Il governo contesta la legge che tutela i precari
Sanità del Lazio Ai 20 mila esternalizzati la Regione riconosce un punteggio nei concorsi. L’esecutivo si appella alla Consulta
Poche righe nascoste nel chilometrico ordine del giorno del Consiglio dei ministri convocato mercoledì. Tanto basta per far arrabbiare migliaia di precari esternalizzati della sanità laziale. Lavoratori, alcuni all'opera da quasi 20 anni, con i quali l'amministrazione di Nicola Zingaretti aveva preso un impegno: nei prossimi concorsi per le assunzioni la loro esperienza nel servizio pubblico avrebbe migliorato il punteggio. Questo prevede una legge regionale approvata due mesi fa. Tale norma, però, sarebbe incostituzionale secondo il governo che l'ha rimandata alla Consulta. Ora i giudici potrebbero abrogarla e costringere medici e infermieri “ap- paltati” a giocarsela alla pari con tutti gli altri nelle future selezioni.
Questo tipo di reclutamento è iniziato nei primi anni 2000. All'inizio vi si ricorreva per sopperire a momentanee emergenze. Poi, con il blocco del turn over e i vincoli sul personale, è diventato quasi la regola. Anche negli ospedali e ambulatori del Lazio si è creato il precariato storico che interessa varie figure professionali: medici, terapisti, psicologi, infermieri, ausiliari. Lavorano tutti a contatto con i pazienti e hanno quindi accesso a dati sensibili. Svolgono le stesse mansio- ni dei loro colleghi, solo una cosa li distingue: non hanno un contratto di pubblico impiego con le annesse tutele. Nella maggior parte dei casi sono dipendenti di cooperative che hanno ottenuto l'appalto, qualcuno lavora da autonomo a partita Iva. La differenza con chi affiancano quotidianamente si riversa pure nel trattamento economico: “Guadagnano il 40% in meno rispetto a noi – spiega Graziella Bastelli, coordinatrice sanitaria al Policlinico Umberto I di Roma – ma solo perché non rientrano nelle nostre trattative decentrate. Fanno però lo stesso lavoro”. Non è facile quantificarli, ma una stima approssimativa li avvicina a 10 mila. “Nel mio reparto – spiega la dottoressa – arrivano al 70% e in tutta la struttura sono 800. Gente che abbiamo formato e alla quale il governo non vuole riconoscere un punteggio per l'esperienza”.
LE LOTTEdei mesi passati hanno convinto la Regione a venire incontro a questi precari. Il 2 maggio ha approvato una norma che recita così: “Al personale impiegato in forme riconducibili a processi di esternalizzazione nell’a s s istenza diretta o indiretta ai pazienti del servizio sanitario regionale, sarà riconosciuto, nelle procedure concorsuali, un punteggio relativo agli anni di lavoro svolto”. Non una stabilizzazione diretta, insomma, ma solo punti in graduatoria. Per il governo Gentiloni, su proposta del mini- stro per gli Affari regionali Enrico Costa, questa norma “non è conforme alla normativa statale sui concorsi nelle Asl pubbliche”; così si legge nell'impugnativa molto contestata dalla Camera del lavoro autonomo e precario. “È un regalo al privato – conclude Bastelli – Se internalizzassimo quelle persone, miglioreremmo la loro condizione lavorativa e risparmieremmo soldi pubblici perché non pagheremmo più le intermediazioni alle cooperative”.