Il Fatto Quotidiano

Renzi: “Babbo, hai amici da vomito, ma senza Whatsapp è meglio tacere”

Di fuoco di Matteo a Tiziano

- » MARCO LILLO

■ Nel giorno di Natale padre e figlio discutono dell’indagine napoletana e delle ricadute sulla famiglia. Uno chiede all’altro una strana cautela: “Se vuoi parlare dal punto di vista umano mi parli”

C’è una conversazi­one intercetta­ta tra Matteo Renzi e il padre nel giorno di Natale, finora inedita, che dimostra quanto sia stata prudente l’azione dei pm romani nei confronti di Tiziano Renzi. Il padre del premier usa per le sue conversazi­oni il sistema Whatsapp. Matteo scrive a Tiziano che non può usare quello strumento di comunicazi­one quel giorno perché ha un problema col cellulare e lo invita a parlare solo “dal punto di vista umano”. Se nei messaggi Whatsapp (che non sono intercetta­bili) Tiziano scrivesse o parlasse con Matteo e soprattutt­o con altri anche del “resto”, non lo sapremo mai.

La Procura di Roma nella giornata chiave dell’indagine Consip, il 20 dicembre 2016, e poi nelle settimane seguenti, non ha ritenuto utile perquisire il babbo (e non si capisce perché) nonostante i Carabinier­i del Noe e i pm napoletani ritenesser­o utile quella perquisizi­one per capire se Carlo Russo parlasse con l’imprendito­re Alfredo Romeo in accordo con Tiziano o fosse un millantato­re bugiardo.

A MAGGIOR RAGIONE - né quel giorno né in seguito - né i pm di Napoli né quelli di Roma hanno inteso sequestrar­e e analizzare il cellulare di Tiziano. I telefonini sequestrat­i in questa storia della Consip sono stati quelli degli investigat­ori del Noe (il capitano Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa), quello della compagna del pm che ha fatto l’indagine (Federica Sciarelli) e quello del giornalist­a che ha scritto di Consip per primo e che oggi scrive questo articolo. Non risulta che i pm abbiano mai sequestrat­o il cellulare di Renzi senior o di Filippo Vannoni (indagato ora per favoreggia­mento) o di Luigi Marroni o di altri soggetti coinvolti come passanti o terminali non indagati nelle vere fughe di notizie, quelle che hanno bruciato l’indagine tra agosto e dicembre.

Il Fatto ha più volte fatto notare la disparità di trattament­o. Ora questo scambio di sms natalizi la rende ancora più inspiegabi­le. C’erano Whatsapp interessan­ti per l’indagine nel cellulare di Tiziano Renzi? Magari tra quelli cancellati e recuperati grazie ai potenti mezzi che le Procure hanno usato contro Il Fatto e Sciarelli? Non lo sapremo mai.

Le notizie sull’indagine Consip che coinvolge Tiziano sono state pubblicate dal Fatto quattro giorni prima e Matteo Renzi scrive alle sei del pomeriggio del 25 dicembre 2016 al babbo: “Allora, non posso parlarti su whatsup ( sic ) perché da stamani ho il telefonino impazzito. Hanno pubblicato sui Social il mio numero, puoi immaginare il casino”. Poi aggiunge: “Se vuoi parlare dal punto di vista umano, mi parli. Sul resto, se sei convinto che tutte le persone che incontri siano perbene, sopporti ancora per un po’il fango e la merda. Su Facebook, non ti iscrivi. Nel modo più assoluto. Il contraddit­torio lo fai dai Pm, non sui media diventando una macchietta. Io avevo voglia di lasciare. Non lo faccio solo per rispetto alle persone che ci hanno votato, almeno fino alle elezioni politiche. Dunque se continuo, tu non puoi fare il cazzo che ti pare”. Renzi qui scrive a Tiziano Renzi, probabilme­nte sapendo di essere intercetta­to, che ha pensato di mollare per colpa delle indagini, cioè per colpa sua.

Poi aggiunge una sorta di ordine: “Finché io sono un personaggi­o pubblico, tu - per cortesia evita ogni stronzata come quella di aprire un account Facebook. Querela chi vuoi querelare ma non fare cazzate. Grazie”. Tiziano risponde: “Ok”. Poi alle 18 e 37 aggiunge: “Riesco a vederti due minuti domani?”. Matteo replica: “Ok. Ma non fare cazzate, non scrivere su Facebook, non vivere questa fase come un rodeo. Se davvero non hai fatto nulla, e non ne du- bito, la verità viene fuori. Prima o poi ma viene fuori. A domani, ci sentiamo per telefono per fissare”.

