Il Fatto Quotidiano

Warhol, politica e film: Terminator fa settant’anni

Schwarzene­gger Dagli steroidi a Warhol passando per i Kennedy Un identikit “disegnato” per la Casa Bianca, suo vero grande flop

- » STEFANO PISTOLINI

Se non ci fosse quel principio costituzio­nale che impedisce l’elezione alla Casa Bianca di un non- americano, Arnold Schwarzene­gger - visto il vuoto cronico di personalit­à nel partito repubblica­no d’oltreocean­o - avrebbe fatto un boccone di Donald Trump. In fondo la loro intuizione politica si somiglia parecchio: spettacola­rizzare e rendere “politica” nel più postmodern­o, approssima­tivo e populista dei modi, la propria persona pubblica, o meglio ancora, i personaggi che hanno reso celebri e che gli hanno dato il successo. Trump in fondo è solo l’affarista senza pudori. Schwarzy invece è l’Invincibil­e, l’uomo che fa della forza una causa e non un effetto e che non ammette discordanz­e dai suoi punti vista - fortuna che siano sempre improntati alla difesa dei principi de ll ’ etica tradiziona­lista. Così, almeno, vorrebbe farci credere, perché Arnold da sempre è un uomo di spettacolo, giunto oggi a festeggiar­e il 70esimo compleanno, proprio mentre approda nei cinema il suo ritorno ( Terminator: Genysis) nei panni del personaggi­o più popolare: il cyborg T-800, dal cuore buono e dal cazzotto atomico, che saluta i nemici con un “Hasta la vista baby”, tradendo appena l’inflession­e robotica, un istante prima di raderli al suolo.

MA CHI È DAVVERO

Sc h w a r z e n e gger? Un austriaco approdato in America a 21 anni, quando era già una celebrità nello strano ed appartato mondo dei culturisti. Un anno prima viene eletto Mister Universo e, una volta sbarcato oltreocean­o, grazie al potere magico degli steroidi (poi ammesso senza reticenze), diventa per sei volte di fila Mister Olimpia, incontrast­ato numero 1 della specialità. Hollywood non tarda ad accorgersi di lui e già nel ’69, con lo pseudonimo di Arnold Strong debutta sul grande schermo in Ercole a New York. La Grande Mela impazzisce per lui, in particolar­e nei giri radical chic: con la sua aria esotica, il corpo-montagna e il sorriso scintillan­te e non troppo sofisticat­o, Arnold diviene un protetto (e modello prediletto) di Andy Warhol e una presenza fissa nella nightlife più trasgressi­va in città. Il ragazzone austriaco però non si perde dietro le lusinghe e segue un piano preciso: un’escalation sociale senza limiti, in quella che per lui è la vera nazione-Bengodi. Mentre la sua carriera cinematogr­afica decolla coi trionfi di Terminator e Conan il Barbaro, Schwarzy non smette di correre su un doppio binario, e grazie alla sua stravaganz­a, entra a far parte addirittur­a del giro più esclusivo d’America: i Kennedy, tra i quali troverà anche la moglie ideale per porre un altro mattone nell’edificazio­ne del suo successo: nel ’86 sposa Maria Shriver, nipote di JFK, accanto alla quale, a dispetto delle discordanz­e politiche (Maria è un’ardente progressis­ta, mentre le posizioni di Arnold scivolano verso un conservato­rismo roccioso) Schwarzene­gger abbandona il mondo dello spettacolo per buttarsi in politica. Nel 2003 vince la poltrona di governator­e della California, presentand­osi come il decisionis­ta in grado di risanare l’agonizzant­e bilancio dello Stato e di polverizza­re quelle donnicciol­e dei suoi avversari.

I CALIFORNIA­NI, a dispetto della propension­e radical dello Stato, gli danno fiducia, accordando­gli due mandati e una popolarità altalenant­e. Peccato che, finito l’incarico, Schwarzy si lasci alle spalle un bilancio col triplo dei debiti rispetto al momento dell’elezione e che nel frattempo gli stessi compagni di partito, i repubblica­ni, l’abbiano ormai messo nel mirino a causa del suo ecologismo spericolat­o, più consono a un muscoloso ragazzo cresciuto sulle Alpi, che a un volpone del lobbismo statuniten­se, in cerca di legittimaz­ione a Washington. Restano agli atti alcune sue co- raggiose decisioni in difesa dell’ambiente e altrettant­e agghiaccia­nti decisioni pro-pena di morte, di cui è stato un convinto assertore, almeno fin quando, nel 2006, la condanna capitale è stata dichiarata incostituz­ionale nello Stato.

E PROPRIO sull’ambiente, una volta tornato un privato cittadino, Arnold ha concentrat­o la sua attenzione di divo perenne: in aperta polemica con l’oscurantis­mo espresso da Trump, di recente Schwarzene­gger è apparso in prima linea nei rapporti col neo-presidente francese Macron, nei piani per la riduzione di emissioni da CO2. Nel frattempo è tornato a rivolgere la sua attenzione allo showbiz: all’inizio del 2017, gli è andata male la scommessa di prendere il posto proprio di Donald Trump nella conduzione dello show tv The Apprentice. A quel punto la decisione, a dispetto dell’anagrafe e in omaggio a quella fisicità che non s’affloscia mai, di rimettersi lo scafandro di Terminator per un paio di pellicole e per la gioia - superpagat­a - di grandi e piccini. “Dobbiamo credere in noi stessi. Nulla ci è precluso. Bisogna avere sempre fame di nuovi traguardi”, dice lui stesso, spiegando la sua elementare filosofia del successo. Peccato che proprio a lui sia stato negato di arrivare fin dove era ampiamente nelle sue possibilit­à: perché alla Casa Bianca ci avrebbe abitato con disinvoltu­ra, come sul set di un film e con l’alibi bipartisan di una consorte Kennedy. Anche i sogni dell’uomo più forte del mondo si sono vaporizzat­i, al cospetto delle regole di una nazione che la questione di cosa sia veramente un emigrato, non l’ha mai risolta fino in fondo.

ALTRO CHE TRUMP

Visto il vuoto di personalit­à nel partito repubblica­no, avrebbe fatto un sol boccone di Donald

PERÒ LA LEGGE...

Non è nato negli Usa, ma in Austria: la costituzio­ne gli impedisce la scalata alla presidenza

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LaPresse Il cyborg T-800 Attore, culturista, politico: le mille vite di Arnold Schwarzene­gger
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