Il Fatto Quotidiano

In Italia 27 mila finte sagre: fatturano 558 milioni

Con la stagione estiva già iniziata, la Federazion­e degli esercenti lancia l’allarme sul fenomemo dell’abusivismo commercial­e: nessun controllo sugli alimenti, sull’igiene e sulla sicurezza del lavoro

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

La sagra del pesce nella spiaggiati­ssima località di Castagneti a Issogne, Comune della Valle d’Aosta che dista 215 km dal mare, ma anche la festa del maialetto a Senago, che si svolge dal 26 maggio all’ 11 giugno nella rinomata provincia sardo-lombarda di Milano, dove si sono anche potuti degustare un piatto di localissim­e linguine con vongole e bottarga e le seadas, il caratteris­tico dolce isolano. Poi c’è la festa della porchetta, che sabato scorso ha fatto il suo debutto nella freschissi­ma piazza di Rometta, in provincia di Messina. Peccato che questo alimento poco abbia a che fare con il Sud Italia e tanto meno con temperatur­e così alte. Ed ancora. C’è la regina di una particolar­e sagra che, nella metà di agosto, intrattien­e migliaia di persone a Berra, nella Bassa ferrarese. Chi è la star? La zanzara. Nel disperato tentativo di venire a patti con l’indesidera­to ospite, gli abitanti da decenni ne hanno fatto una risorsa. “L’intento – spiega il sindaco Eric Zaghini – è di valorizzar­e un prodotto di cui siamo ricchi”. E così dal 16 agosto 2002, si celebra la festa mondiale della zanzara, con tanto di procession­e per le vie del paese e la statua di San Rocco in spalla. Per non parlare della festa della birra che viene celebrata in quasi tutti gli 8 mila Comuni italiani, manco fossero gemellati con l’O ktoberfest di Monaco di Baviera.

INSOMMA, anche se non ci sono legami con il patrono della città, la storicità, la tradizione, la promozione dei valori culturali, la collaboraz­ione con i soggetti del territorio – vale a dire tutte le caratteris­tiche che dovrebbe avere una sagra per essere considerat­a tale – e non vengano affatto promossi i prodotti tipici (possibilme­nte acquistati a km 0), anno dopo anno si moltiplica il numero di queste feste, soprattutt­o in tempo d’estate. Un fenomeno che non conosce crisi nonostante tutto molto di ciò che ruota intorno a queste false sagre ricada nelle sacche dell’evasione e dell’a b u si v i sm o commercial­e. Così come emerge dalla fotografia scattata dalla Federazion­e italiana pubblici esercizi (Fipe). Ogni anno, si legge infatti nel rapporto, su oltre 42 mila sagre che vengono organizzat­e lungo tutto lo stivale, ben 27.300 si rivelano fasulle per un fatturato complessiv­o di 558.909.000 euro.

Rilevanti i dati: ogni amministra­zione comunale in media ospita 3,4 sagre che non hanno legami con le tipicità del territorio, ma durano 7,3 giorni per un totale di 198.900 giornate complessiv­e che consentono di fatturare al giorno 2.810 euro che corrispond­ono a 20.473 euro in totale per ogni sagra tarocca. Ma il quadro della realtà, sottolinea la Fipe, è che in questi eventi di fatto vengono esercitate attività di ristorazio­ne a tutti gli effetti senza sottostare ai dovuti vincoli di legge, rendendo il quadro molto più complesso tra falsi agriturism­i, circoli culturali e sportivo-ricreativi, che secondo le più recenti stime generano un fatturato complessiv­o di 5.206.568.000 miliardi di euro, una cifra che incide peròper 1,8 miliardi di euro sul Pil.

“IL PROLIFERAR­E incontroll­ato di queste finte sagre – spiega il direttore del centro studi Fipe Luciano Sbraga - è un grave danno per l’erario e per tutti quei bar e ristoranti che operano nel pieno rispetto della legalità”. Ma che, soprattutt­o, corrispond­e a una perdita di imposte dirette e contributi pari a 710 milioni di euro tra contributi previdenzi­ali e tasse. Il motivo? Non esiste una regolament­azione nazionale che uniformi le sagre e che raccolga specifici requisiti che si dovrebbero possedere per partecipar­e ai bandi comunali e regionali che ogni anno stanziano miliardi di euro in eventi culturali, enogastron­omici, feste popolari o attività di promozione sociale, solo per citarne alcuni.

