Il Fatto Quotidiano

Non comanda nessuno Mai indagati per mafia Tradiziona­li e etnici

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Pareri discordant­i I giudici di I° grado: “Sul litorale un’associazio­ne criminosa” In Appello non è stato confermato il 416 bis

Michele Senese a Roma non è stato condannato per mafia. Nei confronti dei Pagnozzi, come ripercorre la Dna, invece c’è stata una sentenza di luglio 2016, per altri fatti, con una condanna con rito abbreviato “per il reato di 416 bis (…), affermando in tal modo, in primo grado, la qualificaz­ione di tipo mafioso”. A questa si aggiunge un’ulteriore sentenza della quinta sezione del Tribunale che a dicembre ha riconosciu­to l’associazio­ne mafiosa.

I livelli diversi di criminalit­à presenti sul territorio romano, anche nelle zone periferich­e come Tor Bella Monaca, rendono ancora più complessa la possibilit­à di definire i gruppi di potere. La Dna racconta così il quartiere: i gruppi criminali in rapporti con camorra e ’ndrangheta, “si sono divise, in una logica puramente ‘mafiosa’, vie e piazze di spaccio, alternando momenti di raccordo operativo con fasi di conflitto”. Le relazione parla di un contrasto che ha “opposto i Cordaro al gruppo guidato da Stefano Crescenzi, noto pregiudica­to della zona”. Di recente per esempio due donne, imparentat­e con i Cordaro, sono state condannate in abbreviato per reati aggravati dal metodo mafioso. A Tor Bella Monaca, come nell’intero basso Lazio, non c’è “un solo soggetto in posizione di forza”, ma interagisc­ono e coesistono diverse entità criminali.

Nel l’ultima relazione della Dia, si citano pure i Casamonica, sinti di origine nomade conosciuti nel mondo anche per il funerale di Vittorio Casamonica, celebrato con tanto di cavalli, la musica del Padrino in sottofondo e un elicottero che gettava petali di rosa. I Casamonica non sono mai stati indagati per associazio­ne mafiosa. La Dia ne parla come un clan: “Si conferma l’operativit­à del clan Casamonica, la cui componente principale risulta essersi imparentat­a con altre famiglie rom”.

Ma sul territorio romano è presente anche la criminalit­à etnica, come pure le cosiddette mafie tradiziona­li. Le organizzaz­ioni cinesi per fare un esempio operano nel quartiere Esquilino, ma anche nelle “zone di Casilina, Tuscolana, Appia e in direzione di Ostia Lido”. A fare un punto poi sui sodalizi campa- ni, siciliani e calabresi è stata la Dia, nell’ultima relazione che riguarda il secondo semestre del 2016. La mafia siciliana “è presente attraverso famiglie da tempo stanziates­i sul territorio, dove oggi operano elementi delle nuove generazion­i portatrici di un imprinting mafioso stemperato dalle mire imprendito­riali ma, non per questo, meno pericoloso”.

La ’ ndrangheta invece è presente soprattutt­o nella gestione di alberghi, ristoranti e bar. Scrive la Dia: “Nella Capitale è segnalata l’operativit­à della ’ndrina Fiarè di San Gregorio di Ippona (Vibo Valentia) - legata al più strutturat­o clan Mancuso - presente in varie zone del centro e attiva nell’acquisizio­ne e gestione di attività commercial­i ed imprendito­riali per operazioni di riciclaggi­o. Il clan reggino Alvaro- Palamara è inserito nei settori della ristorazio­ne e delle acquisizio­ni immobiliar­i. Nell’area di Spinaceto e Tor de’ Cenci, vengono segnalate presenze delle ’ndrine crotonesi Arena e reggine Bellocco, Piromalli e Molè”.

E poi c’è la camorra, anche nel settore delle scommesse che è di “primario interesse del clan dei Casalesi. (…) Risulta confermata (…) la proiezione del clan Mallardo”.

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