Warhol, politica e film: Terminator fa settant’anni
Schwarzenegger Dagli steroidi a Warhol passando per i Kennedy Un identikit “disegnato” per la Casa Bianca, suo vero grande flop
Se non ci fosse quel principio costituzionale che impedisce l’elezione alla Casa Bianca di un non- americano, Arnold Schwarzenegger - visto il vuoto cronico di personalità nel partito repubblicano d’oltreoceano - avrebbe fatto un boccone di Donald Trump. In fondo la loro intuizione politica si somiglia parecchio: spettacolarizzare e rendere “politica” nel più postmoderno, approssimativo e populista dei modi, la propria persona pubblica, o meglio ancora, i personaggi che hanno reso celebri e che gli hanno dato il successo. Trump in fondo è solo l’affarista senza pudori. Schwarzy invece è l’Invincibile, l’uomo che fa della forza una causa e non un effetto e che non ammette discordanze dai suoi punti vista - fortuna che siano sempre improntati alla difesa dei principi de ll ’ etica tradizionalista. Così, almeno, vorrebbe farci credere, perché Arnold da sempre è un uomo di spettacolo, giunto oggi a festeggiare il 70esimo compleanno, proprio mentre approda nei cinema il suo ritorno ( Terminator: Genysis) nei panni del personaggio più popolare: il cyborg T-800, dal cuore buono e dal cazzotto atomico, che saluta i nemici con un “Hasta la vista baby”, tradendo appena l’inflessione robotica, un istante prima di raderli al suolo.
MA CHI È DAVVERO
Sc h w a r z e n e gger? Un austriaco approdato in America a 21 anni, quando era già una celebrità nello strano ed appartato mondo dei culturisti. Un anno prima viene eletto Mister Universo e, una volta sbarcato oltreoceano, grazie al potere magico degli steroidi (poi ammesso senza reticenze), diventa per sei volte di fila Mister Olimpia, incontrastato numero 1 della specialità. Hollywood non tarda ad accorgersi di lui e già nel ’69, con lo pseudonimo di Arnold Strong debutta sul grande schermo in Ercole a New York. La Grande Mela impazzisce per lui, in particolare nei giri radical chic: con la sua aria esotica, il corpo-montagna e il sorriso scintillante e non troppo sofisticato, Arnold diviene un protetto (e modello prediletto) di Andy Warhol e una presenza fissa nella nightlife più trasgressiva in città. Il ragazzone austriaco però non si perde dietro le lusinghe e segue un piano preciso: un’escalation sociale senza limiti, in quella che per lui è la vera nazione-Bengodi. Mentre la sua carriera cinematografica decolla coi trionfi di Terminator e Conan il Barbaro, Schwarzy non smette di correre su un doppio binario, e grazie alla sua stravaganza, entra a far parte addirittura del giro più esclusivo d’America: i Kennedy, tra i quali troverà anche la moglie ideale per porre un altro mattone nell’edificazione del suo successo: nel ’86 sposa Maria Shriver, nipote di JFK, accanto alla quale, a dispetto delle discordanze politiche (Maria è un’ardente progressista, mentre le posizioni di Arnold scivolano verso un conservatorismo roccioso) Schwarzenegger abbandona il mondo dello spettacolo per buttarsi in politica. Nel 2003 vince la poltrona di governatore della California, presentandosi come il decisionista in grado di risanare l’agonizzante bilancio dello Stato e di polverizzare quelle donnicciole dei suoi avversari.
I CALIFORNIANI, a dispetto della propensione radical dello Stato, gli danno fiducia, accordandogli due mandati e una popolarità altalenante. Peccato che, finito l’incarico, Schwarzy si lasci alle spalle un bilancio col triplo dei debiti rispetto al momento dell’elezione e che nel frattempo gli stessi compagni di partito, i repubblicani, l’abbiano ormai messo nel mirino a causa del suo ecologismo spericolato, più consono a un muscoloso ragazzo cresciuto sulle Alpi, che a un volpone del lobbismo statunitense, in cerca di legittimazione a Washington. Restano agli atti alcune sue co- raggiose decisioni in difesa dell’ambiente e altrettante agghiaccianti decisioni pro-pena di morte, di cui è stato un convinto assertore, almeno fin quando, nel 2006, la condanna capitale è stata dichiarata incostituzionale nello Stato.
E PROPRIO sull’ambiente, una volta tornato un privato cittadino, Arnold ha concentrato la sua attenzione di divo perenne: in aperta polemica con l’oscurantismo espresso da Trump, di recente Schwarzenegger è apparso in prima linea nei rapporti col neo-presidente francese Macron, nei piani per la riduzione di emissioni da CO2. Nel frattempo è tornato a rivolgere la sua attenzione allo showbiz: all’inizio del 2017, gli è andata male la scommessa di prendere il posto proprio di Donald Trump nella conduzione dello show tv The Apprentice. A quel punto la decisione, a dispetto dell’anagrafe e in omaggio a quella fisicità che non s’affloscia mai, di rimettersi lo scafandro di Terminator per un paio di pellicole e per la gioia - superpagata - di grandi e piccini. “Dobbiamo credere in noi stessi. Nulla ci è precluso. Bisogna avere sempre fame di nuovi traguardi”, dice lui stesso, spiegando la sua elementare filosofia del successo. Peccato che proprio a lui sia stato negato di arrivare fin dove era ampiamente nelle sue possibilità: perché alla Casa Bianca ci avrebbe abitato con disinvoltura, come sul set di un film e con l’alibi bipartisan di una consorte Kennedy. Anche i sogni dell’uomo più forte del mondo si sono vaporizzati, al cospetto delle regole di una nazione che la questione di cosa sia veramente un emigrato, non l’ha mai risolta fino in fondo.
ALTRO CHE TRUMP
Visto il vuoto di personalità nel partito repubblicano, avrebbe fatto un sol boccone di Donald
PERÒ LA LEGGE...
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