Il mega cartello dell’auto: nei guai tutti i big tedeschi
RECORD I 5 costruttori avrebbero lavorato insieme fin dagli anni ‘90. Si muove l’Antitrust. Sarebbe l’intesa anti-concorrenziale più grande della storia. Colpo all’asse portante dell’industria teutonica
Nuova tempesta sul Made in Germany de ll ’ auto. Dopo il dieselgate si abbatte sul settore anche l’ipotesi di un cartello che andrebbe avanti dagli anni Novanta. Una sorta di club dei cinque.
Tutto comincia il 23 giugno di un anno fa, quando il Bundeskartellamt, l’antitrust federale tedesco perquisisce gli uffici di Volkswagen. Cerca documenti in relazione all’indagine su possibili intese legate all’acquisto di acciaio. Cosa trovi non si sa, ma secondo quanto riportato ieri in un’anticipazione dal settimanale Der Spiegel, due settimane più tardi presso gli uffici di Bonn arriva quella che assomiglia molto ad un’autodenuncia. Alla quale seguirebbe anche quella di Daimler.
I COSTRUTTORI coinvolti in quello che rischia di diventare una delle più grosse violazioni delle norme sulla concorrenza nella storia della Germania (e dell’Europa) sarebbero anche Bmw, Audi e Porsche. Oltre sessanta “gruppi di lavoro” per un totale di 200 collaboratori si sarebbero accordati per decenni su tecnologie ( freni, motori, frizioni, trasmissioni), inclusi i sistemi di trattamento dei gas di scarico, dal 2006 in particolare anche sulle dimensioni dei serbatoi per l’AdBlue, la soluzione a base di urea per ridurre gli ossidi di azoto. Il liquido è stato brevettato dalla Vda, l’associazione tedesca dei costruttori di auto. Adottando quelli più piccoli sarebbero stati risparmiati mediamente 300 euro per auto. Pure fornitori e costi sarebbero stati oggetto d’intese.
Le indiscrezioni hanno fat- to precipitare i titoli delle società interessate alla Borsa di Francoforte. Daimler ha ceduto il 2,1% e Bmw il 2,6%. Il più colpito, -3,6%, è stato Volkswagen, perché proprio ieri l’Ue ha invitato i 28 paesi membri a “fermare” le auto con i motori a gasolio incriminati nell’ambito del dieselgate e non ancora passate in offici- na per l’aggiornamento. Audi ha annunciato di voler richiamare 850.000 auto; Mercedes aveva disposto l’altro giorno un’azione volontaria per oltre 3 milioni di veicoli.
Se le ipotesi di cartello venissero confermate e ritenute illegali, come reputano tutti gli osservatori, i costruttori rischierebbero sanzioni salatissime. Si rischierebbero multe da far impallidire la cifra record di 1,12 miliardi inflitta complessivamente dall’autorità federale di garanzia nel corso del 2014.
A titolo di esempio possono valere i 2,9 miliardi con cui l’Ue ha multato il “cartello dei Tir”, cioè Daimler (un miliardo), Daf, Volvo Trucks, Renault Trucks e Iveco. Man, controllata da Volkswagen group, aveva messo l’Antitrust sulla via giusta ed era stata risparmiata, mentre Scania, altro brand del colosso tede- sco, aveva respinto le accuse. Tutte ora rischiano le class action e le richieste di danni per i 14 anni di accordi sottobanco (15% di sovrapprezzo medio sui 10 milioni di autocarri immatricolati) oscillerebbero fra i 50 ed i 100 miliardi. Ai costruttori erano stati contestati gli stessi comportamenti che avrebbe tenuto il gruppo dei cinque della Germania.
IL POSSIBILE nuovo scandalo incrina ulteriormente l’i mmagine dell’automotive tedesco, fondamentale per l'economica del paese. Gli occupati diretti sono quasi 810.000, 110.000 in più del 2010. Il fatturato degli esercizi 2016 dei costruttori coinvolti nel presunto cartello supera i 430 miliardi. Le case dovranno “giustificare” all’opinione pubblica i bilanci astronomici verosimilmente ottenuti anche a spese loro. Daimler ha staccato per il secondo anno consecutivo lo stesso altissimo dividendo, mentre ai due azionisti di riferimento di Bmw, Susanne Klatten e Stefan Quandt sono andate cedole superiori al miliardo di euro. Anche i lavoratori, per la verità, beneficiano di bonus importanti (oltre 9.000 in Porsche).
Lo scoop dello Spiegel Volkswagen e Daimler confessano: accordi su costi, fornitori ed emissioni diesel