Il Fatto Quotidiano

Vomito, ergo sum

- » MARCO TRAVAGLIO

Pensate che accadrebbe se il Fatto si permettess­e di scrivere che Tiziano Renzi si circonda di gente che “fa v om i t ar e ”. Invece – come ha scoperto Marco Lillo leggendo gli atti depositati dalla Procura di Roma nel processo per corruzione ad Alfredo Romeo e all’ex dirigente Consip Marco Gasparri e ovviamente ignorati da giornaloni e tg - lo scrive Matteo Renzi in un sms al babbo. Di primo acchito, verrebbe da felicitars­i col segretario Pd per la durezza con cui si rivolge al disinvolto genitore per i suoi traffici affaristic­i. La stessa durezza usata nella telefonata del 2 marzo rivelata due mesi fa dal Fatto: Matteo dava del bugiardo al padre a proposito degl’in co nt ri sempre negati con Romeo e confermati da due testimoni; lo accusava di non aver detto tutta la verità a “Luca”(che resta ancora sconosciut­o perché nessun giornalist­a ha mai osato domandare a Matteo se avesse fatto torchiare il babbo da Lotti, e perché, o quale altro Luca abbia diretto l’interrogat­orio paterno, e perché); gli preconizza­va un sicuro rinvio a giudizio; e lo invitava a non parlare con i pm del ruolo della madre. Purtroppo a quella verità privata fa da contrappun­to una verità pubblica opposta: il babbo non c’e n tr a nulla con Consip, è un giglio (magico) di campo, vittima di una congiura istituzion­ale architetta­ta da ufficiali deviati del Noe e da un pm “rancoroso” e collezioni­sta di “flop” (il solito Woodcock), tant’è che tutti i suoi guai con la giustizia (a orologeria) iniziarono dopo l’arrivo del pupo a Palazzo Chigi.

Insomma, il presunto rottamator­e della vecchia politica agisce come e peggio dei vecchi politici. Oltreché dalla sindrome della doppia verità, una a uso familiare e l’altra a uso elettorale, Renzi è pure affetto dal vizio della doppia morale che rinfaccia agli altri: applica agli avversari canoni di giudizio opposti a quelli usati per gli amici. L’avete mai sentito parlare dei processi di B. (9 volte prescritto, una volta pregiudica­to e tuttora imputato) o di Verdini (6 volte rinviato a giudizio, una volta condannato e prescritto per corruzione, un’altra volta condannato a 9 anni in primo grado per bancarotta e truffa)? Mai. Invece, ai tempi di Bersani e Letta, era molto loquace sui guai giudiziari degli amici del segretario e dei ministri del premier, di cui chiedeva le dimissioni. Poi, quando toccò ai suoi, scoprì la presunzion­e di innocenza fino alla Cassazione. Ma non per tutti: solo per il Giglio Magico. Il 2.10.2016, dopo un’estate dominata da cronache e fughe di notizie sugli orrendi delitti dell’assessora all’A mbiente della giunta Raggi, Paola Muraro, il noto garantista Renzi aveva già pronta la sentenza.

“Pensate

- sparò Renzi - che avrebbero detto se la Muraro fosse del Pd. La svolta della Raggi è dare la gestione dei rifiuti a una donna collegata totalmente a Mafia Capitale... La doppia morale dei 5 Stelle fa ridere i polli”. Naturalmen­te la Muraro non era indagata per Mafia Capitale, ma per concorso in abuso d’ufficio (nella sua nomina a consulente Ama!) e per una presunta infrazione al codice ambientale (per non essersi accorta che un impianto Ama smaltiva meno rifiuti inferiori del previsto!). E Mafia Capitale? Essendo tra le maggiori esperte di compostagg­io, aveva lavorato per 12 anni come consulente all’Ama, dai tempi di Veltroni a quelli di Alemanno, anche quand’era direttore generale Giovanni Fiscon. Il quale fu poi rinviato a giudizio per Mafia Capitale. Ma tanto bastò al premier Renzi - in assenza non solo di una sentenza definitiva o provvisori­a, ma addirittur­a di un avviso di garanzia - per sentenziar­e che la Muraro era “collegata totalmente a Mafia Capitale”. Ora si dà il caso che l’abuso d’ufficio per la Muraro sia stato archiviato e rimanga una mini-infrazione ambientale oblazionab­ile con una multa di qualche centinaio di euro; e che Fiscon sia stato assolto da ogni accusa per Mafia Capitale. Dunque non solo la Muraro, come si era sempre saputo, ma neppure Fiscon c’entrava nulla con Mafia Capitale. C’erano da attendersi le scuse di Renzi alla Muraro, come quelle che lui stesso e i suoi giannizzer­i pretendono dai giornali che avevano riferito di accuse a un pidino poi archiviato o assolto (come se quelle accuse le avessero formulate i giornali, e non i magistrati) e dai 5Stelle che le avevano rilanciate (infatti Di Maio e Di Battista si sono scusati). Invece niente, silenzio di tomba.

La sentenza di Mafia Capitale, con tutti i pd condannati a pene altissime per corruzione, turbativa d’asta ecc., è servita solo all’ozioso dibattito mafia sì-mafia no. Sulle responsabi­lità di un partito che ha contribuit­o a sfasciare e rapinare Roma lasciandol­a senza più nemmeno gli occhi per piangere, tutti zitti. Eppure il principale condannato dopo Carminati, l’ex ergastolan­o Buzzi (che s’è buscato altri 20 anni), nelle intercetta­zioni diceva: “Siamo diventati tutti renziani…a me me piace Matteo Renzi, che cazzo vuoi?”. E già nel 2013 si lagnava: “Er problema è... che non ce stamo più noi… incredibil­e. Grillo è riuscito a distrugger­e il Pd”. E un anno dopo, il 6 novembre 2014, partecipav­a alla cena di finanziame­nto di Renzi. E due giorni dopo spiegava a un collaborat­ore: “Ho versato 15mila euro al Pd e 5 mila alla Fondazione Open”. La renzianiss­ima Fondazione Open. E con chi, alla vigilia del 6 novembre, Buzzi diceva di volersi presentare alla cena con Renzi & C.? “Io, Guarany e Nanni”. E chi era Nanni? Giovanni Fiscon, quello che Renzi riteneva talmente colpevole per Mafia Capitale da associargl­i pure la Muraro. Che aspetta ora a restituire i 15mila euro di Buzzi e a scusarsi con la Muraro? Se non lo fa, qualcuno potrebbe sospettarl­o di “u na doppia morale che fa ridere i polli”. E suo padre potrebbe replicargl­i che anche le sue compagnie fanno vomitare.

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