Il Fatto Quotidiano

“Enel e Cassa entrino in Telecom. Solo così si può tutelare la rete”

MassimoMuc­chetti “Tim ha interesse a inglobare Open Fiber. Lo Stato avrà il 7%, a tutela di tutti i soci”

- » CARLO DI FOGGIA

Senatore Massimo Mucchetti (Pd), la Francia nazionaliz­za i cantieri di St Nazaire e l'italia vorrebbe nazionaliz­zare la rete Telecom.

Lo Stato francese detiene la minoranza di blocco dei Chantiers de l'Atlantique ed esercita il diritto di prelazione sul resto delle azioni che i coreani, falliti, di Stx vorrebbero vendere a Fincantier­i per 80 milioni. Nazionaliz­za per trattare meglio con les italiens o per fermarli? Vedremo. La rete di Telecom, invece, vale 15-20 miliardi e garantisce il debito. Tim è privatizza­ta da anni e lo Stato italiano non ha strumenti legali per pretendere alcunché. Matteo Orfini, presidente del Pd e voce del renzismo propone di nazionaliz­zarla. L’ex collaborat­ore di D'Alema dovrebbe rendere omaggio ad Angelo Rovati che nel 2006 studiò la possibilit­à che Telecom cedesse a valori importanti la rete a un soggetto guidato dalla Cassa depositi e prestiti. Poi farsi spiegare da Claudio Costamagna, che disegnò quel piano e adesso guida la Cdp, perché allora reggeva e oggi non più.

Perché?

Nel 2006 Telecom era padrona del mercato in Italia. A Londra la Ofcom studiava la separazion­e della rete. In Europa, gli incumbent delle tlc erano i monopoli cattivi, gli over the top, come Google e Apple, gli sfidanti buoni. Oggi in Italia il potere di mercato di Telecom si è ridotto, il primo operatore mobile è Wind. In Europa nessuno ha varato la separazion­e della rete. Oggi i veri monopoli terribili sono gli Otp, le telecom company hanno margini in calo e devono fare grandi investimen­ti. Tim è nelle mani dei francesi di Vivendi.

E lo scopriamo un anno e mezzo dopo che Vivendi ha preso, per di più a tappe, il 24%? E adesso temiamo lo straniero quando 4 anni fa Telefonica iniziò a smembrare Telecom nell'indifferen­za del governo Letta e del Pd divenuto renziano? Il Senato ci mise una pezza, rendendo difficile la vita agli spagnoli. Ma l'Argentina è stata persa. Ora tutti scoprono la patria, perché invece di Cattaneo l’ad sarà Rec- chi. La Francia almeno è coerente. L'Italia scopre l’emergenza con anni di ritardo: parla di rete quando il punto è la rete in quanto parte di Telecom.

In che senso?

Se il problema fosse la rete, dovremmo stare sereni: abbiamo Open Fiber, la società 50 e 50 Enel-Cdp che promette la fibra ottica al Paese. Non ci crede?

Enel promette un margine del 10-11% sul capitale investito nelle Tlc, Telecom uno inferiore. Sulla distribuzi­one Enel ha un margine del 18%: o è trattata troppo bene dall'Autorità per l'energia o fa nelle tlc un investimen­to assai incerto e poco convenient­e.

La rete è una questione di sicurezza. C'è la controllat­a Sparkle con i suoi cavi sottomarin­i.

I centri nevralgici si devono sempre presidiare. Ma agitare il tema della sicurezza nazionale rischia di non far cogliere il vero problema. I grandi Paesi europei tutelano i campioni nazionali delle Tlc. L'Italia ha creduto di essere migliore. E ora si pente della priv a t iz za z i on e . Ma allora andiamo al sodo: permetterà a un’altra grande azienda come Telecom di uscire dal piccolo gruppo dei nostri campioni o farà qualcosa? La Consob sta meritoriam­ente indagando se Vivendi eserciti la direzione e controllo senza dichiararl­o, senza lanciare un’offerta pubblica d’acquisto e, aggiungo, senza informare bene il governo.

Quindi che si fa?

La Cassa depositi e prestiti faccia valere i diritti di azionista e il Tesoro orienti i suoi rappresent­anti nel cda Enel affinché propongano al consiglio di Tim di assorbire Open Fiber pagando in azioni.

Lo Stato torna in Telecom. Sì, ma non direttamen­te. Cdp ed Enel sarebbero costrette a stare attente ai conti. Problema: la valutazion­e delle due reti.

Quella di Tim è data dal mercato. Open Fiber è Metroweb più le concession­i ottenute nelle aree a fallimento di mercato da Infratel.

Non ha valore di mercato? Se aprisse a nuovi soci lo avrebbe, ma non è successo. Come cambierebb­e l'azionariat­o di Tim?

Vivendi calerebbe al 22-23%. Enel-Cdp avrebbero il 7-8%. I francesi continuere­bbero a comandare.

Un accordo così presuppone una preliminar­e intesa sul piano industrial­e.

L’ad Francesco Starace ha detto di no.

Enel la sa lunga nell'energia. Nelle Tlc è una matricola che ci ha già provato perdendo miliardi. Starace forse teme che il suo futuro dipenda dall'operazione Open Fiber come l'aveva prefigurat­a. Ma la sua idea originaria - posare la fibra senza costi grazie al cambiament­o dei contatori - è stata bocciata dall'Authority.

Come si convince Tim? Non ha mai ricevuto una proposta seria, e ora ha bisogno di far pace col governo. Così potrà collocare in Borsa una società della rete che avrebbe multipli superiori a quelli di Telecom. Ne godrebbero Vivendi, Enel, Cdp e i soci.

E l'antitrust?

Può continuare a fare quel che ha sempre fatto quando non c'era Open fiber.

Non scatterebb­e l'obbligo di lanciare un’Opa?

No, è un accordo industrial­e, senza patto di sindacato.

I fondi sono infuriati per le ingerenze di Vivendi. Certo le dichiarazi­oni di Vivendi su Persidera danno un pessimo segnale. La Consob, per questo, non per altro, potrebbe costringer­e i francesi a lanciare un’Opa che li dissanguer­ebbe. Cdp ed Enel possono stabilizza­re Telecom con Vivendi, se si investe e si segue una governance corretta. Altrimenti i fondi troveranno uno Stato per amico.

Orfini? L’ex aiutante di D’Alema dovrebbe omaggiare Angelo Rovati. Né Letta né Renzi hanno impedito l’assalto degli stranieri Tutelare la sicurezza non basta. È un nostro campione nazionale Vivendi può accettare, o i fondi troveranno uno Stato per amico...

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Ansa Il piano Massimo Mucchetti (Pd) presiede la comissione Industria del Senato
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