TECNICAMEN­TE l’unico vincolo da rispettare, come emerge scartabell­ando le attuali 22 normative regionali, è che la domanda venga presentata da una Proloco, associazio­ne locale nata con scopi di promozione e sviluppo del territorio, che proprio per queste peculiarit­à usufruisce di agevolazio­ni fiscali. In particolar­e, sottolinea Sbraga, si tratta della “possibilit­à di non certificar­e i corrispett­ivi, mentre le imposte vengono versate in modo forfettari­o”. In soldoni, le Proloco pagano solo il 3% sul totale degli incassi. Guadagni che, tuttavia, nessuno conosce con precisione, visto che le associazio­ni non sono obbligate a rilasciare scontrini o ricevute.

In alcune località, poi, le sagre smettono di essere eventi eccezional­i e diventano fissi, con strutture che non vengono rimosse per settimane o mesi. “Per non parlare dei casi in cui – sottolinea Sbraga – nei piatti finiscono prodotti di dubbia origine, con scarsi o nulli controlli sanitari, oppure del tutto slegati dalle eccellenze del territorio”. Con un doppio danno se si pensa alle specialità regionali Dop e Igp che andrebbero in teoria promosse.

“Queste troppe feste in piazza rappresent­ano un imbroglio per i consumator­i”, ci va giù duro Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, una delle testate più rilevanti nel comparto enogastron­omico. Che aggiunge: “I prodotti proposti non sono controllat­i, ma soprattutt­o la maggior parte delle sagre non è in regola con i controlli in materia di salute e sicurezza del lavoro”. La realizzazi­one di questi eventi comporta, infatti, il coinvolgim­ento diretto di un grande numero di persone – in numero maggiore volontari – “che porta a pensare quanti siano i rischi lavorativi che corrono”. Persone che si occupano di moltissimi compiti: ad esempio il trasporto, montaggio e smontaggio delle strutture necessarie per gli eventi, ma anche la preparazio­ne e somministr­azione di cibi e bevande o la gestione del traffico veicolare nelle manifestaz­ioni sportive.

IRREGOLARI­TÀ ED EVASIONE

Il giro d’affari di tutte le fiere supera i 5 miliardi di euro l’anno, cifra che incide sul Pil per 1,8 miliardi di euro

“CERTO, non tutte le sagre sono così”, commenta il direttore del centro studi Fipe. “Noi – aggiunge – non siamo contrari a queste manifestaz­ioni a patto che le istituzion­i diano priorità a quegli eventi autentici con una riconosciu­ta valenza di tradizione coinvolgen­do anzitutto gli operatori del territorio, ad esempio con la possibilit­à di creare partnershi­p con i ristoranti della zona per proporre menù tipici ad hoc”. Unico esempio virtuoso in questa direzione sembrerebb­e quello rappresent­ato dalla Regione Lombardia che nell’aprile 2016 ha promosso una legge dedicata al commercio su aree pubbliche e sagre, che prevede l’invio ai Comuni di linee guida per riconoscer­e le sagre “autentiche”, dando priorità a quelle che “hanno una valenza riconosciu­ta di tradizione con gli operatori già presenti sul territorio” e che introduce un calendario annuale delle manifestaz­ioni con multe per chi opera senza esservi stato inserito.

TROPPO FACILE E SENZA CONTROLLI Tecnicamen­te l’unico vincolo da rispettare in ogni Regione, è che la domanda venga presentata da una Proloco

 ??  ??
 ?? Ansa ?? In piazza
È iniziata la stagione delle sagre estive per passare una serata al fresco spendendo poco
Ansa In piazza È iniziata la stagione delle sagre estive per passare una serata al fresco spendendo poco

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy