Gli aiuti di Stato nell’Ue rendono inutile persino Flaubert
Noi siamo sempre stati appassionati seguaci di questo consiglio che Gustave Flaubert affidò al suo Dizionario dei luoghi comuni: “Eccezione: dite che conferma la regola, ma non azzardatevi a spiegare come”. Finora, ci eravamo sempre attenuti a queste sagge parole in qualunque cena in piedi ci vedesse coinvolti. Poi, da qualche anno, siamo incappati sempre più spesso nel tema “aiuti di Stato in Europa” e tutto si è fatto più confuso. Risultato: c’è grande confusione in terrazza. Allora, ricapitolando: sono vie- tati, gli aiuti di Stato, perché violano la concorrenza. A meno che non sia a rischio la stabilità del Paese. Cioè sono vietati anche in quel caso, ma un po’ si possono usare. Forse. Mai per le banche, comunque. Cioè non in Italia se prima non fai piangere un adeguato numero di persone; in Germania sì, anzi lì il pubblico può proprio possedere metà del sistema bancario e la concorrenza sta bene lo stesso. L’intervento dello Stato, poi, è severamente vietato nell’industria, specie all’Ilva. A meno che il ministro pro- ponente non lo chieda su una gamba sola accompagnato da un unicorno mentre le caprette gli fanno ciao. In realtà a Bruxelles gli dicono comunque di no, ma apprezzano la fantasia. In Francia però il divieto di intervento nell’industria decade per via di un’intolleranza accertata al camembert. Poi c’è il pure il caso inverso: in Italia, quando c’è la giusta umidità, certe volte pure i soldi dei privati diventano aiuti di Stato (vedi il caso Tercas). La verità è che ormai solo a Bruxelles si divertono alle cene in piedi.