“Il governo non mi rimborsa le spese per adottare mio figlio”
Viaggi, pratiche e cure: niente più fondi per chi ha chiuso le procedure dopo il 2011
“Adottare nostro figlio è costato circa 25 mila euro. Sapere che al momento non potremo ottenere alcun rimborso delle spese è un duro colpo”. La signora Anna Zarantonello, che ha adottato suo figlio nel 2014, fa parte di quelle famiglie che non potranno recuperare parte delle spese sostenute per l’adozione. I fondi ci sarebbero, ma mancano i decreti per poterli elargire. “Se avessimo quella somma – dice – la useremmo per adottare un altro bambino. Cosa che ora non possiamo permetterci”. La notizia è apparsa qualche giorno fa sul sito della Commissione per le adozioni internazionali (Cai) suscitando l’ind ig naz io ne delle famiglie. Nella nota si legge che “sono in corso i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell’anno 2011 che saranno liquidati entro la fine del 2017”, ma “non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011”.
LE FAMIGLIE adottive italiane che contavano su quel rimborso non ci stanno e protestano. In alcuni casi un’adozione può arrivare a costare anche 40 mila euro e recuperare anche parte della cifra spesa può significare molto. Lo spiega Gianluca Rocchi, padre di un bambino ucraino adottato nel 2013: “Chi adotta sostiene spese elevate tra procedure in Italia e nel paese di origine del bambino, viaggi, interpreti. Poi, una volta a casa, comincia la parte più difficile. Questi bambini hanno bisogno di visite mediche, non sempre gratuite. Per non parlare di chi necessita di psicologi, neuropsichiatri, logopedisti. Stiamo parlando di bambini con storie dolorose alle spalle, traumi, a volte abusi”.
Maria Grazia Frola è una mamma della provincia di Torino in attesa di rimborso: “Abbiamo adottato nostro figlio nel 2011 e stiamo aspettando. Il nostro bambino fortunatamente sta bene e non ha avuto bisogno di cure particolari. Questi soldi, quando arriveranno, li useremo per il suo futuro, perché possa realizzare i suoi sogni”. Forse an- che l’incertezza di poter contare su un aiuto da parte dello Stato ha contributo al calo vertiginoso delle adozioni in Italia. Siamo passati da circa quattromila adozioni internazionali andate a buon fine nel 2010 a duemila e duecento nel 2014.
OLTRE AL RIMBORSO, per chi può chiederlo, le famiglie che adottano un minore straniero possono usufruire della deduzione del 50 % delle spese, anche se la procedura non è andata a buon fine. Secondo Elena Cianflone, presidente dell’Unione famiglie adottive italiane ( Ufai), però, sarebbe utile detrarre integralmente le spese: “Chiediamo la defiscalizzazione totale, anche se spalmata in 10 anni. Sarebbe più semplice e da- rebbe respiro alle famiglie. I bambini adottivi sono più fragili e quando arrivano qui hanno bisogno di molte cure, spesso non erogate dal servizio sanitario”.
Anche la famiglia Faedda non riceverà (per il momento) il rimborso. La loro adozione si è conclusa nel 2013, quindi non rientra tra le aventi diritto. “Ci sarebbe bisogno di quei soldi nei primi anni di arrivo del bambino, i più importanti per la salute e l’inserimento – spiega il signor Faedda –. Noi genitori intanto paghiamo tutto quello che serve, non possiamo di certo aspettare i tempi dello Stato. Ma sarebbe bello che le cose funzionassero meglio”. Sulla vicenda sono intervenuti alcuni deputati, tra cui Emanuele Scagliusi M5s, che ha incontrato Laura
Quanto costa
“Per il mio bimbo ho pagato 25mila euro”, dice una madre
A volte si sale a 40mila
Laera, nuova presidente della Cai. “La presidente Laera mi è sembrata molto disponibile e determinata nel voler dare efficienza alla Commissione – dichiara Scagliusi –. I genitori che decidono di adottare, vanno sostenuti perché rappresentano un grande esempio di civiltà e solidarietà. Mi auguro che il premier Paolo Gentiloni possa dare delle risposte concrete a queste famiglie”.