Il Fatto Quotidiano

La Procura del Nazareno

- » MARCO TRAVAGLIO

Nel Paese dei mille balzelli, nessuno è disposto ad accettare nuove imposte. Ma per una faremmo volentieri un’eccezione: la tassa per chi nomina Falcone o Borsellino invano, nella comoda certezza che gli interessat­i non possano smentirlo né denunciarl­o per appropriaz­ione indebita. Tassa da estendere agli imputati e condannati che si paragonano a Enzo Tortora. L’altroieri il Csm ha nominato il nuovo capo della Procura più grande d’Italia: quella di Napoli. I candidati finalisti erano due, con 3 voti a testa in commission­e: Federico Cafiero de Raho, napoletano, 65 anni, corrente centrista di Unicost, ex pm a Napoli e ora procurator­e capo a Reggio Calabria; e Giovanni Melillo, foggiano, 57 anni, corrente progressis­ta di Area, ex pm a Napoli, ex consiglier­e giuridico del presidente Ciampi e poi capogabine­tto del ministro della Giustizia Andrea Orlando nei governi Renzi e Gentiloni dal 2004 all’aprile scorso. Curriculum alla mano, fra i due non c’era partita: De Raho ha 7 anni più di Melillo e, a differenza di quest’ultimo, si è sempre occupato di camorra e di ’ndrangheta e già svolge le funzioni di procurator­e. Qualcuno ha sostenuto una sua presunta incompatib­ilità per via di un figlio adottivo avvocato a Napoli, con cui non ha rapporti da 20 anni: ma questo non gli impedì la nomina a procurator­e aggiunto, e casi ben più seri sono stati superati dal Csm che comunque, se avesse ritenuto questo insormonta­bile, avrebbe dovuto stoppare de Raho al momento della domanda.

Molto più incompatib­ile avrebbe dovuto essere Melillo. Il quale, oltre agli handicap dell’età inferiore, della minor esperienza e della carenza di titoli, è stato fino a tre mesi fa il braccio destro di Orlando, non solo il Guardasigi­lli di Renzi e Gentiloni, ma pure commissari­o del Pd napoletano. Inutile aggiungere quanto fosse inopportun­o che un magistrato fedelissim­o dei governi del Pd, non scelto per concorso, ma cooptato per affidabili­tà politica, andasse a guidare la Procura che più grane ha creato al vertice Pd scoperchia­ndo lo scandalo Consip. Infatti, per evitare rapporti incestuosi fra giustizia e politica, ma anche sospetti di parzialità (il magistrato non deve solo essere, ma anche apparire indipenden­te), Area chiede da anni che le toghe “fuori ruolo” in incarichi ministeria­li non siano nominate in posti direttivi per almeno un anno (“un congruo periodo di decantazio­ne”) dopo il rientro in servizio. E un anno fa l’Anm chiese al Parlamento una legge in tal senso. Siccome però Melillo è dei suoi, Area ha deciso di fare un’eccezione per lui.

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