Il Fatto Quotidiano

Compriamo il campo del Vangelo: ci aiuterà a comprender­e la vita

- » MONS. MARCELLO SEMERARO* *Vescovo di Albano

“Oggi la Chiesa ha bisogno di crescere nel discernime­nto, nella capacità di discernere”. Questa indicazion­e di percorso il Papa Francesco la ripete da qualche tempo e combacia con la domanda rivolta a Dio da Salomone: “Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguer­e il bene dal male”. Dio ascolterà la preghiera: “Hai domandato per te il discernime­nto nel giudicare, ecco faccio secondo le tue parole”.

lo ascoltiamo nella prima lettura della Messa domenicale ( cf. 1 libro dei Re 3, 5.7-12). Discernere vuol dire letteralme­nte separare e distinguer­e, ma pure soppesare e valutare correttame­nte tutti i termini di una questione in modo da pervenire, in libertà e pace, alla migliore scelta umanamente possibile. Nell’uso cristiano si parla di discernime­nto spirituale. In sintesi, comporta un processo che conduce a conoscere la volontà di Dio, per giungere a scelte non scontate nella complessit­à e nelle tortuosità della storia. Perché Dio non abbandona la storia al suo destino, come un bambino capriccios­o che butta via il suo giocattolo. Nella storia il protagonis­ta è l’uomo e Dio ama l’uomo. Oggi ce lo sentiamo ribadire da san Paolo le cui parole sono ripetute nella seconda lettura (Ai Romani 8, 28-30). Noi siamo quelli che Dio “da sempre ha cono sci uto ”, che nel linguaggio dell’Apostolo significa di fatto e sempliceme­nte l’amore di Dio per noi. Discernere vuol dire riconoscer­e questo amore. Nella linea del discernime­nto sono da intendere pure alcune delle parabole riproposte nelle ultime tre Domeniche: del seminatore che getta un buon seme; della doppia semina in un campo del buon grano e della zizzania e, og- gi, della “rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”. È l’ultima delle tre parabole oggi contenute nel vangelo domenicale (cf. Matteo 13, 44-52). Si tratta di una rete a strascico dove la pesca è sì abbondante, ma c’è di tutto: pesci buoni e pesci cattivi da mangiare… Questa parabola somiglia per molti versi a quella del buon grano e della zizzania. In entrambi i casi occorre fare discernime­nto a motivo della presenza c on te mp or an ea dei buoni e dei cattivi, nella storia del mondo come in quella della Chiesa. Modello è la scriba, la cui figura appare al termine della lettura evangelica: egli non valuta solo alla luce dell’esperienza e del già detto, ma è pure capace di percepire e riconoscer­e la parola nuova che Dio sta dicendo oggi alla Chiesa. Qualcosa aggiungo riguardo alla prima, brevissima parabola dell’odierna pagina del vangelo, quasi un racconto orientale: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. È strano (ma in ogni parabola c’è della stranezza!): nessuno dei proprietar­i del campo, che magari per anni e anni ci hanno abitato al punto da conoscere quel terreno in ogni angolo; lo hanno dissodato, coltivato… nessuno di loro, di padre in figlio, si è mai reso conto di ciò che vi era nascosto. Se ne rende conto, invece, un bracciante, che lavora a giornata in un campo non suo, e la scoperta lo colma di gioia.

parabola è questa gioia. Trovare Dio, incontrare Dio! La tradizione dei padri latini, a cominciare da Gregorio magno, collega questa ricerca al desiderio di Dio e alla tensione interiore verso di lui. Se nel campo non cerchiamo “tesori”, troveremo la terra di sempre. Se, però, come Salomone cerchiamo perché desideriam­o e sogniamo e siamo ancora capaci di farci sorprender­e da Dio, allora sì che troviamo. È una promessa di Gesù: “Chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Matteo 7, 8).

NELLA REALTÀ Per valutare correttame­nte i termini di una questione in modo da pervenire, in libertà e pace, alla migliore scelta umanamente possibile

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