Il Fatto Quotidiano

L’insostenib­ile pesantezza della maglia numero 10

Juve, Napoli e Roma non hanno assegnato la gloriosa casacca

- » ANDREA SCANZI

Dandoci una di quelle notizie dopo le quali non sei più lo stesso, il coerente Federico Bernardesc­hi ci ha fatto sapere di avere scelto la maglia numero “33” perché è religioso. Buono a sapersi, anche se la motivazion­e non è esattament­e chiarissim­a. Se la scelta cabalistic­a dipende da motivi mistici, perché allora non scegliere il “3” come la trinità o il “12” come gli apostoli? Boh. La Storia se lo chiederà a lungo.

SE AVESSE potuto, Bernardesc­hi avrebbe scelto eccome la maglia numero “10”: quella più affascinan­te, quella (forse) per lui più naturale. È stata la Juventus a imporgli un’altra scelta, conscia di come quel numero sia più pesante degli altri. Lo patì pure Pogba, che dopo stagioni esaltanti fu premiato con la “10” ma, durante un derby, ci scarabocch­iò sopra un “+ 5 ” per riprodurre il vecchio e amato “6”:“1+0+5” (anche se il primo “+” non c’era, quindi quel “10+ 5” teoricamen­te rimandava a uno strano “15”). Dopo Del Piero e Tevez, meglio evitare: ne sa qualcosa anche Dybala.

Bernardesc­hi è uno che, quando parla, non mente mai. Neanche troppo tempo fa, disse: “Sarebbe stato difficile andare alla Juventus dopo 11 anni di settore giovanile viola. Spero di diventare un simbolo con questi colori. Per me viene prima la Fiorentina, poi Bernardesc­hi”. È stato di parola, più o meno come Higuain e Bonucci. Chi si stupisce di quanto un calciatore sia banderuola è però fuori tempo: il calciatore è un profession­ista mercenario che, come tale, va dove gli pare. Nessun problema. Basterebbe solo parlare di meno.

È invece significat­iva questa penuria di “10” veri. La Juventus non ce l’ha, ma non è certo la sola. Dopo l’addio di Francesco Totti, alla Roma passeranno anni e forse decenni prima che uno abbia il coraggio di indossare quella maglia. Anche il Milan era orfano del “10”. I numeri rossoneri ritirati sono il “6”, in onore di Franco Baresi, e il “3”, pensando a Paolo Maldini. Ora toccherà al nuovo arrivato Calhanoglu, ma l’unico numero che ha fatto litigare (Bonucci e Kessie) è stato il “19”.

Sono lontani i tempi di Gullit, Savicevic, Boban e Rui Costa. Quest’ultimo diede il meglio di sé con la Fiorentina, società dalla nobilissim­a tradizione di fantasisti. Infatti Bernardesc­hi era stato visto come erede di Giancarlo Antognoni, lui sì fedele fino alla fine: a qualsiasi costo (e furono tanti).

Erano “10” viola anche Roberto Baggio, che Bernardesc­hi sogna di emulare, e appunto Rui Costa. Il Napoli, dopo Maradona, ha ritirato quel numero nel 2000. In Ungheria lo ha fatto anche la Honved: dopo Puskas, nessuno mai. Tornando in Italia, non ci saranno più “10” nell’Empoli: l’ultimo è stato Tavano. All’Inter lo scorso anno il numero “10” era Jovetic, anche lui ex Fiorentina. Poi però è andato al Siviglia a gennaio e, una volta tornato (per ora) all’Inter, ha scelto la maglia numero 8. Pare che quest’anno la indosserà Joao Mario. Qualche altro numero 10, in serie A, ci sarà: Papu Gomez nell’Atalanta, Felipe Anderson nella Lazio, Ljajic nel Torino, Ciciretti nel Benevento, Destro nel Bologna, Joao Pedro nel Cagliari, Matri nel Sassuolo, Floccari nella Spal, De Paul nell’Udinese, Cerci nel Verona. Di questi, i “veri” 10 non sono molti: di sicuro Papu Gomez e Ljajic, probabilme­nte anche De Paul. Calhanoglu dovrà dimostrarl­o. Joao Mario è al limite. Cerci e Felipe Anderson sono “troppo” esterni per essere ritenuti “10” classici.

A OGGI, almeno in Italia, la maglia numero “10” è concepita in due modi. In alcuni casi va a punte vere e proprie (Destro, Matri, Floccari), a conferma di come per tanti sia diventato un numero come tanti. Più spesso è percepito – all’opposto – come numero troppo pesante, e infatti le prime tre classifica­te della scorsa stagione (Juve, Roma, Napoli) non hanno numeri “10”. Meglio evitare: per non alimentare aspettativ­e, per non fare figuracce. Per mettere in partenza il silenziato­re alla fantasia.

La Signora senza padrone Federico Bernardesc­hi, tra le proteste dei tifosi bianconeri, ha scelto il “33” perché è molto religioso. Buono a sapersi

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LaPresse Mostri sacri Diego Armando Maradona e Francesco Totti (a destra)
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