Senza una cultura sostenibile il problema acqua non cesserà
Sono un discreto ammiratore di George Orwell e Noam Chomsky per la capacità di prevedere il futuro del primo e per la lucida preveggenza dei mascheramenti dei poteri fortissimi del secondo. In Italia dove la memoria latita e la prevenzione non ha diritto d’asilo le nefaste previsioni trovano terreno fertile per ogni tipo di esperimento da parte dei suddetti poteri e della vacuità dei dirigenti nostrani sempre in cerca di un politico che possa risolvere i nostri problemi attuali. È chiaro che uno dei maggiori terreni di scontro nel mondo, dato anche l’aumento esponenziale della popolazione mondiale, sarà l’acqua. Si parla di razionamenti, sempre esistiti al Sud, si fa un progetto ventennale come il Tav e non si riesce a farne uno decennale per il recupero, la bonifica e il buon uso dell’acqua. Ovviamente i tedeschi ed altri paesi nelle nuove costruzioni parlano di recupero e di acqua sanitaria, da noi Aquafan, campi da golf e villette con piscina. Ora, non dico che queste cose non debbano esistere, ma vorrei che i sindaci, cominciando dal mio, prima di fare un’ordinanza che limita fortemente anche l’innaffiamento degli orticelli facesse uno studio sulla sostenibilità del consumo e una vera differenziazione delle tariffe secondo l’uso che viene fatto di un bene assai più prezioso del petrolio e che, nel mondo, è già causa di guerre e carestie. Chiedo troppo se voglio che almeno i sindaci facciano qualcosa che superi la durata del loro mandato? Non desta alcun sospetto, in un periodo in cui la pubblicità è merce rara, che buona parte delle sponsorizzazioni sia fatta da ditte distributrici di acque minerali e che dietro sigle italiane si nascondano grandi interessi, magari francesi? FRANCO NOVEMBRINI