Il mistero Elliott su Milan, Alitalia e Manutencoop
Gli affari Pallotta (Roma) la spara: i rossoneri finiranno al fondo Usa. Poi la smentita. Ma intanto la campagna d’Italia è partita
La classica voce dal sen fuggita. E tanto basta a scatenare un incidente diplomatico. “Il Milan non ha i soldi, pagheranno le conseguenze a un certo punto. I cinesi sono in debito, il club lo rileverà il fondo Elliott di Singer, che è un mio amico”. James Pallotta, verace presidente dell’As Roma la spara a tarda mattina (ora italiana) intervistato dalla radio americana New York Sirius. Il tema sarebbe la squadra capitolina, ma si finisce per parlare della campagna acquisti stellare del nuovo Milan cinese. “Sono gli unici in Serie A che stanno perdendo la testa. Loro dicono che è tutto per qualificarsi alla Champions, ma non sarà abbastanza. Quando gli stipendi saranno uguali ai ricavi, non so che diavolo succederà”. Poi l’affondo: “Elliott arriverà a possedere il club”. L’uscita finisce su tutti i siti. Qualche minuto e il Milan replica per bocca dell’ad Marco Fassone: “Sono sbalordito per lo stile e le imprecisioni. Confrontiamoci sui bilanci: abbiamo meno debiti della Roma”. Il finanziere ripiega imbarazzato: “Mi scuso se ho avuto informazioni imprecise. Tengo molto al calcio italiano”.
PALLOTTA è il primo a dar voce a un pensiero che gira tra tifosi e addetti ai lavori. Ma anche a illuminare un protagonista della finanza italiana, che si sta facendo strada: da Ansaldo sts ad Alitalia, fino a Manutencoop, dove tratta un prestito a otto zeri. Creato nel 1977 dal finanziere newyorkese Paul Elliott Singer, classe 1944, è un hedge fund specializzato in investimenti, anche ad alto rischio. Se fiuta l’affare, Singer si muove con la sua squadra di specialisti. Spesso si tratta di investire in aziende in crisi, o di dare leva a soggetti in corso di ristrutturazione. Unico obiettivo: fare grandi guadagni. Per l’Europa la base è Londra, dove vive e lavora il figlio Gordon. Si è preso il titolo di “avvoltoio” quando nel 2001 non aderì (con altri fondi) alla ristrutturazione del debito argentino, causando il default del Paese (a marzo del 2016 ha chiuso la partita ottenendo 2,4 miliardi di dollari per titoli acquistati a 117 milioni).
Elliott è entrato in extremis nella vendita del Milan al misterioso finanziere cinese Yonghong Lì, a capo della lussemburghese Rossoneri Sport Investment Lux: operazione da 600 milioni, che rischiava di naufragare per i paletti posti dal governo cinese all’uscita dei capitali. Il fondo Usa ha prestato 303 milioni a Lì: 180 per l’acquisto, 73 per estinguere il debito dei rossoneri con le banche e 50 per lo sviluppo del club. Gli interessi riflettono il rischio: l'11,5% sui 180 milioni in carico a Rossoneri Lux e il 7,7% sui 123 in carico al Milan. Soldi che andranno restituiti - come chiesto da Lì - a fine 2018 in un’unica soluzione, compresi gli interessi e le commissioni: circa 380 milioni. Se non accade, il fondo - che ha ottenuto modifiche allo statuto sulla governance della società rossonera e ha dato il suo parere sul nuovo board - si prenderà il Milan. Eventualità che non fa paura a Londra. La campagna acquisti di Fassone a oggi supera i 100 milioni, spalmati su più anni, ma il costo degli ingaggi salirà di oltre il 20%. Il Milan promette di arrivare a 524 milioni di ricavi al 2020 (oggi sono 215), per restare nel cosiddetto “Fair play finanziario” dell’Uefa, grazie agli incassi del marketing in Cina.
EL LIOTT punta sul mercato immob iliare e su quello dei crediti deteriorati delle banche italiane, ma ha anche il 30% nel capitale di Ansaldo sts, leader mondiale del segnalamento ferroviario messo in vendita da Finmeccanica, dove ha ingaggiato una guerra legale con il socio di maggioranza, la giapponese Hitachi a cui nel 2015 il gruppo italiano ha venduto l’azienda con un’intesa collusiva a danno dei soci sanzionata dalla Consob. Non è l’unico investimento da private equity della creatura di Singer, che ha appena presentato una manifestazione di interesse per rilevare l’Alitalia in amministrazione controllata. Il fondo Usa sta spulciando i dati della compagnia e ha mostrato un “forte interesse” a rilevare la società in blocco.
NEL L’ATTESA gli uomini di Singer non hanno perso tempo. Al Fatto risulta che stiano trattando anche un prestito da 200 milioni con Manutencoop facility management, il colosso italiano dei servizi alla pubblica amministrazione controllato dalla storica coop bolognese presieduta da oltre trent’anni da Claudio Levorato. Il patron ha fretta di far ricomprare il 33% in mano ai soci di minoranza, tra cui diversi fondi esteri. Se non ci riesce, a Settembre i fondi potranno vendere la loro quota a un investitore industriale, cosa che spaventa la coop. Per trovare i soldi, attingendo anche a tutta la liquidità di cassa, Levorato ha tentato di emettere un bond da 420 milioni. È riuscito a piazzarne 360 a un tasso stellare del 9,5%, ma non ha trovato i 60 mancanti per liquidare i soci (servono 200 milioni). E così Elliott ha bussato alla porta.
La creatura di Singer Vuole la compagnia di volo e tratta un prestito da 200 mln per il colosso delle coop