Matteo Renzi negli sms tratta il padre come un bravo ragazzo scapestrat­o, che si circonda di personaggi poco raccomanda­bili. Gli sms sono contenuti nelle carte depositate dalla Procura di Roma per chiedere il processo per l’imprendito­re napoletano Alfredo Romeo e per l’ex responsabi­le delle gare Consip, Marco Gasparri. I Carabinier­i del Noe riportano anche un altro duro scambio di sms tra padre e figlio. L’oggetto della polemica tra i due stavolta è l’intervista rilasciata il 12 gennaio del 2017 dall’imprendito­re Luigi Dagostino al quotidiano La Verità di Belpietro.

DAGOSTINO è il re degli outlet e ha creato con Tiziano Renzi la società Party Srl per organizzar­e eventi nei centri commercial­i come The Mall di Reggello, vicino alla Rignano sull’Arno dei Renzi. Tiziano è stato suo consulente anche nello sviluppo di altri due outlet in Puglia e Liguria. Il 10 gennaio Tiziano Renzi dice al telefono al genero Andrea Conticini che avrebbe incontrato Dagostino il giorno dopo. L’11 gennaio il Noe annota una chiamata di Tiziano senza risposta. Nell’intervista rilasciata quel giorno e pubblicata il 12 gennaio Dagostino, che poi sarà indagato per reati tri- butari in un’altra inchiesta, raccontava la genesi e lo sviluppo del suo rapporto con Tiziano Renzi e ne sminuiva l’importanza con frasi al limite dell’offesa: “La Party non ha fatturato niente e io, dopo le prime polemiche mediatiche, ho pagato 5.000 ero per chiuderla (…) Negli outlet si fidano di me, mentre Renzi viene visto un po’ come un pasticcion­e”. Su Renzi senior diceva: “Abbiamo dovuto lasciarlo a casa dopo che sono uscite le notizie sulla sua collaboraz­ione”. E poi: “L’aziendina di Tiziano mi montava i gonfiabili per i bambini, realizzava l’ evento di Natale con la carrozza e i cavalli. Faceva queste puttanate qua. Ci siamo conosciuti così”.

Quando il cronista rimarca l’importanza dell’az ie nd a creata da Tiziano, e ora amministra­ta dalla moglie, e gli dice che “Eventi6” fattura ben 6 milioni di euro l’anno, Dagostino risponde: “Da quando il figlio è diventato presidente del Consiglio, qualcuno gli dà da lavorare”.

La frase fa infuriare Matteo. Il 12 gennaio alle 8 meno un quarto di sera, via sms, intima

BIZZARRE CAUTELE

Non posso parlarti su Whatsapp, il telefono mi è impazzito. Se vuoi parlare dal punto di vista umano mi parli RACCOMANDA­ZIONI FILIALI

Non fare cazzate e non iscriverti su Facebook Io volevo lasciare: resto solo per rispetto di chi ci ha votato

al babbo: “Spero che tu quereli D’Agostino. O come cazzo si chiama”. Tiziano replica alle 20 e 04: “Passo da genio del male a coglione patentato”. Matteo non molla: “No. È solo che dice che da quando sono premier qualcuno ti fa lavorare. È una roba su cui gli porti via soldi. Se credi”.

TIZIANO gli scrive: “Sab (sabato, ndr) parlo con l’avvocato”. E Matteo il giorno dopo alle 17 e 40 scrive al padre: “fai come credi, io non so che dirti. L’intervista di quello lì mi conferma nel giudizio: la stragrande maggioranz­a di quelli che ti circondano mi fanno vomitare”. Gli risponde Tiziano 10 minuti dopo: “Appena messo in sicurezza l’azienda mi dedico all’allevament­o di maiali allo stato brado vediamo se riesco ad essere dannoso anche li”. Poi aggiunge: “io non ho piu nessuno che mi circonda sono infetto per tutti”. A quel punto Matteo desiste.

Le intercetta­zioni sono state depositate dalla Procura di Roma. Lo ribadiamo a beneficio del procurator­e aggiunto di Napoli Alfonso D’Avino.

In famiglia Matteo Renzi nello studio di “Porta a Porta” nel marzo scorso Sullo sfondo suo padre Tiziano LaPresse

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