“Capitale corrotta e infetta da molte e diverse cosche”
Il procuratore: “Si tratta di un problema culturale nel riconoscere i gruppi nati in città”
AFFARI CAPITALI
Da gennaio a oggi sono stati già sequestrati beni per quasi un miliardo. Investono in esercizi commerciali e attività economiche ma anche nel gioco on-line
A SUON DI MAZZETTE
Ci sono sodalizi che usano il metodo corruttivo. Nel litorale per esempio abbiamo verificato l’intreccio tra l’amministrazione e sodalizi locali
“S ul territorio romano operano diverse organizzazioni, alcune con matrice mafiosa, altre no. Molte delle quali sono estremamente pericolose”. Non ha dubbi il procuratore aggiunto Michele Prestipino sulla presenza nella capitale di gruppi che utilizzano modalità tipiche della mafia. Dal 2013 a Roma, Prestipino segue le principali indagini sulla malavita organizzata, utilizzando gli stessi metodi investigativi di Palermo e Reggio Calabria.
Lei ha seguito le indagini su Mafia capitale. In primo grado i giudici non hanno riconosciuto il 416 bis. Al di là di questa sentenza, perchè è così complicato a Roma affermare la presenza di associazioni mafiose?
È un problema italiano, non romano. Pure in Lombardia c’era la difficoltà nel confermare la presenza della ‘ndrangheta. Alla fine ci sono state sentenze che hanno riconosciuto la mafia. Il problema è culturale: è complicato capire che il metodo mafioso può essere praticato anche da chi non è affiliato a ’ndrangheta, camorra o mafia. Ci sono state infatti condanne per 416 bis a mafie nigeriane e cinesi.
È possibile delineare una mappa della criminalità romana?
Di sicuro sul territorio romano, oltre alle mafie tradizionali, in particolare ’ndrangheta e camorra, operano altri sodalizi che hanno raggiunto forti livelli di strutturazione e autonomizzazione assumendo caratteristiche tipiche dei gruppi mafiosi.
Sono mafie autoctone?
Sì. Sulla scia di quanto già verificatosi nel territorio del basso Lazio, tra Fondi, Anzio e Nettuno, ci sono veri e propri gruppi nati nel territorio romano. Il clan Pagnozzi, seppure ha origini napoletane, si è autonomizzato e i componenti sono già stati condannati dal tribunale per 416 bis.
Quali sono i settori di interesse di questi gruppi?
Sono diversi i settori, a volte leciti, a volte no, di investimento di proventi di attività delittuose talora commesse altrove. Si tratta di ingenti ricchezze, come dimostra per esempio il sequestro e la confisca in primo grado della catena di pizzerie riferibili al gruppo camorrista Contini di Napoli. Mi riferisco ancora ai numerosi esercizi commerciali e alle attività economiche oggetto di sequestro: da gennaio a oggi sono stati già sequestrati beni per quasi un miliardo. Questo è stato possibile grazie al lavoro di forze di polizia che operano con grande professionalità e che impegna Dda e giudici. Le mafie, oltre agli stupefacenti, investono in settori nuovi, come il gioco d’azzardo anche on line.
Sono presenti nella pubblica amministrazione?
I sodalizi, anche quelli autoctoni, si servono di colletti bianchi e di soggetti istituzionali (come appartenenti alle forze dell’ordine) le cui competenze sono indispensabili per acquisire informazioni, tessere relazioni, penetrare settori economici dove le mafie non sono presenti.
Insomma affermano la propria forza pure a suon di mazzette.
La corruzione è uno dei più gravi problemi di Roma. E anche i gruppi criminali a volte si avvalgono del metodo corruttivo. Ad Ostia, per esempio, la condanna all’ex capo dell’ufficio tecnico di quel Municipio ha evidenziato l’intreccio di interessi tra pubblica amministrazione e clan criminali.
C’è una pax criminale tra i vari sodalizi?
Non ci sono elementi per dire che vi sia stato un accordo formale. Roma è grande e gli affari talmente tanti che non occorre farsi la guerra. La convivenza è più utile per tutti.