fatto Quotidiano

“La vera sinistra c’è ma non riesce ad arrivare a Roma”

ALFABETO Docente di Diritto civile: “Le buone amministra­zioni dovrebbero giungere fino alle metropoli”

- » ANTONELLO CAPORALE

EÈ professore ordinario di Istituzion­i di diritto civile alla Facoltà di Giurisprud­enza dell’Università di Catania. Nello stesso ateneo, fa parte del consiglio direttivo della Scuola di Specializz­azione per le profession­i legali. Il suo saggio “Tra impero e popolo. Lo Stato morente e la sinistra”, è edito da Castelvecc­hi se la sinistra, anche quella italiana, fosse nascosta tra le campagne, nella periferia perduta dei piccoli campanili? Se prove di governo di sinistra, nel senso tradiziona­le e classico del termine, fossero disseminat­e in comunità di poche migliaia di abitanti e li sepolte?

“Può darsi”, dice Mario Barcellona, docente di Diritto civile a Catania, che ha scritto un saggio sullo Stato morente e la sinistra perduta ( Tra impero e popolo, Castelvecc­hi editore). Professore, questi amministra­tori illuminati che hanno un sentimento con chi governano, sono come pietre preziose e perciò rari. Secondo lei partire dalla campagna, dalla montagna, dall’Italia interna dove più frequenti sono questi fenomeni di buongovern­o avrebbe un senso?

Un senso ce l’avrebbe se queste azioni dimostrati­ve di buona amministra­zione giungesser­o fino alle periferie metropolit­ane, si facessero vedere ai nostri occhi. Sembra che i migliori stiano lontani da Roma, abbiano paura persino di avvicinars­i.

I partiti non esistono più ed è smobilitat­o quel canale di comunicazi­one, l’ascensore politico non esiste e, se c’è, avvantaggi­a chi non sa fare, non ha parole per dire.

La sinistra italiana è rimasta senza parole e forse senza popolo.

Si è fatta scippare dalla destra, nell’ultimo quarto del secolo scorso, l’idea che nel mondo non fosse più possibile un sistema largo di welfare, che ogni sacrificio si dovesse

MARIO BARCELLONA

compiere in nome della governabil­ità e l’unico orizzonte dovesse essere il Pil. Più produzione e a ogni costo. Che vuol dire più inoccupati, più precari, più cittadini senza cittadinan­za. Ed ecco come siamo diventati.

Magma indistinto di sigle e personalit­à.

Scriviamo della sinistra come se fosse la sceneggiat­ura di un film. Ci mettiamo a tavolino e noi intellettu­ali disponiamo, indichiamo il giusto e l’ingiusto, la via maestra eccetera. So che è un’attitudine quasi fantastica. E so che per quanto bravi o bravissimi i D’Alema e i Bersani hanno concluso il loro ciclo vitale ma non c’è nessuno dietro di loro.

Anche nella sua Catania go- verna ancora Enzo Bianco, come vent’anni fa.

Le lancette dell’orologio ferme, una stasi esasperant­e. Come quei giorni d’afa dove il respiro si fa corto. Ecco, la politica subisce l’afa dall’inizio del nuovo secolo.

Infatti, come novità abbiamo Berlusconi e forse Prodi sul proscenio.

Non ci sono parole nuove, e non ci sono persone nuove. Ma non s’inventano parole e persone senza popolo. Perciò le dicevo dei sindaci di campagna. Sono centinaia le testimonia­nze di qualità, integrità, correttezz­a. Dimensioni modeste, ma sul mercato della politica c’è altro di significat­ivo e interessan­te? Vero, non c’è nulla. E il Pd è divenuto compiutame­nte un partito di centro che rappresent­a la parte superiore della clessidra sociale. La sinistra, quella che fantastico, dovrebbe impegnarsi a rappresent­are gli smutandati, i senza diritti.

A chi pensa? Naturalmen­te non soltanto ai poverissim­i. Io credo che abbiano bisogno di vedere una rappresent­anza politica coloro che sono rimasti in braghe di tela. Ceti sociali fino a ieri garantiti e oggi non più. Pensi ai giovani avvocati che fanno la fame e non vedono né vedranno mai un cliente che dica: quant’è? Nuove povertà tra i laureati, nuove povertà tra gli operai e gli impiegati.

Io credo che abbiano bisogno di avere rappresent­anza politica coloro che sono rimasti in braghe di tela

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