Il Fatto Quotidiano

È un comandante italo-ucraino il killer di Rocchelli

Nel 2014 L’uomo, arrestato ieri, presidiava la torre di radio e tv Per la morte del fotoreport­er è accusato di omicidio volontario

- » DAVIDE MILOSA

Ci siamo messi in fila indiana (…) , a un certo punto abbiamo sentito che ci stavano sparando con dei kalashniko­v, ci siamo buttati in un fosso profondo tre metri. Cessati i colpi di arma leggera, iniziavano i colpi di mortaio. Le esplosioni continuava­no con cadenza regolare con aggiustame­nto del tiro che si avvicinava sempre di più a noi. Tra il sibilo e il colpo passavano tre secondi”. Cronaca di un’esecuzione. Così viene ucciso il fotoreport­er di Pavia Andrea Rocchelli. Con lui muore l’interprete russo Andrej Mironov. Chi racconta quei secondi finali è il giovane cronista francese William Reguelon. Era con loro, si è salvato.

IL 7 APRILE SCORSO, davanti al colonnello del Ros di Milano Paolo Storoni, ricorda quegli istanti: 24 maggio 2014, vallone di Sloviansk, nella regione ucraina del Donbass. Si combatte da gennaio. Dal sangue versato a Kiev in piazza Maidan il conflitto tra i separatist­i filo-russi e l’esercito ucraino si è allargato. Quel giorno i giornalist­i sono lì per documentar­e i danni della guerra. Indossano abiti civili, sono arrivati a bordo di un taxi. Eppure vengono colpiti. Da allora sono passati tre anni di buio e silenzio. Di rogatorie senza risposta in Ucraina come anche in Francia. Quelle morti sembravano destinate a restare senza colpevoli. E invece no. Alla fine il filo è stato raccolto. Venerdì, poco prima delle 20, all’aeroporto Marconi di Bologna, gli sforzi sono stati premiati. Il Ros di Milano su delega della Procura di Pavia ha fermato Vitaliy Markiv, ucraino classe ‘89 e nazionalit­à anche italiana. Fu lui, secondo l’autorità giudiziari­a, a coordinare il fuoco contro i gior- nalisti. È accusato di omicidio volontario. Mentre Reguelon ha chiesto di essere difeso penalmente dalla giustizia italiana. Quel 24 maggio, il giovane Markiv è al comando di una batteria di paramilita­ri ucraini. Stanno appo- stati sulla collina Carachun. Presidiano il ripetitore della tv di Stato. Oltre alla ferrovia, verso la fabbrica Zeus Ceramica ci sono i filo-russi. Reguelon non ha alcun dubbi: il fuoco che li ha colpiti è filo-ucraino. Posizione che coincide con quella di altri due cronisti. Sono Marcello Fauci e Ilaria Morani. Fauci è in contatto con Markiv. È una sua fonte. Subito dopo la morte di Rocchelli lo chiamano. Lui conferma di essere al comando del plotone che “controlla la torre-tv”. Spiega: “Qui non si scherza non bisogna avvicinarc­i, questo è un luogo strategico”. Le parole ricordate dai cro- nisti vengono riportate nelle 12 pagine di ordinanze con cui venerdì il gip di Pavia ha firmato l’arresto dell’italo-ucraino. “Marcello Fauci ha ricordato che l’uomo aveva detto che in quei giorni sparavano a tutto ciò che si muove- va”. Conclude il giudice: “Un’azione così articolata non poteva essere compiuta senza il supporto di colui che comandava il plotone”. Markiv non solo era il comandante, ma da quando, nel gennaio 2014, è arrivato in Ucraina ha scalato i vertici dell’esercito. Prima della guerra, il ragazzo ha vissuto in Italia, a Tolentino nelle Marche. Ci arriva a 13 anni con la mamma ucraina e la sorella. La donna si sposa con un uomo del paese. A 18 anni Markiv ottiene la nazionalit­à italiana. Non colleziona precedenti e si inserisce. Tenta, senza riuscirci, di arruolarsi nel nostro esercito

DALLE MARCHE SI SPOSTA a Rimini. Qui lavora in una palestra, fa il personal trainer, ma anche il Dj. Nel 2014 parte. Non tornerà più fino all’arresto. Arriva a Kiev, va in piazza, non ha armi, solo bastoni. Lo chiamano “l’Italiano”, lo parla perfettame­nte con inflession­e romagnola. Entra nella Guardia nazionale coordinata dal governo. Il Ros, poi, attiva le intercetta­zioni. Da queste emerge l’abitudine dei soldati ucraini di portare in tasca una granata per non farsi prendere. In un’altra telefonata alla madre dice: “Il comportame­nto dei soldati dipende dal comandante. Bisogna tenere la disciplina e dare l’esempio”. Mentre di lui il suo patrigno spiega: “Sta facendo l’accademia per diventare ufficiale, quelli sparano là”. Venerdì Markiv è giunto in Italia con la moglie per passare le vacanze con la famiglia. A luglio sarebbe ritornato in Ucraina. Da ieri si trova nel carcere di Pavia.

In Italia faceva il Dj Prima della guerra, Markiv ha lavorato nelle discoteche di Rimini e come personal trainer

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Combattent­e Vitaliy Markiv con al divisa del’esercito ucraino

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